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Scuola / La sen. Pignedoli si scaglia contro il ritorno all’insegnante unico

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“Mai visto un ministro con tanto spregio verso la scuola! E’ inaudito”. Questa la reazione della sen. Pignedoli in merito alla proposta del maestro unico alle elementari contenuta nel cosiddetto decreto fiscale proposto dal governo.

Secondo la Pignedoli "questo ministro ha deciso di alzarsi una mattina e di cancellare tutto il lavoro fatto in questi anni, partendo dalla scuola elementare, che della scuola pubblica rappresenta il punto più alto riconosciuto a livello italiano ed internazionale".

L’unico valore che guida le scelte del ministro, secondo la parlamentare del nostro Appennino, sono i conti di bilancio, dimostrando così disprezzo per il lavoro di migliaia di straordinari insegnanti.

"A questo si aggiunga le altre misure previste nel decreto, un’azione di pieno smantellamento di una precisa filosofia di scuola. Ormai sono vent’anni che questa figura è stata superata definitivamente, lasciando spazio alla pluralità docente che ha permesso ai maestri e alle maestre di approfondire la conoscenza disciplinare e ha rafforzato lo spirito di collaborazione e di confronto, rendendo la scuola elementare una comunità di conoscenze".

La Pignedoli sottolinea come ormai si sia giunti ad una "nuova filosofia di scuola, contraria a quel modello di maestro 'che tutto sa', non più al passo con la realtà odierna. I nostri bambini vivono in una società complessa, dove sempre più dovranno convivere con problemi e figure diverse dal passato e con questo provvedimento si vuole privare loro degli strumenti per affrontare le sfide che li aspetteranno".

"Si fa della scuola una sola questione di numeri volendo semplificare ciò che semplice non può essere. Riproporre un modello di 20 anni fa non farà ritornare automaticamente indietro tutto il contesto sociale, ma fermerà quel percorso di crescita e modernizzazione necessario che era stato avviato. Si profila dunque che le classi torneranno ad avere un unico punto di riferimento, senza appello, senza possibilità di confrontarsi a più voci, verranno a mancare quegli stimoli e quelle sollecitazioni che solo un lavoro di squadra è in grado di garantire".

Ed infine: "Tra la scuola precedente (infanzia e nido) e tutte quelle seguenti ci sarà un momento in cui la pluralità docente verrà interrotta senza nessuna motivazione educativa, riproponendo un modello di insegnate tuttologo che nel contesto sociale odierno non trova più ragione d’essere. Questo ben lungi dal voler rifiutare la sfida all'efficienza del sistema e a spazi di miglioramento che siamo sicuri ci sono. Ma qua si va al risparmio con una sicura diminuzione della qualità a fronte di una complessità che cresce, una scelta che francamente nessun paese europeo può permettersi".

15 COMMENTS

  1. Dissento
    Chi ha formato le menti della società complessa in cui viviamo furono appunto i maestri unici. Probabilmente non fu un sistema così sbagliato, anzi…
    Ho avuto la fortuna di studiare 19 anni, ma – personalmente – non ho trovato discriminante la formazione primaria (le elementari) fornita da un maestro unico dove, con l’età, si imparava il rispetto a una persona (diversa dai genitori) e si apprendeva l’educazione.
    Anzi, forse la stessa senatrice – che pure è brava e competente – deve essa stessa parte dei suoi meriti alla formazione nell’infanzia al maestro unico che la formò (ed era un maestro unico). Anzi, purtroppo in montagna c’erano anche le pluriclassi. Eppure ne sono nate fior fior di menti.
    Questo esula dal discorso della professionalità degli insegnanti; anzi, la valorizza, proprio perchè il maestro unico è tenuto a essere pluridisciplinare (come qualsiasi persona che si laurea!).
    Aggiungo, anche, un bentornato al grembiule per uniformare le troppe differenze modaiole che, alle volte, sono in antitesi con una giusta condizione di formazione equitaria.

    (Fulminant La Penna)

  2. Dissento da chi dissente
    Mi permetto di dissentire dal gentile amico Fulminant La Penna: io ho la fortuna di studiare ancora materie in cui si sottolinea l’importanza della pluralità di approcci che il bambino di oggi necessita. La società e il bambino sono cambiati: più insegnanti, oggi, non sono un vezzo ma quanto di meglio si possa offrire ai bambini. La collaborazione e condivisione di più insegnanti su una stessa classe dei problemi, delle difficoltà, dei molteplici bisogni infantili sono segnale di estrema qualità. Si informi sugli stili cognitivi di ciascun bambino, sulla didattica di recupero e di arricchimento, sulle uscite didattiche, sulla suddivisione delle materie disciplinari… Tutte cose FONDAMENTALI che andranno perse. Chiedo scusa per la lunghezza, non mi fermerei più.
    Cordialmente.

