Tuttavia la partenza è inficiata dal fatto che, in tal caso, soprattutto in tal caso, è davvero difficile trovare di qual disagio si tratta. Vediamo di cosa tratta. Il Ritalin è un farmaco. Nello specifico si tratta di Metilfedinato. E’ un eccitante del sistema nervoso che ha effetto calmante sulla sfera emotiva e comportamentale. Un farmaco, sappiamo, serve a curare. Curare una malattia, un disagio, un disturbo. Che in questo caso si chiama ADHD, o disturbo da deficit di attenzione con iperattività. Tale classe diagnostica entra nel Dsm solo a partire dagli anni 80, e la sua dicitura esatta (traggo dal DSM stesso.) è questa: (…) ADHD consiste in un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da iperattività, impulsività, incapacità a concentrarsi che si manifesta generalmente prima dei 7 anni d’età. Sintomi e diagnosi Secondo il DSM, l’ADHD può essere quindi definita come “una situazione/stato persistente di disattenzione e/o iperattività e impulsività più frequente e grave di quanto tipicamente si osservi in bambini di pari livello di sviluppo”. I bambini con ADHD: hanno difficoltà a completare qualsiasi attività che richieda concentrazione sembrano non ascoltare nulla di quanto gli viene detto sono eccessivamente vivaci, corrono o si arrampicano, saltano sulle sedie si distraggono moltO facilmente parlano in continuazione, rispondendo in modo irruento prima di ascoltare tutta la domanda non riescono ad aspettare il proprio turno in coda o in un gruppo di lavoro possono manifestare serie difficoltà di apprendimento che rischiano di farli restare indietro rispetto ai compagni di classe, con danni emotivi.
La domanda che sorge ingenua è questa: i bambini sanno di avere questa malattia? Le famiglie sanno che i loro figli possono avere in seno tale patologia?
Freud, ma non solo lui, leggiamo Bruno Bettheihlm, per non dire il Vangelo (sinite pargulos venire ad me), ha insegnato al mondo che il bambino è un coacervo di pulsioni. Un ammasso favoloso e intrecciato , che nel tempo, con l’intersezione del linguaggio, attraversa l’Edipo e si forma nella identità del maschio e della femmina.
Supera l’adolescenza, si bagna nella tempesta ormonale, e diventa un uomo. Vale a dire una pietra viva che reca l’indelebile sedimento di ciò che è in tal periodo è stato.
Scorporare un atteggiamento visibilmente alterato, vivace, da una normale manifestazione di un essere in divenire , quale è il bambino, passa molto vicino ad un'altra azione, un po’ meno meritoria, quale quella di “ sedare”.
E voler sedare implica non tanto l’uso di una categoria diagnostica o terapeutica, quanto un voler contenere, mutilare, controllare, gli agiti nel reale che sono la normale espressione dell’essere bambino. E’ un non volersene occupare, un tacitare, un “ non mi importa di cosa stai gridando al mondo”. E mentre la parola disfa il sintomo e ne spiega l’antefatto, il farmaco tappa la bocca al sintomo stesso.
Tutto ciò dovrebbe avvenire secondo un fine, diciamocelo, non tanto curativo , quanto di controllo sociale, partendo da adulti in nuce quali sono i bambini. Lo si fa, in altre parole, in nome della normalità. Arrogarsi un concetto di normalità (il buon comportamento, la compostezza, la tranquillità) è più dell’ordine etico che del movimento clinico.
Il bullismo esiste, e riguarda quasi sempre una forma di aggregazione multipla, che in diversi casi si incentra su un leader, capace di assommare, riunire e dare sfogo a pulsioni inespresse di coetanei.
L’incapacità di prestare attenzione alle lezioni, nella maggioranza dei casi non è che il punto esterno di verità di ciò che in quel momento, in quella fase di vita, attraversa l’adolescente. Oltre ad un naturale disinteresse per la materia, che non è una malattia più di quanto lo sia la passione per la matematica.
