Riceviamo e pubblichiamo.
-----
Ieri il TAR del Veneto ha sentenziato che la procedura per dare avvio ai i lavori di ampliamento dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza, dove dovrebbe essere insediata una delle più grandi basi americane d’Europa, non è legale e di fatto ne ha bloccati i lavori.
Una bella notizia per tutti coloro che hanno a cuore il tema della pace, il rifiuto della guerra, che inorridiscono per l’ammontare stratosferico delle spese militari in un mondo in cui può ancora bastare una banale gastroenterite per passare a ”miglior vita”.
Una vittoria dei comitati di cittadini che da subito avevano messo in campo grandi mobilitazioni per opporsi ad una decisione grave ed insensata.
Una notizia che consente un sussulto di dignità nazionale dopo che il giorno precedente la Cassazione aveva impedito con sentenza definitiva la celebrazione in Italia del processo contro il militare americano Mario Lozano accusato di avere ucciso Nicola Calidari, dirigente del SISMI, caduto eroicamente in Iraq durante le fasi della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, lì rapita un mese prima.
Grandi feste a Vicenza dove la nuova Amministrazione comunale, eletta sull’onda delle mobilitazioni popolari contro la nuova base, sostituisce la precedente di centrodestra supinamente adagiata agli interessi americani.
Un unico rammarico. Anche noi potevamo essere parte di quel movimento. Ma la nostra richiesta di partecipare alla grande manifestazione di un anno e mezzo fa con il gonfalone del Comune, insieme al popolo della pace, composto da decine di migliaia di persone e centinaia di associazioni, fu respinta dalla nostra Amministrazione con le stesse pilatesche motivazioni pedissequamente copiate dalla posizione del Governo Prodi (una delle tante perle che hanno caratterizzato quello sconsiderato scialacquio di fiducia che ha successivamente spalancato le porte al ritorno di Berlusconi).
Ci si spiegasse perché è necessario (e giusto) mobilitarsi per il Tibet, mentre occorre tacere su Vicenza dove si può impunemente bruciare milioni di euro per realizzare strutture di supporto alla guerra prossima ventura, ed avere la sfrontatezza e la miseria di parlare di mero problema urbanistico.
La contrarietà alle guerre ed alle folli spese per il riarmo non possono essere legate al colore del governo in carica, immiserendo il tutto nella stretta contingenza politica.
(Luigi Bizzarri e Lorena Campi, gruppo consiliare “Rifondazione Comunista-Castelnovo trasparente”, Castelnovo ne' Monti)
Legge della giungla?
Carissimo Luigi, sulla questione della base Dal Molin mi pare di averti già espresso il mio sospetto che il blocco dei lavori fosse tra le cause della caduta del governo Prodi (facendo un parallelo con quel che successe a Craxi quando disse no agli americani per Sigonella, ma è solo un sospetto di una persona comune, non di un’analista politica). Oggi, visto come si stanno mettendo le cose dopo la scelta (tragica?) di fondare dall’alto un partito come il PD (i partiti devono, secondo me, nascere dal basso, dal bisogno della gente, non dal bisogno dei politici), credo che il momento storico sia molto pericoloso. Ho appena letto un’intervista a Parisi, che in parte condivido e che si collega con gli stralci dell’editoriale del direttore di @Lhttp://www.ildialogo.org@=www.ildialogo.org#L riportati di seguito. Davvero anch’io credo che quando trionfa la legge della giungla sia poi l’ingordigia a trionfare, senza guardare in faccia a nessuno e senza rispetto di nessuna legge o Costituzione di uno Stato sovrano. Parisi: “Mi sembrava di essere nella gag di Totò”. “Sì, quella in cui un signore schiaffeggia Totò chiamandolo Pasquale, e più lo schiaffeggia e più Totò ride”. Tanto che quello gli chiede: “Ma come, più io ti meno più tu ridi?”. E Totò gli risponde: “E che sò Pasquale io? Volevo vedere dove andavi a finire”. “Veltroni è così: pensa che gli schiaffi che gli han dato gli elettori siano sempre diretti al governo Prodi. E in questo modo siamo arrivati al ridicolo di un Pd che continua a presentarsi come partito a vocazione maggioritaria, mentre in Sicilia prende il 12,5 per cento”.
