Chiara Lubich, la fondatrice e presidente del Movimento dei Focolari, ha terminato la sua vita terrena che amava definire il “santo viaggio” dal noto passo del Salmo 84,6 “Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio”, alla veneranda età di 88 anni, nella notte del 14 marzo scorso, presso la sua abitazione di Rocca di Papa (Roma) dopo aver espressamente richiesto la dimissione dal Policlinico Gemelli, intuendo la sua fine imminente.
Scriveva in una delle sue “Parola di Vita” del dicembre del 2006, quei foglietti piccoli come formato ma tanto densi di nutrimento spirituale e diffusi in tutto il mondo, che avrete sicuramente visto in qualche Chiesa: “Il santo viaggio è il simbolo del nostro itinerario verso Dio. Siamo infatti diretti verso una mèta che non dovremmo chiamare 'morte' ma 'incontro', perché inizio di una nuova Vita nell’incontro con Dio. Tutti vi siamo destinati, chiamati da Lui. Perché, allora, non impostare la nostra esistenza in relazione al traguardo che ci aspetta? Perché non fare dell’unica vita che abbiamo, un viaggio, un viaggio santo, perché Santo è Colui che ci attende? Sì, tutti siamo chiamati a divenire santi secondo il cuore di Dio; quel Dio che ci ama uno per uno di amore immenso e ha sognato e disegnato per noi un doveroso cammino da seguire e un traguardo preciso da raggiungere”.
Ora la meta tanto attesa è da lei stata finalmente raggiunta ed a noi, pur nell’umana tristezza della perdita di una sì grande donna, rimangono le sue parole, la sua convincente e gioiosa testimonianza di vita come eredità preziosa da far fruttificare nei nostri personali cammini di vita.
Di lei ho il ricordo indelebile, che conserverò per sempre nel mio cuore come dono di Dio, del nostro personale incontro avvenuto a Rocca di Papa il 24 gennaio 2004, frutto di una casualità provvidenziale in occasione del Congresso mondiale degli Aderenti cui ero stato invitato come “esterno”.
Chiara era venuta a sapere della mia esperienza “missionaria” africana (su cui Redacon fece un servizio a suo tempo) fatta nel novembre del 2003 presso il “Mary Health of Africa Hospital” di Fontem in Camerun, insieme all’amico e collega chirurgo focolarino Eugenio Ferri ed al tecnico di laboratorio Franco Galluzzi. Fontem è una delle tante cittadelle, fondate in tutto il mondo, cui era particolarmente affezionata e che a lei deve la sua esistenza avendo inviato nel 1966 i primi focolarini medici dove altro non c’era se non foresta equatoriale, malaria, malattia del sonno, epidemie tropicali e morte.
Quando ci incontrammo, dopo la mia presentazione, subito mi disse prendendomi le mani: “Ah, ecco che mi chiedevo chi è questo Lorenzo!”, quasi fosse felice lei (!) di avere incontrato me! In seguito mi fece giungere per lettera i suoi personali ringraziamenti sia per la testimonianza scritta che le avevo fatto avere circa il nostro lavoro a Fontem (tra l’altro l’avevo informata del molteplice coinvolgimento della comunità parrocchiale di Castelnovo ne’ Monti in tutte le sue forme al fine di raccogliere fondi per la missione, compresa la serata canora della Corale della Resurrezione con la partecipazione di Don Vittorio Chiari, la cena alla Pieve, la generosità di Don Geli e di Don Edo che mi fecero avere ciascuno 1.000 euro), sia per le foto “africane” inviatele, che gradì moltissimo.
Nello scritto oltre ai saluti di cuore a mia moglie e all’allora piccola Valentina, tra l’altro mi augurò: “ …di continuare con Gesù in mezzo il tuo Santo Viaggio, per realizzare quel disegno di amore che Egli ha su di te”. Ho poi saputo ed appurato io stesso, quando sono andato insieme agli amici focolarini di Parma a rendere omaggio alla sua salma a Rocca di Papa, il 15 marzo scorso, quale evento di grazia sia stato il conoscerla di persona (questo è un dato comune a tutti quelli che hanno avuto la possibilità d’incontrare uomini o donne di Dio).