Da ultimo poi, certamente, esiste un problema di instabilità di tipo motorio-sensoriale, unita a turbe dell’umore e agiti più o meno violenti. Ma siamo allora nel campo del disequilibrio, che richiama una struttura. E chi si occupa di psicanalisi sa in che posto si trovi. E nei qual confronto la sedazione non ha nessun senso, se non quello di tacitare ciò che sfugge.
Siamo in presenza di un pericolo strisciante, perché fornirà il destro a tanti genitori nel sentirsi legittimati a delegare all’autorità il “medicare” un figlio ribelle. E i conflitti, le cotte, gli strepitii, il naturale disordine dell’adolescente potranno, a discrezione dell’insegnante (o del consiglio di classe?), finire nel calderone del “disturbo”. E l’idea di tanti bambini quieti, sedati, si insinua e fornisce chi non ha gli strumenti per fronteggiare le altrui pulsioni, la possibilità di placare l’angoscia della propria castrazione E’ l’imprevedibilità dell’altro mette sempre alla prova il nostro saper rispondere.
Sorpresa, angoscia, risposta. Questi sono i movimenti che si attuano quando abbiamo a che fare con un comportamento non previsto. Non controllato. E’ sentendoci improvvisamente qualcuno che si rivolge noi in russo che vediamo alla prova il nostro sapere improvvisare. E si improvvisa frugando o nel bagaglio che ci siamo costruiti nel tempo dell’infanzia. E il sapersi mostrare mancanti, impreparati, in altre parole “bucati”, è il motore intimo di una società sana, che lascia spazio al frattale dell’adolescenza, che per sua natura divelle e supera le mancanze genitoriali..
Mettere un burqa chimico a soggetti in divenire, non far che far calare un manto di tranquillità sulle nostre mancanze.
(Tratto dalla rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org Campagna sociale nazionale contro gli abusi nella prescrizione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti)
Facile sputare sentenze
Caro Dott. Montanari mi spiace dissentire con Lei e le sue fonti per altro di dubbia moralità scientifica (o perlomeno avrebbe dovuto citare a pari dei “Giù le mani dai bambini” l’AIFA onlus, l’associazione italiana delle famiglie ADHD per dare una giusta informazione con punti di vista diversi). A meno che Lei non appartenga alla corrente di pensiero che si rifà a Scientology e alle sue varie diramazioni italiane CCDU, “Perchè non accada” ed altre.
Usare termini come burka chimico è veramente fuori luogo e falso. Si dovrebbe fare un bell’esame di coscienza; è facile sparare sentenze senza avere il problema in casa; è più facile mettere la testa sotto la sabbia, tanto non esiste niente. Io le consiglierei di parlare di terapie multimodali e nei casi gravi, solo i gravi, anche cure farmacologiche, che per altro non sono rappresentate solo dal Ritalin. Comunque la informo che esiste il registro nazionale ADHD che è presso ISS ed e nato per verificare che non ci un abuso di questi farmaci e che vengano solo ed unicamente da neuropischiatri preparati e formati su questi argomenti. Siamo l’unico Paese che si è dato tale strumento di controllo.
Mi scusi lo sfogo di semplice genitore che affronta tutti i giorni il problema e che di certo non prendere scorciatoie come Lei vuole intendere. Come può pensare che un genitore dia un farmaco così, a cuor leggero.
(Mauro Filippi)
Cerchiamo un dialogo?
Credo che l’allarmismo non permetta mai di essere realmente obiettivi e di trovare soluzioni efficaci. Anch’io ritengo che prima di negare un intervento farmacologico (che deve rimanere un diritto!) sarebbe opportuno vivere certe situazioni per tentare quantomeno di capire.
Il registro AIFA citato nel commento precedente ha esattamente il compito di vigilare sul corretto uso dei farmaci utilizzati per l’ADHD, che non vengono prescritti da persone incompetenti, ma da esperti in grado di utilizzarli. La terapia viene seguita inizialmente in day hospital e successivamente con controlli semestrali, per verificarne efficacia e sicurezza. E rimane, comunque, UNA alternativa ad altre modalità di intervento, che non vanno dimenticate.