    (Francesca Davoli, insegnante precaria e studentessa di scienze della formazione primaria)

  3. Riflessione
    La “scuola dell’insegnante unico” ha prodotto anche “persone” che dal Don, per colpa di una guerra certamente sbagliata e che non era la loro, ha saputo ritornare con le scarpe di cartone, a testa alta, rendendo opinabile ai contadini ucraini la parola “impossibile”. La “cuola del collettivo” sta producendo in gran quantità bulletti di basso profilo, irriguardosi verso gli insegnanti e capaci di usare violenza perfino ai “compagni” di banco, preferibilmente se extracomunitari, neri o portatori di handicap. Siamo al terz’ultimo posto nel mondo come sistema formativo. Devo aggiungere altro? Non credete sia ora di “cambiare registro”? Plauso a chi almeno ci prova!

    (Angelo Penna)

  4. Nosce te ipsum
    Lasciate stare… e qualcuno rifletta sull’opportunità di “cambiare registro” fin che si è in tempo! “Insegnare” (“nosce te ipsum”) è cosa concessa a pochi, “nobile” e “alta”, totalmente “altra”.

    (Ubaldo Montruccoli)

  5. Poveri miei nipoti…
    Carissima Leana, i giochi sono grandi, davvero grandi, e credo che lo stato in cui la scuola verrà a trovarsi, purtroppo, sia soltanto uno degli effetti di quella spinta neoliberista iniziata più o meno nel ’95 e contrastata solo da quelli che vennero chiamati, con dispregio, “anime belle”. Gli altri effetti deleteri, qui in Italia, sono gli stipendi da fame dei nostri figli, la precarietà del loro lavoro e l’assoluta incertezza della loro pensione.
    Diceva Milton Friedman (Nobel per l’economia 1976 – @Lhttp://www.friedmanfoundation.org@=www.friedmanfoundation.org#L): “Le scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti. A questo scopo serve un sistema statale di buoni scuola emessi all’ordine dei genitori di un figlio in età scolare, buoni che potranno essere spesi in una scuola a scelta delle famiglie degli studenti, anche private e/o confessionali” (1955). Ovviamente, l’efficienza di cui parla Friedman, il consigliere economico di Reagan, l’ispiratore della Thatcher, di Pinochet e di Berlusconi, è legata allo sfruttamento della scuola a fini di mercato.
    Oggi la Gelmini esegue degli ordini, fa quello che le viene chiesto; la sua sparata sugli insegnanti del sud pare presa tale e quale da questo documento della Banca d’Italia: basta cliccare sul file qui sotto.
    “I divari territoriali nella preparazione degli studenti italiani, evidenze dalle indagini nazionali ed internazionali” (@Lhttp://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/qef_14_08/QEF_14%20ita.pdf@=www.bancaditalia.it#L).
    Da rileggere, anche, il Piano di Licio Gelli, il Piano di rinascita democratica che fu sequestrato all’aeroporto di Fiumicino nel sottofondo malamente camuffato di una valigia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio, che stava tornando in Italia da Nizza. Il documento è databile attorno al 1976. Dopo averli fatti rinvenire, Gelli ha avuto cura di introdurre nuovi elementi di confusione precisando, nel giugno del 1984, che il Piano di rinascita non è mai esistito. Esso era solo un insieme di appunti che dovevano servire come scaletta per una serie di articoli e relazioni. “Non era altro – dirà lo stesso Gelli – che un’esposizione sullo stato della nazione, lecita per qualsiasi cittadino che voglia esprimere il suo punto vista sull’andamento generale del paese”. Questo c’è scritto sulla scuola: “L’involuzione subita dalla scuola negli ultimi 10 anni quale risultante di una giusta politica di ampliamento dell’area di istruzione pubblica, non accompagnata però dalla predisposizione di corpi docenti adeguati e preparati nonché
    dalla programmazione dei bisogni in tema d’occupazione. Ne è conseguenza una forte e pericolosa disoccupazione intellettuale – con gravi deficienze invece nei settori tecnici – nonché la tendenza ad individuare nel titolo di studio il diritto al posto di lavoro. Discende ancora da tale stato di fatto la spinta all’equalitarismo assoluto (contro la Costituzione che vuole tutelare il diritto allo studio superiore per i più meritevoli) e, con la delusione del non inserimento, il rifugio nella apatia della droga oppure nell’ideologia dell’eversione anche armata. Il rimedio consiste nel chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio–posto di lavoro; nel predisporre strutture docenti valide; nel programmare,insieme al fenomeno economico, anche il relativo fabbisogno umano; ed infine nel restaurare il principio meritocratico imposto dalla Costituzione”. Poi si parla di un provvedimento ventilato nei giorni scorsi: “Abolizione della validità legale dei titoli di studio (per sfollare le università e dare il tempo di elaborare una seria riforma della scuola che attui i precetti della Costituzione).
    Quello dell’insegnante unico sarebbe il male minore (sempre che sia attuabile, con la mole di materie che ci si ritrova: vorrei vedere le maestre di trent’anni fa a dover insegnare dall’inglese, all’informatica, alla musica, all’educazione alimentare, stradale, ecc… ); il problema vero è che si va verso la distruzione della scuola pubblica e alla formazione di fondazioni private, con tutto quel che ne verrà.
    Aiuto, per i miei nipoti, se ne avrò.