C’erano nell’anfiteatro del centro romano del Movimento dei Focolari allestito a camera ardente i suoi consacrati, persone ben più degne di me di tale incontro, che hanno dato e danno tutt’ora la loro vita per quello che chiamano “l’ideale” vivendo nelle condizioni più svariate e disagiate del pianeta, dai quali ho sentito testimonianze di commossa gioia per il solo fatto di aver potuto incontrare, almeno da morta (v. foto), la persona che ha incarnato il loro carisma.
Nacque a Trento il 22 gennaio 1920, venne battezzata col nome di Silvia che cambierà con quello di Chiara, in onore della nota Santa d’Assisi, la cui radicalità evangelica l’affascinò fin da giovane. Seconda di quattro figli, la madre fu fervente cristiana, il padre socialista e tipografo, il fratello Gino, medico, partigiano e giornalista del quotidiano “l’Unità”. Si diplomò maestra elementare nel 1938, insegnando dapprima nei paesini della Val di Sole e poi nella città di Trento. Iscritta alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Venezia, dovette interrompere gli studi a causa degli eventi bellici che insanguineranno l’Europa ed il mondo intero.
L’Opera di Maria della maestra di Trento, l’italiana più famosa nel mondo di cui è lecito essere fieri, è attualmente presente in 182 Nazioni, 89 delle quali con centri stabili, di cui 29 in Europa, 25 in Africa, 19 in America, 13 in Asia, 3 in Oceania. I membri consacrati sono circa 150.000, gli aderenti 2.115.000, di cui circa 50.000 di oltre 350 Chiese e comunità ecclesiali; oltre 30.000 di varie religioni tra cui ebrei, musulmani, buddisti, indù, sikhs. Oltre 70.000 gli amici di convinzioni non religiose. I simpatizzanti, difficilmente quantificabili, sono stimati in vari milioni (sembra più di 6).
Alla guida del Movimento per Statuto (ratificato da Giovanni Paolo II) vi sarà sempre una donna, coadiuvata da un co-presidente e da un Consiglio. Il Movimento, pur essendo una realtà unica, per la varietà delle persone che lo compongono (uomini e donne, famiglie, giovani, sacerdoti, religiosi e religiose di varie congregazioni, e vescovi), si snoda in 18 diramazioni di cui: 2 sezioni rispettivamente dei focolarini e delle focolarine che sono la “struttura portante” dell’Opera, 10 branche, 6 movimenti ad ampio raggio: Famiglie Nuove, Umanità Nuova, Movimento Parrocchiale, Movimento Diocesano, Giovani per un mondo unito, Ragazzi per l’unità. La prima approvazione è del 1962. Gli Statuti generali aggiornati sono stati approvati con decreto del Pontificio Consiglio per i Laici del 29 giugno 1990, che riconosce il Movimento come “Associazione di fedeli privata universale di Diritto Pontificio”.
L’attività editoriale è quanto mai viva: la famosa casa editrice italiana “Città Nuova”, che pubblica oltre 85 titoli l’anno (più 25 case editrici presenti in altri Paesi); la nota rivista “Città Nuova”, quindicinale di opinione che oltre all’edizione italiana conta 37 edizioni estere, in 22 lingue; la rivista bimestrale di cultura “Nuova Umanità”; le riviste per sacerdoti e religiosi, “Gen’s” e “Unità e Carismi”, bimestrali in diverse lingue; il periodico quadrimestrale, “Economia di Comunione. Una cultura nuova”; la famosissima “Parola di Vita”, foglio mensile con commento spirituale-teologico di una frase della Scrittura, da tradurre in vita, pubblicato in 96 lingue e idiomi, in oltre 2 milioni di esemplari, diffuso mensilmente da radio e televisioni e via internet nel sito web ufficiale internazionale: www.focolare.org.
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Ma ascoltiamo dalle sue stesse parole l’inizio di questa grande avventura.
“Siamo nel 1944, infuria la guerra anche a Trento. Rovine, macerie, morti. I bombardamenti continuano e con essi scompaiono quelle cose o persone che costituivano l'ideale dei nostri giovani cuori. Una amava la casa: è stata sinistrata. Una seconda attendeva il matrimonio: il fidanzato non torna più dal fronte. Il mio ideale era lo studio: la guerra mi impedisce di frequentare l'università.
Ogni avvenimento ci tocca profondamente. La lezione che Dio ci offre con le circostanze è chiara: Tutto è vanità delle vanità. Tutto passa.