“Ho difficoltà a riconoscermi nel clima zuccheroso, buonista e sorridente che ha da sempre caratterizzato la leadership veltroniana. Non avevamo bisogno di Tremonti per riconoscere che il tempo presente è dominato dalla paura. Questo Veltroni ieri lo ha riconosciuto. Quello che tarda a comprendere sono gli elettori che quando ci vedono sorridere non riescono proprio a capire cosa abbiamo da ridere. Ci sono state stagioni nella quali ‘pensare positivo’ era di moda, e bastava copiare alla lettera gli slogan e le forme della propaganda americana. Questa è invece una stagione nella quale c’è bisogno di una guida e di un pensiero che sia almeno serio, se non forte, e comunque nostro”.
(Normanna Albertini)
* * *
Editoriale (da http://www.ildialogo.org)
Pensiero lungo cercasi
di Giovanni Sarubbi
@CIl dibattito in corso nella sinistra ex parlamentare è a dir poco surreale. C’è chi, ancora oggi dopo le ultime elezioni provinciali in Sicilia, che hanno messo in mostra l’onda lunga del berlusconismo, sta li a ragionare di nuove formule organizzative, nuovi partiti o coalizioni di partiti costruiti con pezzi di questo o quel partito della ex sinistra parlamentare in decomposizione. All’onda lunga berlusconiana si risponde con il “pensiero corto”, anzi cortissimo, da cortile o, meglio ancora, da pollaio. Anche allora, fra il 1921 ed il 1926, grande era il dibattito all’interno di quello che si chiamava PCdI (Partito Comunista d’Italia). Purtuttavia al congresso di Lione del 1926 il PCdI di Gramsci riuscì a definire una linea che servì a guidare il partito in tutta la fase della lotta antifascista e fino alla guerra partigiana. Nessuno dei tanti partiti comunisti oggi esistenti, e sono veramente tanti, per lo meno una decina di organizzazioni, gode di una qualsiasi credibilità politica che gli consenta di intraprendere ciò che fu intrapreso dall’allora PCdI nel lontano 1926. Gli stessi neo centristi rappresentati dal Pd non hanno capito, o forse fingono di non capire, che la stragrande maggioranza degli imprenditori, dal più piccolo al più grande, è schierata a sostegno del berlusconismo, perché sugli interessi di classe, oggi come un secolo fa, non c’è etica, morale o qualsivoglia regola che tenga. Quando trionfa la legge della giungla non c’è “buonismo” che tenga e chi ha soldi e poteri da difendere si schiera con quelli come lui. L’ingordigia trionfa. Altro elemento importante è la mancanza, in molti documenti letti, di qualsiasi riferimento alla questione principale del nostro tempo, cioè alla guerra in corso e a come uscirne, alla devastazione dell’ambiente e alla crisi, ora sì irreversibile, del sistema sociale dominante a livello mondiale, quello capitalistico, plasticamente andata in onda in queste ore a livello mondiale con l’arresto di 400 finanzieri d’assalto di Wall Street per la vicenda dei mutui “sub prime”. Tutto si riduce ad un’analisi sugli “errori” e sui “limiti” del governo Prodi o di suoi singoli ministri, a giochi di alleanze, come se il berlusconismo o il bushismo o il blairismo siano tutti accidenti della storia e non prodotti di un determinato sistema sociale. Si continua invece ampiamente a cianciare di “movimento” o di “ripresa del conflitto”, dimenticando di aver perso qualsiasi credibilità politica. Quale mondo altro, quale umanità vogliamo contribuire a costruire? “Pensiero lungo” cercasi, che sappia spiegare cosa è successo perlomeno in questi ultimi 20 anni e che sappia indicare le strade da percorrere per uscire innanzitutto e subito dalla guerra e dalla distruzione dell’ambiente e delle risorse naturali#C (venerdì 20 giugno 2008).
