Home Cronaca “Piacere intellettuale e commozione”

“Piacere intellettuale e commozione”

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Sono accorsi in 300 venerdì sera, a Cortogno di Casina, per ricordare Medardo Domenichini, maestro di vita e di scuola, come titolava il convegno promosso dall’Amministrazione comunale di Casina e dalla pro Cortogno. Erano ex allievi, colleghi, amici, compaesani che avevano condiviso esperienze politiche o di teatro o di animazione sociale in genere, compagni di scuola e di giochi dei figli per i quali la casa del Casigno prima e di Branciglia poi era sempre aperta.

Piacere intellettuale e commozione hanno accompagnato l’ascolto attento di tre ore di relazioni, testimonianze e letture che hanno fatto emergere la grande statura umana, professionale, politica e morale del M° Domenichini, sollecitando contemporaneamente molte riflessioni sull’oggi, sui giovani, l’educazione, l’impegno sociale e politico.

Dopo i saluti del sindaco di Casina, Carlo Fornili, che ha sottolineato l’importanza dell’esempio e della testimonianza nella formazione dei giovani, il vicesindaco di Carpineti Stefano Baldelli ha collocato la figura del M° Domenichini nel contesto sociale della Pantano del dopoguerra e della rinascita, mentre Piero Torricelli, curatore del convegno insieme a Davide Costoli, ha motivato l’attività di valorizzazione della memoria che la pro Cortogno ha intensificato negli ultimi anni “nel far conoscere e ricordare le nostre genti, in particolare persone semplici, nate a Cortogno, che nel corso della loro vita hanno lasciato un segno culturalmente importante.

Questo anno dedichiamo il convegno a Medardo Domenichini, nato qui, alla Fontana di Cortogno, che gli anziani ed i suoi allievi ricordano presente nella vita di tutti i giorni del nostro paese, in un periodo anche difficile, quando la guerra e la povertà è stata vissuta per molti anni nei quali prevaleva il battersi per il sopravvivere.

Il prof. Giuseppe Giovanelli, dopo aver ricordato che “il maestro Domenichini era circondato da una fama reverenziale"; guardato come un modello non tanto per la sua didattica spicciola, ma per lo “spirito” con cui insegnava e con cui viveva la scuola, ha ricostruito gli anni della formazione nel seminario di Marola e come, diversamente dall’istituto magistrale di Reggio, all’epoca denominato Principessa di Napoli e funzionale al regime fascista, il seminario fosse un luogo di “scuola a tempo limitato e di formazione umana, umanitaria, culturale a tempo pieno” dove “gli educatori insistono non sull’imposizione della regola, ma sulle ragioni della sua accettazione libera e volontaria”.

Alla fine del percorso il Maestro Domenichini maturerà una “professionalità assunta come esperienza di vita, non sul semplice elemento nozionistico, con al centro il primato della persona, dell’alunno e dell’educazione, la serenità della scuola e una didattica dei processi e non delle nozioni”.

L’ispettore scolastico Luciano Rondanini, già direttore didattico a Carpineti, ha così sintetizzato la figura del maestro Domenichini: “Medardo Domenichini, maestro di vita e di scuola, ha interpretato con coerenza e fermezza i valori della tradizione umanistica e cristiana, sorretto dall’entusiasmo di testimoni di vita veri a lui vicini, senza mai perdere di vista il valore più prezioso che ogni buon cittadino è chiamato a coltivare: il bene comune del nostro paese e dell’intera umanità”.

Nella sua relazione, l’ispettore scolastico Rondanini ha fissato i capisaldi dell’azione magistrale di Medardo Domenichini identificando in particolare due filoni: ”l’attaccamento al “mestiere” di maestro e, più in generale, ai problemi dei giovani e del loro futuro; e il totale senso di appartenenza ai luoghi della sua esistenza, che si esprimeva non in chiuso localismo, ma che assumeva sempre i contorni della tensione verso la grande comunità umana… luoghi, così come ama definirli un antropologo francese, Marc Augé. I luoghi, secondo questo autore (contrapposti ai nonluoghi), sono veramente tali se esprimono questa triplice dimensione: l’identità, la relazione e la storia.

Tutti gli scritti di Medardo Domenichini rispecchiano queste tre connotazioni: l’identità, ciò che si è; la relazionalità, ciò che si è in rapporto agli altri; la storicità, ciò che si è in relazione alle due grandi categorie esistenziali: il tempo e lo spazio.

Le memorie che egli dedica alla scuola, alle persone, ai frammenti della vita quotidiana, alle vicende storiche, politiche e religiose esprimono la sua completa appartenenza alle terre che l’avevano visto crescere: bambino, adolescente, adulto. Molto apprezzato dal pubblico il riconoscimento dato alla generazione dei padri, come quella del maestro Domenichini, in particolare ai contadini della montagna che davvero hanno ricostruito l’Italia del dopoguerra. E la partecipazione del maestro Domenichini alla vita politica e alla nascita del centrosinistra è stata tratteggiata dall’on. Danilo Morini, sviluppando in particolare la figura di Aldo Moro.

Sentite e toccanti poi le testimonianze di ex allievi oggi insegnanti come Silvana Incerti, o affermati cittadini come Primo Rinaldi e Albino Ganapini. L’on. Pierluigi Castagnetti, impossibilitato a partecipare, ha inviato un ricordo dei suoi incontri nella casa di Branciglia: “Di Medardo Domenichini e della sua carissima signora ho un ricordo vivo e bellissimo. Sempre presenti insieme alle riunioni della Dc in montagna e a Reggio (la signora ha continuato a lungo anche dopo la scomparsa di Medardo).

Una presenza 'matrimoniale' alla politica, come se la volessero vivere quale esperienza complementare e integrata alla loro vita di genitori e insegnanti. Interessarsi agli altri e degli altri non era meno importante che interessarsi di se stessi e dei propri figli.

Anzi, ebbi sempre l’impressione che l’attenzione al mondo, alla società, ai più emarginati e bisognosi fosse per loro 'anche' un vero e proprio magistero familiare rivolto ai figli, tutti carissimi amici. Ma ricordo con molta nitidezza gli interventi politici di Medardo, erano dei veri distillati di sapienza umana e cristiana e, se consentite, montanara. Perché c’era – allora forse più ancora di oggi, ma c’è anche oggi – nella gente di montagna un sapere che assomigliava al sapore della vita, in genere più tribolata e insieme più serena e felice di quella degli abitanti di città".

Nelle sue conclusioni, la sen. Albertina Soliani ha sottolineato il valore anche educativo della serata, vera e propria “narrazione civile”. Ha chiuso i lavori la lettura della commemorazione dell’incendio di Cortogno del 4 luglio tenuta dal maestro Domenichini in occasione del primo anniversario del dopoguerra.