Se mettiamo in discussione la correttezza prescrittiva degli esperti, allo stesso modo dovremo mettere in discussione l’accanimento sentenzialista di chi vuole “non prescivere a prescindere” e non vede il disturbo. Le evidenze scientifiche che abbiamo a disposizione sono le stesse…
Critichiamo pure i mezzi, a volte carenti o non adeguati; critichiamo pure gli interessi, a volte non primariamente rivolti alla salute dei pazienti; critichiamo pure gli attori/decisori, a volte non sufficientemente attenti o pronti, ma non mettiamo come motore di un dialogo l’allarmismo, che non darà valore aggiunto ne alle conoscenze nel settore ne al modo di affrontare dei problemi che, se per alcuni non esistono, per altri sono reali e importanti.
Per chi volesse saperne di più sulla gestione del registro nazionale per l’ADHD l’Istituto Superiore di Sanità mette a disposizione questo link: @Lhttp://www.iss.it/adhd@=www.iss.it#L; e un telefono verde: 800/571661.
A proposito del riferimento a Scientology, presente nel commento precedente, ho visitato l’estate scorsa una video-mostra contro l’uso degli psicofarmaci e sono rimasta sconcertata dalla modalità completamente sensazionalistica e chiusa, oltre che poco scientifica, con la quale le tematiche sono state affrontate: chi vuole aprire un dialogo dovrebbe forse limitarsi a descrivere i fatti e proporre soluzioni e alternative. Non semplicemente sentenziare su quanto fatto dagli altri per diffondere un senso di sospetto e diffidenza che poco aiuta che sta male. Sconcerto e stupore: mi chiedo se realmente il bene dei pazienti sia l’obiettivo ultimo di queste azioni… Difficile dirlo e, personalmente, difficilissimo crederlo.
Continuo a rimanere convinta che gli psicofarmaci possano essere un importante strumento di cura e di aiuto. Il loro utilizzo e le conoscenze sull’argomento vanno approfondite con un atteggiamento prudente e costruttivo. Chi vuole combattere gli interessi dell’industria farmaceutica dovrebbe forse chiedersi se è corretto farlo cercando di togliere a chi realmente ha un problema il diritto alla cura.
(Chiara Roni)
Curare non è solo sedare
Il Ritalin o altre molecole simili sono coadiuvanti preziosi. Ma come ben sa chi li usa e chi li prescrive, c’è una abituazione del corpo, un’assuefazione alla sostanza. Non può essere per sempre, almeno non solo quello. I farmaci sono indispensabili, per arginare, controllare l’equilibrio dei neurotrasmettitori. Affiancati da altre strategie terapeutiche. Il DSM IV-TR classifica, raggruppa, ma ogni bambino con ADHD non rientra mai pienamente nelle definizioni, come ogni altra patologia psichiatrica. Ogni disturbo e diagnosi va vestito sul paziente. Considerando una multifattorialità che rispetti l’unicità di QUEL paziente. E ogni corrente terapeutica Freudiana, sistemica, cognitiva o comportamentale che sia può dare un contributo. La famiglia di un soggetto con ADHD soffre ed è continuamente sottoposta a stress. Un atteggiamento di condanna e colpevolizzazione non aiuta di certo. Come ogni altra patologia l’ADHD ha i suoi ritmi e il proprio andamento. Conoscerli aiuta ad individuare strategie di fronteggiamento, soprattutto in ambito scolastico, dove il disagio raggiunge picchi estremi. Purtroppo a scuola non siamo ancora adeguatamente preparati ad accogliere queste patologie non sempre chiare, se ne sa troppo poco. Si fa ancora troppo poco.
(Ameya G. Canovi, insegnante di lingue, laureata in psicologia)