90 testate nucleari!
A Ghedi Torre e ad Aviano ci sono novanta testate nucleari americane. Potenza distruttiva pari a 900 volte Hiroshima. Articolo tratto dal blog. http://www.beppegrillo.it.
* * *
@CNel caso di un attentato le bombe contenute a Ghedi farebbero sparire l’Italia del nord insieme a parte dell’Europa centrale. Il federalismo della Lega sarebbe finalmente realizzato. Il rapporto riservato dell’Air Force è stato pubblicato dalla Federazione degli scienziati americani (FAS). Il rapporto è stato ordinato da Roger Brady, comandante dell’Air Force in Europa, dopo che un B52 trasportò per errore sei testate atomiche sorvolando gli Stati Uniti. Nel rapporto si legge: “Problemi di edifici di supporto, alle recinzioni dei depositi, all’illuminazione e ai sistemi di sicurezza, a guardia delle basi vi sono soldati di leva con pochi mesi di addestramento”. Anna Maria Guarneri, sindaco di Ghedi, è sorpresa. “Ora (ORA?) si indica che nella base del mio centro ci sono bombe atomiche”. La bella addormentata. In questa situazione di emergenza nazionale (che cosa è infatti emergenza se non la possibile scomparsa dalla cartina geografica dell’Italia?) La Russa e l’ambasciatore USA Ronald Spogli insistono perchè sia allargata la base di Vicenza. Nonostante la sospensione dei lavori a seguito dell’ordinanza del Tar del Veneto. La Russa: “Questa decisione non ci turba. Gli impegni con gli alleati saranno mantenuti”. Spogli: “Le truppe USA di ritorno dalle missioni in Afghanistan si eserciteranno a Vicenza con i soldati italiani che si preparano a intervenire nello stesso teatro”. Perchè siamo in Afghanistan? Perchè abbiamo novanta bombe atomiche americani sotto il culo? I discendenti di Mussolini sono i primi ad aver abdicato alla sovranità nazionale. I leghisti vogliono essere padroni a casa loro, ma con le bombe e le basi degli altri e l’esercito per le strade. Fuori le bombe atomiche dall’Italia. Fuori gli italiani dalla guerra in Afghanistan. A ottobre ci sarà un referendum a Vicenza contro l’allargamento della base. Io ci sarò.#C
(Mattia Rontevroli)
Senza offese
No, l’Italia non sarebbe spazzata via e i santi starebbero al loro posto. Al massimo scaverebbero un cratere molto profondo. Anche TZar, la bomba più potente mai realizzata (4000 volte Hiroshima) ha avuto un raggio di 90 chilometri. Questo perchè vorrei si stesse attenti ai dati. Spero sinceramente di non creare polemiche.
(mn)
Nessuna polemica
Senza polemica con (mn). A me non sembra normale avere nel nostro Paese, che ricordo dovrebbe “ripudiare la guerra”, novanta testate atomiche americane. Io non mi sento molto sicuro, non so te…! Ciao.
(Mattia Rontevroli)
Sempre senza offese…
Ringrazio “mn” per le precisazioni… Forse non mi crederete… ma ora sono più tranquillo!!! Sempre senza polemiche!
(Elio Bellocchi)
Hai ragione. Non voglio neanch’io gli americani con le loro basi sul nostro suolo, ma penso che con la protesta non si ottenga niente e passando per le vie tradizionali altrettanto. Scusa, ma sono molto pessimista ultimamente circa il fatto di poter cambiare qualcosa.
