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Una guida per chi vuole coltivare il castagno

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Una guida per chi è interessato a riscoprire la coltivazione del castagno. La chiedono i consiglieri di minoranza Paolo Bolognesi, Fernando Cavandoli e Marino Friggeri in una interpellanza alla presidente della Comunità montana, Nilde Montemerli. Ecco il testo completo.

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Alcuni di noi hanno avuto modo di partecipare all’incontro di aggiornamento tenutosi avanti ieri a Marola, dal titolo “La cultura del castagno: quale futuro?”.

L’iniziativa in parola aveva un profilo essenzialmente tecnico, essendo rivolta precipuamente alle fitopatie, e non era dunque questa la sede per approfondire tematiche a carattere più generale, ma la mattinata ha comunque offerto spunti per allargare il discorso, e ricollegarsi così alle problematiche più complessive del comparto (proprio in tale ottica, questa minoranza consiliare si era già occupata del mal d’inchiostro nelle righe n. 6049 del novembre scorso).

Partendo dall’assunto che, come ha ricordato anche uno dei relatori, il castagno è una pianta multifunzionale, con valenza ambientale-produttiva-paesaggistica, viene naturale dirsi che occorrerebbe promuovere e sostenere, in maniera convinta e sistematica, la ripresa di questo settore, vale a dire il riportare in produzione almeno una parte di quella che è stata una componente importante, per non dire fondamentale, della nostra silvicoltura.

Tuttavia, come abbiamo ricavato dall’incontro di Marola, la coltivazione del castagno si trova oggi a dover affrontare non piccole incognite di natura fitosanitaria, che possono compromettere anche pesantemente la salute e la produttività dell’albero-castagno, e finanche la sua sopravvivenza, al punto da vanificare sforzi e investimenti. Un fattore affatto secondario che, del tutto comprensibilmente, potrebbe indurre a desistere chi fosse intenzionato a riattivare castagneti che negli anni sono andati incontro a dismissione e abbandono (ovvero ad impiantarne nuovi).

Di fronte ad una siffatta ipotesi, ci sembra che un modo per superare le eventuali riserve e perplessità degli interessati, e incoraggiare dunque la coltivazione del castagno, potrebbe essere quello di mettere loro a disposizione una Guida che, a partire dall’atto autorizzativo, fornisca indicazioni precise, e quanto più dettagliate, su ciò che si è chiamati a fare, e sulle eventuali possibili opzioni (sia sul piano burocratico-amministrativo che su quello tecnico) cominciando dalla fase del taglio, e dello smaltimento-utilizzo dei materiali di risulta, per passare poi alle operazioni di innesto (e agli accorgimenti per salvaguardare i virgulti dagli ungulati selvatici) e arrivare infine alla lotta e alla prevenzione delle malattie che nella fattispecie possono colpire la pianta.

Andrebbero anche precisati gli adempimenti cui occorre obbligatoriamente uniformarsi in virtù delle vigenti norme e disposizioni, e quali sono gli enti cui si può, o si deve, fare volta a volta riferimento.

Si tenga ad esempio conto che, giusto nell’incontro di Marola, c’è stato chi si è chiesto se sia possibile bruciare il materiale di risulta, dal momento che, ove il medesimo si configurasse come rifiuto, non dovrebbe essere consentito, di regola, trattarlo in tal modo (interrogativo che andrebbe necessariamente sciolto se avesse un qualche fondamento). C’è stato anche chi, ragionevolmente e comprensibilmente, avrebbe voluto conoscere quali sono mediamente i costi da sostenersi per rimettere in produzione una unità di superficie di castagneto, e anche questo è un dato tutt’altro che insignificante per chi si accinge alle anzidette opere di ripristino.

La guida di cui stiamo ragionando non dovrebbe necessariamente tradursi in un opuscolo, ma potrebbe bastare un testo redatto su pagine, peraltro più agevolmente riproducibile e diffusibile a richiesta pure via e-mail, anche tenendo conto che una tale forma consentirebbe più facilmente di apportarvi nel tempo eventuali aggiornamenti.

Da un lato, lo strumento andrebbe a supportare, sul piano operativo, chi intende intraprendere il recupero del castagneto, e dall’altro gli eviterebbe di cadere, anche involontariamente, in inosservanze. Tornerebbe soprattutto utile a quei soggetti che non si configurano come impresa agricola, e potrebbero pertanto non usufruire già di un'assistenza organizzata.

Noi riteniamo che l’elaborato in causa potrebbe essere prodotto dagli uffici della Comunità montana, e se questo non dovesse risultare fattibile andrebbe verificato quale altro organismo potrebbe provvedervi, ma in questo caso occorrerebbe nel contempo e previamente sapere a quanto andrebbe ad ammontare la relativa spesa.

Fatte queste premesse, si è ad interpellare la S.V. per conoscere se condivida l’idea della guida avanti menzionata, concepita nei termini qui esposti, e se codesti uffici possano procedere alla sua realizzazione.

(I consiglieri di minoranza Paolo Bolognesi, Fernando Cavandoli, Marino Friggeri)