Leggo oggi dell'ennesima protesta degli agricoltori per i ripopolamenti di cinghiali "sfuggiti di mano" e per i conseguenti danni alle coltivazioni.
Mi chiedo se ci sia finalmente un risveglio della componente agricola che da anni ha tollerato che alcuni cacciatori immettessero abusivamente cinghiali sui fondi altrui.
Chissà che finalmente non si decidano a nominare negli enti preposti alla gestione venatoria del territorio persone in grado di difendere i loro interessi senza delegarli alle associazioni venatorie.
Esiste a mio avviso una ricetta sicura per eliminare in poco tempo il problema dei danni dei cinghiali, al di la delle elucubrazioni filo-venatorie dei piani faunistici provinciali.
E' una soluzione che ho prospettato, inascoltato, molto spesso:
1- sarebbe sufficiente vietare la caccia al cinghiale in qualsiasi forma, affidando alle guardie provinciali e forestali e a pochi eventuali coadiutori una generale campagna di eradicazione totale del suino;
2- contemporaneamente, con la collaborazione degli agricoltori interessati, si potrebbe procedere all'installazione di trappole sui loro fondi lasciando all'agricoltore che le gestisce il valore economico delle catture, opportunamente macellate e commercializzate, a ristoro dei danni subiti.
In poco tempo il problema sarebbe risolto.
Viceversa se la soluzione del problema continuerà ad essere affidata, per convenienza elettorale, al mondo venatorio, gli agricoltori si possono mettere l'animo in pace, perchè il problema si ripresenterà puntualmente tutti gli anni, affinchè i cacciatori possano continuare ad esercitare il loro legettimo divertimento sui fondi altrui.
Occorre che gli amministratori, che ben conoscono il problema, si decidano veramente a salvare il mondo agricolo minacciato dallo strapotere e dagli interessi economici legati a un esercizio venatorio che, insieme alla Grecia, ci vede l'unico paese in Europa in cui il cacciatore armato ha accesso ai terreni agricoli privati senza doverne chiedere il permesso al proprietario.
Sembra quasi di vedere anche oggi gli antichi signori medievali che prendono il loro diletto inseguendo il cervo o il cinghiale calpestando impunemente le coltivazioni curate dal sudore dei servi della gleba.
Qualcuno poi accusa gli ambientalisti che avrebbero limitato il numero delle catture di caprioli e cinghiali causandone la diffusione e le malattie, accusa che già varie volte abbiamo respinto al mittente dato che, viceversa, è stata la logica di abbattimento selettivo dei capi migliori a peggiorare la condizione delle specie presenti, rendendole più suscettibili alle malattie.
Mi auguro infine che emerga finalmente una seria volontà del mondo agricolo di rippropriarsi di ciò che è suo, opponendosi decisamente allo strapotere venatorio che governa la nostra provincia.
(Gioacchino Pedrazzoli, presidente WWF Emilia-Romagna)