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Non c’è educazione all’amore senza educazione alla responsabilità

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Non solo educazione sessuale o all’affettività o all’amore, ma educazione alla responsabilità. Impressionante quanto dichiarava uno dei ragazzi di Niscemi. Dopo un delitto da film dell’horror chiede di tornare dalla mamma, perché lui ha confessato, ha detto tutto alla Polizia. Mi ricorda un altro giovane adulto, che ho conosciuto: “E’ vero, ho ucciso, ma mi sono pentito, ho una ragazza che mi vuole bene, perché debbono condannarmi a vent’anni di carcere?”.

Casi gravi di irresponsabilità ma esistono tanti altri casi minori, del quotidiano, dove il ragazzo, la ragazza, giovane o preadolescente, rifiutano di “pagare” il prezzo delle loro mancanze, perché le hanno confessate. Il termine responsabilità deriva da “rispondere” ma non solo quando si è combinato qualcosa di sbagliato, si è mancato alla legge. Questo è fin troppo chiaro ma esiste un’altra responsabilità: nei confronti di se stessi, di altre persone concrete in famiglia, nella scuola, dove certe decisioni influenzano più o meno pesantemente o felicemente il vissuto della gente.

Certe libertà che si prendono hanno conseguenze per il futuro: vedi l’uso di sostanze e di alcolici, il fumo, il poco rispetto del proprio corpo. Alcune scelte sono irreversibili: “Se ci avessi pensato prima”, dicono spesso coloro che finiscono in carcere, ma anche giovani che non sono più padroni della propria libertà, in ospedale o in comunità terapeutiche in uno dei tentativi di liberarsi dalle dipendenze.

La società, micro o macro, piccola o grande, si regge sul senso di responsabilità delle persone: nella misura in cui viene a mancare abbiamo la “giungla” nella città.

Un ragazzo o una ragazza maturano quando affrontano con serietà e impegno, ma anche con gioia, il cammino della responsabilità. Già da piccoli ai ragazzi bisogna chiedere responsabilità, esercitarli con interventi ragionevoli alle piccole responsabilità che vanno dai servizi a tavola all’ordine nelle proprie cose alla pulizia personale all’uso del proprio tempo e, man mano che crescono, ai gesti di gratuità nel volontariato. La qualità della vita dipende dal come siamo responsabili verso chi non può ricambiare perché bimbo, perché debole, perché povero, perché solo, perché straniero.

Nella continuità con il discorso sull’educazione all’amore, è molto importante sentirsi responsabili del cammino da affrontare per raggiungere la maturità dell’amore, curando il proprio corpo, avendo per esso quel rispetto che si deve perché è il biglietto da visita, che noi presentiamo agli altri, è il dono che porta impresso “il marchio di fabbrica” della nostra famiglia. Attraverso il corpo noi comunichiamo amore, possiamo generare una vita come attraverso il corpo possiamo comunicare odio, violenza, morte.

Si parla molto di linguaggio del corpo: nascono palestre per renderlo forte, robusto, immagine che attrae. La moda, il piercing e il tattoo sono parte di questo mercato del corpo, ma il vero problema è di dargli un’anima per renderlo bello dentro. E’ un compito di responsabilità che coinvolge la famiglia, gli educatori, i giovani stessi, che devono scegliere in un mondo che parla di libertà, ma impone stili di vita, che non aiutano ad essere liberi per amare né il corpo né le persone.