    (Normanna Albertini)

  6. Per precisione
    Per precisione la scuola elementare e la scuola dell’infanzia italiane sono ai primi posti per QUALITA’ a livello europeo. Almeno lo erano finora. Siamo agli ultimi posti in tutti gli altri ordini di scuola. Per quanto riguarda il bullismo non è certo colpa di più maestri.

    (Francesca Davoli, come sopra)

  7. In medio stat virtus…
    La prospettiva di un ritorno al passato a mio avviso per certi versi è necessaria. Io ho ricevuto un’educazione scolastica con due maestri, uno per le materie letterarie ed una per quelle scientifiche, ho portato il grembiulino, ho preso le note senza che i miei genitori andassero a protestare dagli insegnanti (anzi, dopo la nota a scuola arrivava il castigo a casa!) e ora a trent’anni, con i miei bambini prossimi all’ingresso nel sistema scolastico, mi auguro che possano ricevere “gli stessi trattamenti”. Concordo con Leana che il maestro unico, vista la società di oggi, sia fuori luogo e credo che le nuove leve del corpo docente (preparate e con voglia di fare) possano dare molto ai nostri bambini, proprio collaborando insieme. Però… ben venga l’educazione civica, ben venga il voto in condotta e ben venga il grembiule… anzi la divisa!! Un’amica insegnante mi dice spesso che (già alle medie!!) conosce tutte le marche delle mutande (sbucanti dai pantaloni) dei suoi alunni… vede piercing all’ombelico anche in gennaio e respira la competizione modaiola del “tu non sei nessuno perchè non hai la tal firma”… Forse il bullismo nasce da qui e non da più maestre su una classe.

    (Giorgia)


  8. Cara Leana, condivido le preoccupazioni per il futuro della scuola perchè penso che corrispondano anche alle preoccupazioni sul futuro del paese. La scuola primaria in Italia è ancora di buon livello e l’inserimento di più insegnanti nella classe è stato un arricchimento. Credo che dobbiamo fare un’opposizione forte, sollecitando il paese addormentato a rivegliarsi, perchè il governo sta facendo scelte (non solo per la scuola) che porteranno gli italiani ad una maggior povertà economica e culturale e a minor solidarietà sociale.
    E’ tanta la mia preoccupazione, auspicherei si facesse un centrosinistra ricco di tutte le anime: socialista, cattolica, ambientalista, unite in un progetto di solidarietà sociale in ogni aspetto della vita del paese; e siccome la coperta è corta gli unici tagli che proporrei sono quelli destinati a missioni di guerra ed agli armamenti. Dobbiamo avere il coraggio di opporci a queste scelte incostituzionali.
    Per rispondere ad un tuo commentatore direi che la scuola anzichè di tagli al personale ha sempre più bisogno di risorse: ha bisogno di piu insegnanti sempre meglio formati per far fronte alla complessità delle classi; di ridurre il numero di alunni per classe per poterli seguire nel loro cammino personale e poter accogliere ed integrare i ragazzi stranieri che continueranno ad arrivare.
    Se vogliamo che la scuola educhi e formi dobbiamo riconoscere l’impegno, anche economicamente, degli insegnanti, e ridare loro autorevolezza.
    La mentalità comune, caro signore, quella per cui vali se hai dei soldi, se hai potere, non viene dalla scuola. Ma dai mass media. Che, sull’onda del mercato,,della competizione, dell’apparenza, hanno cercato di omologare il cittadino e trasformarlo in consumatore. Numerose trasmissioni televisive superficiali, banali e volgari hanno abituato giovani e adulti all’idea che tutto (soldi, potere, sesso e possesso)si possa raggiungere e possedere con facilità e molto superficialmente hanno eliminato la fatica e la soddisfazione nella ricerca del progetto di ognuno nel proprio quotidiano, per cui creano frustrazioni che sfociano in atti di bullismo, violenza, volgarità, maleducazione.
    Ribadisco: non è stata la scuola a trasmettere questi “non valori”, ma purtroppo a volte anche i suoi operatori possono essere stati contagiati dall’individualismo neoliberista.

