Il 1 aprile scorso, in piena campagna elettorale, Mauro Corona, noto scrittore e scultore oltre che fortissimo alpinista, ha consegnato a Enrico Borghi Presidente dell'UNCEM (Unione Comunità e Comuni Montani) un suo personalissimo decalogo per salvare quel che resta della montagna italiana meno conosciuta, quella dove "non nevica firmato". Nella sua semplicità il decalogo è interessante perchè supera tutte le letture sociologiche ed economiche, a volte un po' parruccone, che vanno di moda per affrontare alcuni nodi di questi territori.
Mauro Corona vive a Erto nel paese ricostruito dopo la tragedia del Vajont e scrive da sempre di questa montagna così difficile.
IL DOCUMENTO
Premesso che i politici hanno solo l’importanza che si danno, io penso che se ce ne fosse qualcuno che si occupa di montagna dovrebbe porre attenzione principalmente alle zone povere della montagna, a quella parte abbandonata di ripido dove la gente vive in piccole valli, dove non nevica firmato, dove ci si può chiamare da una costa all’altra.
Quindi le richieste fondamentali ai politici per la montagna dove non nevica firmato sono queste:
1. Priorità assoluta alle necessità urgenti affinché le popolazioni non vivano sempre tribolando. Strade e servizi prima di tutto. La posta non deve arrivare ogni tre giorni, il medico deve essere fisso sul posto e farmacia.
Pure non si deve far passare il traffico pesante su strade di montagna costruite più di cento anni fa creando estremo disagio a chi deve spostarsi per lavoro, per necessità, per vivere.
2. Agevolazioni assolute e prioritarie alle genti che per fare la spesa (viveri di prima necessità, medicine, ecc... ) devono farsi 15-20 km. Benzina, quindi a minor prezzo di chi vive in città, e trova tutto a portata di mano, e paga i carburanti come chi vive in quota, nei paesi abbandonati da dio e dagli uomini politici. B. Dove gli inverni durano otto mesi e il resto è estate, e non nevica firmato, e non c’è turismo e non c’è niente, fornire gasolio a meno soldi, perché se ne consuma il doppio. Agevolazioni quindi a chi ha più bisogno (non ai ricchi) per gasolio, legna o altri materiali da riscaldamento.
3. Non ostacolare con pastoie burocratiche e leggi stupide e sciocche le iniziative private. Chi vuol aprire un’osteria o un rifugio, un negozio o quant’altro deve poterlo fare in otto giorni. Ai bar, dove si vendono sì e no dieci bicchieri di vino al giorno, ai piccoli negozi che non chiudono solo per affetto, bisogna togliere tasse, pagare un minimo e basta. C’è differenza tra certi bar di borghi semi abbandonati, e il Billionaire di Briatore.
4. Agevolare prima di tutto, e come si deve, gli studenti che dalla montagna devono scendere alla pianura a studiare e imparare un mestiere. Per farlo salgono ancora su sgangherati pullman di operai turnisti, che passano alle 5,30 del mattino. Allestire pullman appositi per loro, caldi e comodi, con le casette d’attesa riscaldate e comode anche quelle. Ideale sarebbe avere le scuole sul posto, invece le chiudono.
5. Incentivare un turismo intelligente, mirato, tenendo in massimo conto le peculiarità del luogo, creare scuole di artigianato frequentabili da tutti. Per salvare l’arte del legno, della pietra, dell’argilla. Per salvare la cultura delle mani in generale che sta scomparendo.
6. Salvaguardare in assoluto il patrimonio naturale. Proibire la rapina di ghiaie sui torrenti, di interi boschi scarnificati dati in pasto a imprese senza scrupoli, di rapinatori d’acqua e altro che fanno man bassa di tutto in combutta coi politici. La montagna non va distrutta per arricchimenti personali, va usata con intelligenza e rispetto. Creare dei percorsi nei boschi dove portare le scolaresche per far conoscere gli alberi, le loro peculiarità, le loro anime, i loro caratteri. Fare ore di scuola all’aperto, portare studenti dalle città, allora la montagna rivive.
7. Fare leggi apposite, e soprattutto farle rispettare, affinché le strade di montagna non siano tramutate in piste di gara per motociclisti ogni sabato e ogni domenica. Dopo una settimana di tir e traffico pesante (su strade centenarie), quando la gente crede finalmente di stare in pace, arrivano i centauri a far le gare. Un es. pare che la strada Montereale-Longarone sia la pista più bella d’Europa. I politici, qualunque schieramento monti al potere, devono prima di tutto salvaguardare la tranquillità delle persone che li votano, di coloro che già tribolano ed arrivare a fine mese e poi non hanno nemmeno la pace della domenica. I politici trascurano queste cose, le ignorano perché non gliene frega niente.
Questi problemi non li toccano, loro vanno in ferie dove nevica firmato e regna una tranquillità imposta per non disturbare i miliardari e quindi anche loro. Senza pace e tranquillità le persone non vivono, non lavorano, non producono nulla di buono. Pace e tranquillità sono diritti sacrosanti non solo in montagna, ma pare che nessun politico lo sappia o, se lo sa, fa finta di niente.
8. Leggi speciali per salvaguardare l’architettura di montagna i vecchi borghi che stanno cadendo a pezzi, paesi come Erto Vecchia, nella valle del Vajont con mille anni di storia, che crollano casa su casa. Salvarli e crearne delle università, dei centri di vacanze dei luoghi di cultura. La gente non ha soldi per ristrutturare le case? Lo deve fare il governo. La casa rimane sempre del proprietario ma per 30-40 o 50 anni non può usarla. Lo Stato lo affitta e, in 30-40-50 anni, recupera l’investimento.
9. Dove non nevica firmato occorre creare posti di lavoro sfruttando i materiali che il posto offre ma sfruttarli in maniera intelligente senza distruggere. Fare in modo, invece, che col prelievo le risorse si rinnovino. Se non abbandoniamo la sciagurata idea che l’obiettivo è fare i soldi con ogni mezzo e ad ogni costo, la montagna povera è finita. Occorre domandare alle genti del posto di cosa hanno bisogno, roba che i politici fanno solo in tempo di elezioni quando piangono voti come cani bastonati, salvo poi diventare arroganti e maleducati una volta poggiato il culo sulla poltrona.
10. Ogni luogo di montagna povera deve avere un suo rappresentante che abbia voce fino a Roma. Occorre una legge che permetta alla gente di delegare uno di loro a rappresentarli nel palazzo, ad avanzare le richieste necessarie. Deve essercene uno per luogo, uno per ogni valle d’Italia dove non nevica firmato. Questi delegati devono avere voce in capitolo, e chi comanda deve porgere orecchio e attenzione a questi prescelti che rappresentano le richieste della povera gente che vive sul ripido, dove appunto non nevica firmato, e dove coloro che noi mandiamo al potere non vanno di certo in ferie.
Molto interessante
Stimo molto questo uomo. Vi invito a leggere i suoi libri.
(Commento firmato)