(mn)
Camp Darby – Livorno…
Le basi americane sul suolo italiano ci sono, mi pare, dal ’46, e, se sono servite a metterci al sicuro da altri pericoli, non mi sento di condannarne in toto l’esistenza in quel preciso momento storico. Certo che ora mi pare abbiano altre funzioni. Se andate al mare dalle parti di Livorno, fatevi un giro al Camp Darby, così, tanto per rendevi conto… Riporto una piccola parte di un’interpellanza del professor Manlio Dinucci alla Commissione Affari Istituzionali e Garanzia della Provincia di Pisa proprio su questa base. Ricordate il Moby Prince? Ah! Nell’edizione di domenica 28 gennaio 2007, il quotidiano “Libero” pubblicò un’inchiesta di Francesco Ruggeri, nella quale venivano fornite importanti prove a sostegno della tesi, più volte avanzata dai movimenti pacifisti, della presenza di armi atomiche nella Base Usaf di Vicenza (così come in quella italiana di Ghedi).
(Normanna Albertini)
* *
Informativa su Camp Darby / Relazione di Manlio Dinucci alla audizione della Commissione Affari Istituzionali e Garanzia della Provincia di Pisa (30 gennaio 2006)
Camp Darby fa parte del sistema delle basi Usa in Italia, le cui dimensioni possono essere dedotte dal rapporto ufficiale del Pentagono Base Structure Report 2005: le forze armate statunitensi posseggono nel nostro paese 1.614 edifici, con una superficie di 892mila metri quadri, e hanno in affitto 1.190 edifici, con una superficie di 886mila metri quadri. Il personale addetto a tali basi ammonta a 14.000 militari e 5.140 civili, per un totale di circa 20 mila.
Camp Darby, come le altre basi statunitensi in Italia, è sotto il comando dell’Eucom (Comando europeo degli Stati uniti), la cui area di responsabilità (che si estende su circa 55 milioni di km2) comprende l’intera Europa, gran parte dell’Africa e alcune parti del Medio Oriente, per un totale di 91 paesi. La catena operativa di comando va dal Presidente, al Segretario della Difesa, ai Comandanti dei Comandi Unificati di Combattimento. Il Presidente dei Capi Congiunti del Personale (Joint Chiefs of Staff) operano all’interno della catena di comando trasmettendo ai Comandanti dei Comandi Unificati di Combattimento gli ordini del Presidente o del Segretario della Difesa.
Come documenta un altro rapporto ufficiale del Pentagono (Report on Allied Contributions to the Common Defense, July 2003), l’Italia contribuisce per il 34% al costo economico del mantenimento di basi e forze statunitensi sul nostro territorio: il contributo annuo italiano, ammontante a 324 milioni di dollari nel 2001, è oggi sicuramente superiore a tale cifra.
Camp Darby è la base logistica che rifornisce le forze terrestri e aeree Usa nell’area mediterranea, nordafricana e mediorientale. Secondo il rapporto Base Structure Report 2005, essa comprende 136 edifici con una superficie di 60 mila metri quadri.
E’ l’unico sito dell’esercito Usa in cui il materiale preposizionato (carrarma-ti M1, Bradleys, Humvees, etc.) è collocato insieme alle munizioni, comprese sicuramente quelle a uranio impoverito e quelle al fosforo usate in Iraq.
Secondo lo stesso rapporto, altre strutture per il rifornimento e l’addestramento, comprendenti 327 edifici in proprietà e 58 in affitto, si trovano in tre località in provincia di Livorno e in due in provincia di Pisa.
Con la fine della guerra fredda, Camp Darby, come le altre basi Usa e Nato in Italia, ha acquistato una importanza ancora maggiore. Da qui è partita gran parte degli armamenti e altri materiali usati dall’esercito e dall’aviazione Usa nelle due guerre contro l’Iraq e in quella contro la Jugoslavia.
La funzione di questa base non è stata però solo quella di supporto logistico alle forze statunitensi. Dalle inchieste dei giudici Casson e Mastelloni emerge che Camp Darby ha svolto sin dagli anni Sessanta la funzione di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro dei piani segreti «Stay Behind» e «Gladio».
Camp Darby fa parte di un triangolo militare: a fianco della base vi sono una stazione statunitense di ascolto radio e il Cisam, l’ex Camen: qui, come rivela l’ex ministro della difesa Lelio Lagorio nel suo libro “L’ora di Austerlitz”, si progettò segretamente nel 1980 di costruire l’atomica italiana.
