Home Cronaca Il lupo di Baiso vagava in cerca di fortuna

Il lupo di Baiso vagava in cerca di fortuna

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BAISO (7 agosto 2008) Il lupo? C’è anche nel medio Appennino. L’esemplare ucciso lo scorso week-end, da un’auto a Baiso, unitamente alle parole di Willy Reggioni, esperto del Paco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano in fatto di conservazione della natura e biodiversità, non lasciano spazio a dubbi.

Reggioni, dove è possibile trovare questa specie oggi?
“Localmente il lupo occupa ormai con stabilità un'ampia porzione del territorio provinciale. Si tratta della porzione più meridionale ovvero quella compresa tra i comuni di Vetto d'Enza, Castelnovo ne' Monti, Carpineti e il crinale appenninico”.

Si segnalano anche avvistamenti più a nord, verso la collina più bassa. Sono fondati?
“Occasionalmente sì. La specie è presente anche più a valle nonostante le caratteristiche di copertura dei suoli non siano particolarmente adatte alle sue necessità. Si tratta tuttavia di un animale estremamente opportunista e per questo in grado di utilizzare abilmente e sapientemente anche aree collinari”.

Ma perché il lupo decide di scendere così a basso?
“Dobbiamo ricordare – spiega l’esperto a Redacon – che tutto il territorio montano è da ormai diversi anni stabilmente occupato da nuclei familiari di lupo che utilizzano i propri territori stabilmente ed in forma esclusiva, allontanando eventuali animali appartenenti a nuclei familiari limitrofi e quelli ‘transienti’ cioè quelli non associati ai branchi”.

E quindi?
“Questi animali, in particolare, sono animali che hanno abbandonato il nucleo familiare in cui sono nati, per ‘cercar fortuna’ altrove. Si tratta cioè di animali che non potendo rimanere all'interno del proprio branco (la vita di branco è decisamente più comoda ma non c'è posto per tutti), abbandonano il proprio territorio per esplorare le aree adiacenti nella speranza di trovare territori non già stabilmente occupati da altri branchi e conseguentemente di dare origine ad una nuova unità familiare”.

Una battaglia tra lupi? Come funziona?
“Quando questi animali, in genere giovani, attraversano il territorio di un branco normalmente vengono allontanati, neppure con troppe buone maniere, dai componenti il gruppo familiare proprietario di quel territorio verso l'esterno e quindi verso il margine dell'area stabilmente occupata. Se questa immaginaria (per noi ma non certo per loro) linea di confine coincide con il margine territoriale di un altro branco è evidente che questi poveri animali verranno ancora una volta espulsi ed ulteriormente allontanati”.

Il risultato?
“Che il ‘gioco’ continua via via fino a quando o incontrano la morte per cause diverse (ad es. investimenti stradali, fame, fucile, lacci, bocconi avvelenati, ecc.) oppure trovano il compagno o la compagna, un'area libera e tentano l'impresa di dare vita ad una nuova famiglia”.

Quali i risvolti positivi di questo fenomeno?
“Che questo è il meccanismo che ha permesso al lupo di ricolonizzare nel corso degli ultimi trent'anni tutto l'Appennino, con continuità d'areale dall'Aspromonte sino alle Alpi liguri e da qui fino alle Alpi lombarde e svizzere. Si è trattato ovviamente di una ricolonizzazione spontanea, senza alcun contributo attivo da parte dell'uomo”.

Con quali risvolti negativi per il lupo?
“Beh, nel loro peregrinare alla ricerca di spazi liberi questi lupi, trovando tutta la porzione montana occupata da branchi, possono ovviamente scendere anche molto verso valle. E' proprio in questi territori marginali (dal punto di vista delle esigenze ecologiche del lupo) che molti di loro trovano la morte”.

Ma ci sono più lupi pertanto?
“Il fenomeno della ricolonizzazione è del tutto naturale, abbiamo visto, e non deve essere in nessun modo interpretato come una chiara evidenza dell'aumento del numero di lupi nel territorio provinciale. Da oltre 10 anni abbiamo raggiunto il numero massimo di animali compatibile con le carattersitiche e la dimensione del nostro territorio”.

Quanti se ne contano, insomma, in Appennino?
“Una stima del numero di lupi presenti in Provincia non è attualmente possibile. Si tratta di una specie elusiva che vive a bassissime densità e che occupa territori enormi (il territorio di un branco può interessare anche 200 chilometri quadrati), e questo rende estremamente difficile produrre dati affidabili. Nel periodo compreso tra l'anno 2000 e l'anno 2004, nell'ambito di un progetto Life Natura finanziato dall'unione europea, è stata realizzata un'intensa attività di monitoraggio in collaborazione con l'Università di Roma La Sapienza che ha coinvolto anche parte del territorio delle limitrofe Provincie di Modena e di Parma e che aveva permesso la stima di 7 (sette) nuclei familiari, di 2-4 animali ciascuno, distribuiti dal Passo della Cisa al Corno alle Scale in provincia di Bologna. I territori dei questi gruppi familiari risultavano estesi anche alle provincie di La Spezia, Massa Carrara, Lucca e Pistoia. Quattro di questi sette gruppi familiari avevano parte del proprio territorio in provincia di Reggio Emilia. Più a valle è certa la presenza della specie ma non si conosce quasi nulla circa gli arrangiamenti territoriali dei possibili nuclei familiare. Il risultato delle analisi genetiche condotte su campioni fecali effettuati in anni più recenti non permette infatti nessuna interpretazione affidabile in termini di numero di animali e di possibili branchi”.

Ok. Non sappiamo con certezza quanti sono, ma se incontriamo un lupo a spasso per boschi, c’è da temere?
“Dall'improbabile incontro con un lupo non c'é nulla di reale da temere. Il tutto si risolve con un intenso e rapido sguardo e un successivo allontanamento da parte dell'animale. Temono l'uomo e per questo lo evitano in tutti i modi. Eventuali incontri sono del tutto casuali (…un loro errore, insomma)”.

E se si incontra un animale ferito, che potrebbe essere un lupo, cosa fare?
“Si deve avvertire l'autorità competente: Corpo Forestale dello Stato, Polizia Provinciale, Parco nazionale o l’Ausl”.

Quale è la destinazione più opportuna per questi animali se rinvenuti morti?
“E' importante che la carcassa di un animale rinvenuto morto sia sottoposta ad una attenta indagine necroscopica realizzata da personale altamente specializzato. Spesso queste indagini svelano aspetti altrimenti difficilmente osservabili”.

Ricordiamo quali sono i rischi maggiori oggi per i lupi in montagna?
“Il bracconaggio e l'indifferenza da parte delle amministrazioni competenti sono attualmente le principali minacce per la specie in Appennino. Fortunatamente in provincia di Reggio Emilia le amministrazioni competenti (Provincia e Parco regionale prima e Parco nazionale adesso) si sono impegnate molto sia rispetto alla necessità di intervenire per mitigare il conflitto lupo-zootecnia (prevenzione e risarcimento dei danni) sia nel realizzare importanti programmi di monitoraggio ed antibracconaggio”.

(Gabriele Arlotti)