C’è chi usa la Rete per "diventare grande", documentandosi o dando un contributo alla conoscenza altrui, e chi lo fa per "tornare piccolo", recuperando la dimensione del gioco nei passatampi offerti dalle nuove tecnologie.
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Seconda o "doppia" vita?
Cinque anni fa la società americana Linden Lab ha tentato di ricreare sul web lo stesso divertimento che si prova da bambini nel travestirsi da qualcun altro. Cambiare identità, darsi una storia diversa, modificando i propri connotati e gli stili di comportamento. E Second Life (seconda vita) è appunto il nome del prodotto brevettato: un universo virtuale in tre dimensioni in cui un numero estremamente variabile di "residenti" conduce un'esistenza parallela. Gli utenti scaricano un apposito programma e definiscono il loro avatar, cioè il personaggio che vogliono essere dall'altra parte dello schermo, dopodiché sono liberi di esplorare paesaggi on-line, di staccarsi dalla normalità quotidiana «chattando» in inglese con perfetti sconosciuti e perfino d'intrattenere scambi economici, pagando con una moneta virtuale (il Linden dollar) che può essere convertita in dollari americani correnti tramite carta di credito. E qui cade la poesia.
Altra interazione concessa ai visitatori è la possibilità di modificare l'ambiente e le trame audiovisive del gioco. L'iscrizione gratuita, pur con il limite della maggiore età (vincolo formale più che effettivo), ha attirato a questo carnevale permanente circa 12 milioni di curiosi da ogni parte del pianeta connesso a internet. Ma più che virtuali, gli abitanti sono fantasma. Chi pensa di frequentare una cyber-metropoli rimane presto deluso: Second Life è il regno dell'inutile, con migliaia di isole e grattacieli disabitati. Gli unici posti dove c'è un po' di vita (si fa per dire) sono i locali da ballo e i sexy- shop, a dimostrazione che la novità virtuale americana si regge in realtà sulla vecchissima molla della trasgressione. Con la beffa che se gli assembramenti si fanno troppo densi i server vanno in tilt.
Anch'io su 'Second Life'
La stragrande maggioranza degli iscritti non ha dunque mai messo piede in Second Life o si è presto dimenticata di far funzionare il giocattolino. Gli utenti attivi sono stimati in meno di 500.000: tra questi c'è chi mena a spasso la sua proiezione grafica come si porta il cane a fare pipì e chi, una minoranza, s'industria per guadagnare soldi veri.
C'era da scommetterci, introducendo la moneta. Ci sono persone che hanno addirittura abbandonato il lavoro per scommettere sulle loro invenzioni e buttarsi a pesce nell'ennesima bolla speculativa da new economy. Passi per l'offerta stravagante, ma la cosa assurda è che esiste una domanda pronta a spendere denaro sonante. Fra i clienti dell'emporio ci sono multinazionali come la Microsoft o la Coca Cola, che hanno investito palate di quattrini per farsi costruire dagli esperti del settore lussuose sedi vuote, cattedrali nel deserto informatico, pur di esserci.
Da questo punto di vista Second Life è una moda come un'altra, che ha potuto però far leva sui milioni di alter ego che ogni giorno si affacciano sulle tre magiche "w" (e non hanno evidentemente di meglio da fare).
Ecco il punto: la caccia alla visibilità, alimentata dai rumor di ogni mercato che si rispetti. Per cui, come gira la voce di un nuovo affare, sbucano tivù, case cinematografiche, etichette musicali e personalità pubbliche (dai politici ai manager) desiderose di acquistare uno spazio, un evento, un sogno di gloria. La somma di tanti vezzi personali fa presto a tramutarsi in miraggio collettivo, con invidie e sensi di colpa correlati: ma come? Tu non ci sei?
Parvenza di cultura
Le curiosità si sprecano: Irene Grandi, per esempio, è stata la prima cantante italiana a girare in Second Life alcuni fotogrammi di un videoclip musicale; l'Enel ha edificato in questo al di là surreale un parco pedagogico sull'energia rinnovabile in cui le automobili circolano a idrogeno, e vien da chiedersi perché non mostri altrettanta determinazione nel realizzare qualcosa di simile in territorio italiano. E ancora: la Toscana è stata la nostra Regione-pioniere nella lottizzazione dell'emisfero etereo, comprandosi 400.000 metri quadrati virtuali.
Ci sono anche "vetrine" intellettuali: per esempio, il Ministero degli Esteri l'anno scorso ha fondato un Istituto italiano di cultura. Il modello di comunicazione tra gli avatar, inoltre, si studia in diverse sedi universitarie, Oxford inclusa. Per essere un gioco, ha estimatori di ogni estrazione sociale. Né poteva mancare una spruzzatina di spiritualità, nel senso che nulla vieta agli ambulanti di fermarsi a "pregare" nei templi più o meno somiglianti a quelli terrestri o in una piazza kitch con ricostruzioni di moschee e cattedrali, pagode e sinagoghe, pseudoconfessionali e quant'altro fornisca al "residente" una larva di sacralità. Poco più di un colorante o di un additivo artificiale.
Psicanalisi del bluff
Comunque tutto bene, o quasi, finché si resta coscienti dell'enorme fiction che il web, col suo infinito serbatoio di comparse, riesce ad autoprodurre. Ma il rischio che Second Life si trasformi in una discarica di paranoie e dipendenze, dal sesso virtuale al gioco d'azzardo on-line, è già piuttosto concreto. E d'altra parte, come pensare di promuovere l'umanesimo in un mondo fatto di poche anime e tanto, troppo marketing? Difficile uscire migliori di come si è entrati.
Gli psichiatri, poi, iniziano a mettere in guardia dal pericolo di credere sul serio alla "seconda" vita, mandando in frantumi la "prima". Che, notoriamente, non è mai facile da riparare.
Troppa confidenza con simulazioni e giochi di ruolo, insomma, può indurre ad una lenta assuefazione, cioè alla grave illusione di poter fuggire dalla realtà e manipolarla a piacimento, usando ogni mezzo. Senza molti distinguo tra lecito e illecito, tra persone e immagini, tra relazioni umane e viaggi mentali. Ritrovandosi al tempo stesso alieni ed alienati.
Eccessiva diffidenza? Può darsi, ma le seduzioni immaginarie di tutte le vite ordinali (seconde, terze e così via) che potremo disegnarci nel web, messe insieme, non valgono quanto l'emozione di un istante intenso provata in One Life, o Unique Life, o comunque vogliamo definire quest'avventura irripetibile in carne, ossa e sentimenti.
Meglio pensarci, mentre il tempo scorre rapido, almeno prima del game over.
(Edoardo Tincani)
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Tratto da "La Libertà" del 14.6.2008