Camp Darby ha con tutta probabilità a che vedere anche con la tragedia del Moby Prince del 10 aprile 1991, in cui perirono 140 persone: quella notte nel porto di Livorno era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi dirette probabilmente in Somalia (come documenta Enrico Fedrighini in “Moby Prince”, ed. Paoline).
Nell’agosto 2000 a Camp Darby si rasentò la catastrofe. Sull’episodio, già segnalato dalla organizzazione statunitense Global Security, emerge ora la prova definitiva. Essa viene fornita non da una organizzazione non-governativa, ma da una rivista ufficiale dell’aeronautica statunitense, Air Force Civil Engineer, che siamo riusciti a reperire. Nell’edizione della primavera 2001, il capitano Todd Graves fornisce un dettagliato resoconto (dal titolo Moving Munitions) di quanto avvenuto a Camp Darby. A causa del cedimento dei soffitti di otto depositi di munizioni, si creò una situazione di emergenza: in dodici giorni, nell’agosto 2000, si dovettero rimuovere con robot telecomandati (data la pericolosità dell’operazione) oltre 100 mila munizioni, con un peso netto esplosivo di oltre 240 quintali. Senza che le autorità civili e la popolazione fossero informate. Quando invece, per rimuovere una vecchia bomba della seconda guerra mondiale trovata in qualche campo, si evacua la popolazione da tutta la zona circostante.
Occorre considerare, per di più, che Livorno è uno degli 11 porti nucleari italiani (Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto e Trieste), in cui possono attraccare unità navali di superficie e sottomarini a propulsione nucleare (per la maggior parte statunitensi, in quanto la marina italiana non ha unità a propulsione nucleare).
Nel silenzio dei media
Riporto l’articolo dal blog: http://www.beppegrillo.it.
@CVicenza non vuole la nuova base militare Dal Molin. I vicentini lo confermeranno nel referendum di questo autunno. Nel frattempo protestano per la decisione del Consiglio di Stato a favore della base e subiscono cariche di “alleggerimento”, nel senso che sono manganellati alla “ndo cojo cojo” dai celerini. Certo, i vicentini non dovrebbero occupare la stazione. Devono trovare un altro modo per dirlo. Per spiegare che l’occupazione americana in Italia dura da 63 anni. Che le 90 bombe atomiche made in USA di Ghedi Torre e di Aviano offendono la coscienza civile del nostro Paese. Che Vicenza diventerà la base militare più grande di Europa. E che da questa base possono partire i bombardieri americani per uccidere. La nostra Costituzione ripudia la guerra; con che faccia il governo autorizza che l’Italia sia la portaerei americana per bombardare oggi il Medio Oriente e domani chissà chi. Il muro di Berlino è caduto ma, vent’anni dopo, l’esercito americano è ancora qui. Quanto dovremo aspettare per riavere un’Italia libera da eserciti stranieri: il centenario della fine della seconda guerra mondiale? Maroni fa manganellare i vicentini perché non vogliono che il loro territorio si trasformi in un teatro di guerra. E’ il trionfo degli opposti. La Lega, nemica della globalizzazione, accoglie con un tappeto rosso le armate d’oltre oceano. Coca Cola no, bomba atomica s^. Padroni a casa nostra con 90 ordigni nucleari tra Brescia e il Friuli. Padroni di che? Di prendere le impronte ai minori Rom? Lega di manganello e di governo (l’olio di ricino lo porta La Russa). Forte con i deboli e debole con i forti. E’ arrivato a Vicenza il commissario di governo Paolo Costa. Ora, se i vicentini si opporranno in maniera non violenta alla base arriverà l’esercito. L’ho detto prima delle elezioni politiche: Berlusconi userà l’esercito contro i cittadini per governare, ma non potrà durare a lungo. Forza magnagatti. No a Dal Molin.#C
P.S. – Voi avete per caso sentito queste informazioni alla televisione? Io no…
(Mattia Rontevroli)