    (Clara Domenichini)

  9. L’utilità del maestro unico
    La manovra finanziaria prevede il taglio, in quattro anni, di 150mila dipendenti della pubblica istruzione. Tra loro centomila docenti. I risparmi previsti saranno pari ad 8 miliardi di euro. Grazie al gruzzoletto recuperato, il governo potrà aumentare (per un massimo di 2,4 miliardi) gli stipendi dei professori che rimangano al lavoro. Meno docenti, ma meglio pagati.
    Ovviamente i sindacati, che proprio nella pubblica amministrazione hanno il loro residuo bacino di supporter, non ci stanno e parlano di smantellamento della scuola pubblica. Al contrario, la misura voluta dal ministro Renato Brunetta, in continuità con misure simili ma di portata inferiore anticipate dal governo Prodi, ha finalmente un sapore meritocratico. Non si inseguono facili accondiscendenze pop, ma si mettono in piedi le basi per una prima seria riforma del nostro sistema scolastico. Vediamo alcuni aspetti.
    1. Passa il principio di una scuola pensata per gli studenti e non solo per coloro che ci lavorano. Tra le ipotesi anche il ritorno al maestro unico alle elementari. La sciagurata riforma dei tre docenti per i più piccoli, come si è dimostrato, è solo servita ad aumentare i posti in organico. Non certo a migliorare l’educazione elementare.
    2. Si paga di più e si tratta meglio chi lavora per il nostro futuro. Le risorse dello Stato sono limitate. Si può decidere di spalmarle a pezzettini su molti, troppi. Oppure concentrarle su pochi, valorizzandoli. Oggi dal ministero della Pubblica istruzione dipendono circa 1,1 milioni di dipendenti. Un lavoratore pubblico su tre è in Italia dipendente del ministro Gelmini.
    3. Non si capisce per quale motivo (anzi si capisce fin troppo bene dal punto di vista sindacale) in Italia ci sia il rapporto tra alunni e docenti più basso d’Europa. In sostanza le classi sono fatte da pochi studenti rispetto ai professori impegnati. La popolazione scolastica è infatti nel tempo andata diminuendo, al contrario delle assunzioni al ministero. La manovra si impegna a far salire questo rapporto di un punto percentuale, attraverso la riduzione delle cattedre, un accorpamento delle classi ed una riorganizzazione complessiva del comparto.
    A settembre dell’anno scorso il governo Prodi pubblicò un’interessante ricerca sul mondo della scuola italiana (@Lhttp://www.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/quaderno_bianco.pdf@=www.pubblica.istruzione.it#L, per chi volesse compulsare le trecento pagine). Tra le tante cifre, due sono elementari, nella loro spudoratezza. In Italia ci sono 11,5 insegnanti ogni cento studenti contro una media internazionale di 9,2. A casa nostra si spendono 5100 euro per ogni ora di insegnamento per uno studente tipo, contro una media dei paesi Ocse ferma a 4600. Abbiamo la scuola migliore del mondo? Non proprio, secondo il quaderno bianco di Prodi.

    (Damiano Ferretti)

  10. La scuola non è una macchina…
    Accetterei di buon grado un dibattito approfondito sull’efficacia del ritorno al maestro unico, se questo tenesse conto che la società, la scuola, le famiglie e i bambini non sono certo quelle di venti anni fa. Come si può immaginare un maestro/a che oltre ad insegnare a “leggere, scrivere e far di conto” debba anche preparare i bambini su una serie di argomenti che di anno in anno aumentano a dismisura e prevedono preparazioni molto specifiche (inglese, internet, educazioni varie) riducendo il tempo scuola. Per gli alunni poi si tratterebbe di passare dalla scuola primaria (elementari) con un solo docente alla secondaria di primo grado (medie) con nove docenti diversi!
    Non posso che essere assolutamente d’accordo con la sen. Leana Pignedoli; l’operazione è puramente e smaccatamente economica: si vogliono tagliare 100.000 docenti. Punto. Se a tutto questo si aggiunge la volontà di accorpare le scuole con meno di 600 alunni (in montagna tutte tranne Castelnovo) si ha il quadro di quello che vedremo il prossimo anno scolastico.
    Il precedente ministro aveva saggiamente dichiarato di voler utilizzare il cacciavite per mettere a punto le precedenti riforme, mi pare che l’attuale stia usando la clava!
    Spero che chi ci governa si renda presto conto che la scuola non è una macchina su cui sperimentare senza problemi perché tanto si può sempre tornare indietro; in questo campo gli errori si pagano molto cari e ipotecano il futuro di un intero paese.

