Home Cronaca Nonostante le parole del capo dei comunisti, nel 2008 ci sarà un...

Nonostante le parole del capo dei comunisti, nel 2008 ci sarà un buon rosso

3
0

Una notizia che interessa i viticoltori della parte bassa del nostro Appennino, alcuni dei quali avevano storto il nato dopo l'ultima uscita sul Lambrusco di Diliberto. E la questione del rosso italiano, dalle bollicine, disprezzato dal capo dei rossi, intesi comunisti, pare destinata a non finire a tarallucci e vino.
“Il Lambrusco è un prodotto di qualità è il vino italiano più esportato al mondo. Quella frase, pronunciata di fronte alla stampa, ha avuto una eco superiore al suo valore e ingenerosa per il nostro prodotto. E la successiva rettifica di Diliberto è stata peggiore della affermazione precedente”. Giorgio Gianotti, presidente dei due “Consorzi per la tutela e la promozione dei Vini Reggiani” non usa mezzi termini per esprimere la sua verbale condanna alle parole di Diliberto.
Una replica che giunge, per di più, dal collegio dove venne eletto nei passati trascorsi il confermato segretario dei Comunisti italiani, prima della recente fuoriuscita parlamentare.
Oliviero Diliberto nei giorni scorsi al palazzo dei congressi di Salsomaggiore Terme, dove era in corso il quinto congresso del partito, ai giornalisti che gli chiedevano cosa fosse accaduto al pranzo congressuale, dove era stato tolto il Lambrusco, aveva detto: “Hanno fatto bene. Il Lambrusco fa schifo”.
“E dire che a lungo si è mitizzato del lambrusco come prodotto operaio, vuoi per la sua nascita in Emilia, vuoi per la sua popolare diffusione, agli albori, nei ceti più poveri. Il nostro collegio andava bene per prenderne i voti per andare in Parlamento, ma non per apprezzarne i prodotti? – si chiede Gianotti - Guardando a quella frase viene da pensare che siano cambiati anche i tempi per il comunismo. Lasciata la base, ora si mira a nuovi status symbol, che di vero e genuino hanno ben poco”.
“Le proprietà del lambrusco e la sua diffusione nelle feste di partito – gli fa eco Gianmatteo Pesenti, direttore dei due Consorzi che, a Reggio Emilia, associano tutte le cantine sociali, gli imbottigliatori e le aziende agricole maggiori, per un volume di affari di 300 milioni di euro l’anno – sono storicamente decantanti dalla sinistra italiana. Ricordiamo che a Reggio Emilia producono uva i 3.695 soci conferenti ai nostri associati. Il nostro Consorzio, che esprime il 96% della produzione reggiana, ha una delle rappresentatività più alte in Italia. Forti di questi numeri e di un lavoro pluriennale possiamo garantire sulla qualità dei nostri vini”.
Che per il 2008 come si prospetta?
“Nel 2007 a Reggio Emilia sono stati prodotti 1.450.000 quintali d’uva: 320.000 q da vitigni per il doc, 819.000 q igt Emilia e 300.000 q di uva da tavola comune. Anche la produzione del 2008 si preannuncia buona, con un calo, però, della quantità vendemmiata che stimiamo del 15%”.
Quali le cause?
“L’evoluzione climatica in primis naturalmente. Anche se è un settore in crisi non solo per cause interne, ma anche per l’andamento dell’economia”.
I produttori cosa lamentano?
“Il prezzo non remunerativo dei costi di produzione – risponde il presidente Gianotti - . Ci mancava anche la propaganda negativa della politica contro il vino più esportato al mondo e più copiato. La sa una cosa?”.
Dica.
“Mediamente ogni 15-20 giorni il nostro studio legale interviene per stoppare frodi in Argentina, Brasile, Spagna… Ci copiano in maniera disdicevole, tant’è che assieme al Consorzio marchio storico del Lambrusco di Modena, abbiamo depositato nei dodici paesi più importanti nel mondo il marchio ‘Lambrusco’ per difenderci dalle copiature. Sarà anche indice di qualche gradimento al mondo?”
Che è globale…
“Sì. E per non finirne ‘inglobati’, stiamo molto attenti a rimarcare la nostra orgogliosa identità e qualità. Per questo come Consorzio stiamo riscoprendo i vitigni autoctoni. Sono stati riconosciuti dal Ministero per le politiche agricole e dalla Regione e li inseriremo ora nei nostri disciplinari di produzione. Sono nomi vivi nella nostra memoria e che hanno visto nascere e crescere i nostri vini, come i vitigni Perla dei vivi, Termarina, Lambrusco Peduncolo Rosso, Lambrusco Fogarina, Barghi…”.

(Gabriele Arlotti)