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“Apartheid” Minozzo

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Nell’anno 1631, quella della peste bubbonica di manzoniana memoria, scriveva lo storico Francesco Milani, nel suo libro Minozzo negli sviluppi storici della Pieve e Podesteria: “Gli abitanti di Minozzo abbandonarono in massa le loro abitazioni ed andarono il 20 maggio ad accamparsi sul Prampa e vi restarono fino al 23 novembre, festa di S. Clemente, quando ormai si sapeva che la peste andava scomparendo”.

Può essere questo un modo anomalo e strano di affrontare una problematica totalmente diversa costituita da alcune considerazioni sull’attività amministrativa del Comune di Villa Minozzo.

In effetti, volendo andare alla ricerca delle motivazioni che hanno indotto ormai da anni ed ancora inducono l’ente pubblico, non solo quello comunale,ad un cronico atteggiamento di inspiegabile “apartheid” amministrativo imposto alla principale frazione del Comune, Minozzo, non si riesce ormai a ricercare giustificazioni plausibili, e non resta che affidarsi con facezia che spero perdonabile ad un riferimento di quanto accaduto ormai quattro secoli orsono.

Stiano pur tranquilli gli amministratori o ex amministratori comunali, stante l’attuale negativa situazione che ha investito con uno “tsunami politico” troppo frettoloso e poco accorto la governabilità del loro territorio, la peste è già terminata da alcuni secoli e non c’è pericolo di contagio alcuno per chiunque amministratore voglia risolvere le tante problematiche insolute di questo popoloso centro, ancora, forse a dispetto di alcuni, in discreta tenuta per quanto riguarda il complesso del suo contesto socio-economico.

E’ inspiegabile che troppe opere pubbliche siano ancora al palo o in una situazione di interminabile compimento: l’area cimiteriale, l’area artigianale, l’area sportiva, con i suoi ormai invecchiati spogliatoi-villetta, le opere indispensabili di depurazione, di arredo urbano, di sostanziali sistemazioni viarie, il compimento delle opere di recupero dell’antica rocca e l’evidenza del parco di Stracorada; e si potrebbe ancora continuare nell’elencazione coinvolgendo altri enti o istituzioni.

Ma tant’è, forse c’è paura ancora di un contagio e tutti i problemi sopracitati non hanno trovato una loro soluzione e, visibilmente in questi ultimi anni, si può senz’altro affermare che il paese non abbia ricevuto alcuna dignitosa attenzione.

Quel che è peggio è che anche i rappresentanti del paese nella pubblica amministrazione, anche con impegno importante nel suo governo, si sono adeguati a questo dispregio di giustizia amministrativa che ha fatto già perdere buone possibilità di sviluppo e menomato la visibilità del loro paese.

Evidentemente molti e per diverso tempo sono stati e sono ancora fermi all’epoca della peste, e forse avrebbero dovuto soffermarsi di più sull’importante contenuto storico del testo di Francesco Milani.

Personalmente penso che ci sia poca speranza per un cambio di rotta di una politica amministrativa che si possa definire democratica e possa rendere a Minozzo ciò che da tempo le compete; c’è ancora troppa paura di contagio, ma quel che è peggio si può sospettare che ci siano in attività anche degli ”untori” di manzoniana memoria, con pericolo di un virtuale contagio di discriminazioni e prevaricazioni degli interventi amministrativi, con conseguente scompiglio delle loro realizzazioni.

Più in generale si può anche aggiungere che ci potrebbe essere una debole speranza di cambiamento se il semestre del commissariamento del Comune di Villa Minozzo, resosi obbligatorio per l’impossibilità per il sindaco Fiocchi e la sua giunta di continuare a svolgere la loro funzione, si traducesse in un periodo di proficua riflessione per molti di quei personaggi che in ambito politico–amministrativo hanno influito, in misura maggiore o minore, diretta o indiretta, all’attuale stato davvero precario di questo vasto comune dell’Appennino reggiano, ridotto al lumicino per le disponibilità finanziarie e sceso al fondo della credibilità in ambito provinciale, davvero allora si potrebbe pensare, soprattutto se le suddette figure decidessero, consapevoli dei guai prodotti, anche irreparabili, di lasciare la professione politica o amministrativa, anche se a loro cara, per il bene, quello “veramente“ comune dei suoi abitanti, sempre più scarsi non solo per motivazioni anagrafiche, che questo prossimo semestre potrebbe rendersi fruttuoso.

Dalle prime avvisaglie di questi ultimi giorni, si può già prendere purtroppo atto che quanto sopra auspicato altro non sia che una pia illusione.

Il protagonismo politico e quel che è peggio l’emergente trasformismo delle figure sopra descritte volto ad ipotizzare “congregazioni” elettorali paradossalmente trasversali non ha avuto nemmeno una doverosa battuta di arresto con un benché breve ripensamento del loro operato.

Ed allora penso proprio che la paura del contagio per qualsiasi intervento pubblico per la frazione di Minozzo avrà purtroppo ancora lunga durata: e che chi avuto molto anche il superfluo continuerà ad avere ancora di più, e chi avuto poco o nulla continuerà a subire mortificazioni amministrative.

(Giuliano Corsi)