    (Giuliano Maioli)

  11. Insegnante unico o più insegnanti
    Credo che la questione degli insegnanti unici (come ho avuto io) avesse i propri lati positivi così come quelli negativi. Sicuramente la possibilità di apprendere da più insegnanti meglio preparati nelle loro materie può dare migliori risultati per i ragazzi ma allo stesso tempo può penalizzare il rapporto tra studenti e insegnanti/e. Per il bullismo e l’educazione dei ragazzi io assolvo totalmente gli insegnanti perchè hanno le mani legate e giustamente non vogliono richiare nessun tipo di denuncia o scontro con genitori che VIZIANO e GIUSTIFICANO sempre i propri figli! Se un professore mi tirava le orecchie mi guardavo bene dal lamentarmi o dal dirlo a papà e mamma perchè le avrei prese pure da loro e anzi avrebbero detto al professore di farlo ogni volta che fosse stato necessario… Ora i professori hanno le mani legate e non solo quelle… Purtroppo è brutto dirlo ma un ceffone al momento giusto ci sta eccome!!! Ma chi ne ha più il coraggio? Genitori, aprite gli occhi perchè quello che i vostri figli fanno in classe probabilmente un giorno lo faranno pure a voi, cioè: NON AVRANNO IL BENCHE’ MINIMO RISPETTO! Non farei il professore nemmeno per 3000 euro al mese…

    (Gianluca Bini)

  12. Meglio più di uno
    Trovo interessanti tutti i commenti letti. Emerge una linea generale con i vari problemi della scuola. Si deve perciò porre attenzione a tutto. Ma il tema in discussione è uno: “il maestro unico”.
    Ricordo come se fosse ieri i tempi in cui andavo a scuola io. Nei primi anni ebbi 2 insegnanti, e in via sperimentale; l’ultimo anno, 4.
    Credo che avere più insegnati giovi sia all’alunno che al maestro. Da una parte l’alunno ha una pluralità di confronto e gli viene garantita un’imparzialità che con un insegnante unico sarebbe compromessa. Dall’altra l’insegnante, che non deve gestire tutte le materie di studio, ha la possibilità di approfondire con maggiore dettaglio la materia di studio.
    Sembrano banalità ma non le sono. I bambini non scherzano quando dicono “l’insegnante ce l’ha con me”. In via generale (chiedo scusa fin da ora in chi non si ritrova in quel che sto dicendo), una volta che un maestro si è fatto un’impressione sullo studente non cambierà mai l’idea fatta. Con un’aggravante, il maestro terrà (forse ora non è più così) colloqui con quelli che saranno gli insegnanti futuri dell’alunno dandogli le impressioni avute. E’ chiaro che con un solo pensiero di un insegnante l’alunno avrà la vita scolastica “segnata” per sempre in positivo o negativo.
    Da considerare inoltre che se sarà fortunato avrà un insegnante unico molto bravo e preparato in tutte le materie, ma se sfortunato gli potrebbe capitare un insegnante bravo in matematica ma che magari non conosce la grammatica italiana.
    Dal punto di vista dell’insegnante è sicuramente meglio avere dei colleghi sulla stessa classe, per poter scambiare metodologie atte a fare imparare quegli alunni che magari in quella materia non vanno molto bene. Gli insegnanti hanno sicuramente maggiore possibilità di preparare meglio un programma di studio.
    La manovra attuata dalla Gelmini è l’ennesima pedata data alla scuola pubblica, l’ennesima pedata data alla collettività da questo governo.
    Cordialmente.

    (Alessandro Torri Giorgi)

  13. Ma pensa te…
    Incredibile… Il ministro crudelia Gelmini prima bacchetta gli insegnanti del sud perché a suo dire troppo permissivi e di manica larga nel giudicare durante gli esami, poi si viene a sapere che però i suoi esami di giurisprudenza li ha dati non a Brescia dove abitava ma a Reggio Calabria… Perché ovviamente più facili. Chiede scusa per l’errore di gioventù? Certo che no! Dice: dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l’esame, ma a Brescia solo il 30% dei candidati passava… Gelmini, vergognati!!

    (Mattia Rontevroli)