Affiora una domanda: ci sarà un ideale che non muore, che nessuna bomba può far crollare? Sì, Dio. Tra le stragi della guerra frutto dell’odio, la luce del carisma dà a noi una nuovissima comprensione. Siamo abbagliate, come per la prima volta, dalla verità su Dio: "Dio è Amore" (1 Gv 4,8): ogni circostanza che ci riguarda, lieta o triste o indifferente che sia, tutto ci appare espressione del suo amore. E la gioia e lo stupore sono così grandi che non abbiamo atteso un attimo a scegliere proprio lui, Dio Amore, come l'Ideale della nostra vita. Subito comunichiamo a chi ci sta accanto - a parenti, ad amici - la nostra grande scoperta: "Dio è Amore, Dio ci ama, Dio ti ama!".
Prosegue poi nel suo racconto: “I nostri genitori sono sfollati nelle valli. Noi rimaniamo a Trento. Chi per lavoro o studio. Io per seguire il Movimento nascente. Ci ospita un appartamento di poche stanze: lo chiamiamo 'la casetta'. Si corre nei rifugi di giorno e di notte. Portiamo con noi solo il Vangelo. Abbiamo trovato l'ideale per cui vivere, Dio. Come rispondere al suo amore? Il Vangelo risponde: 'Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli' (Mt 7,21).
Niente dunque pietismo o sentimentalismo. Fare la volontà di Dio: questo importa. Tutti la possono vivere: ecco la carta di accesso per le folle alla santità! Io ho già messo da tempo i miei libri in soffitta. A 18 anni avevo un unico desiderio: conoscere Dio. La filosofia che avevo stra-amato nelle scuole superiori non mi aveva appagata. E, dovendo incominciare l'Università, avevo pensato che forse in un Ateneo cattolico avrei trovato chi m'avrebbe parlato di Dio e insegnato chi Egli era. Per varie circostanze non mi era stato possibile accedervi. Ne avevo pianto addoloratissima. Ma proprio in quel momento m'era parso di sentire nell'anima queste parole: "Sarò io il tuo Maestro".
Ora, dopo tanti anni, posso affermare che Chi parlava è rimasto fedele alla sua promessa. E lo ha fatto mandando un dono di luce, un carisma dello Spirito Santo che ha illuminato per noi tutto il Vangelo. Le sue parole ci sono apparse affascinanti, scultoree. Si possono tradurre in vita, sono luce per ogni uomo che viene in questo mondo e quindi universali. Vivendole, tutto cambia: il rapporto con Dio, con i prossimi, con i nemici. Quelle parole danno il giusto posto a tutti i valori e fanno spostare ogni cosa, anche il padre, la madre, i fratelli, il proprio lavoro... per mettere Dio al primo posto nel cuore dell'uomo.
Straordinarie sono le promesse del Vangelo: cento volte tanto in questa vita e la vita eterna. Dov'è la pietà dal collo torto, la cantilena di preghiere vuote, la fede per abitudine, il Dio inaccessibile? No, no, questa non è la religione di Gesù. Egli agisce da Dio. Per poco che dai, ti stracarica di doni. Sei sola ti trovi circondata da mille madri, mille padri, mille fratelli, sorelle, d'ogni ben di Dio che distribuisci a chi non ha. Non c'è situazione umana che non trovi la risposta esplicita o implicita in quel piccolo libro che porta parole di Dio.
Viviamo le frasi del Vangelo dal senso compiuto, una alla volta. Un giorno leggiamo: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Mt 19,19). Il prossimo. Dov’è il prossimo? Lo individuiamo lì presso di noi, in tutte quelle persone colpite dalla guerra, ferite, senza vestito, senza casa, affamate e assetate. "Qualunque cosa hai fatto al minimo dei miei fratelli, l'hai fatto a me". Cuciniamo pentoloni di minestra che si portano a loro. A volte i poveri battono alla porta della nostra casa: li invitiamo a sedere accanto a noi: un povero e una di noi, un povero e una di noi.
Il Vangelo assicura: “Chiedete e vi sarà dato". Chiediamo ogni cosa per le molte necessità. E in piena guerra arrivano sacchi e sacchi di farina, scatole di latte e mele, legna, vestiario per tutti i poveri della città. Un giorno incontro un povero: "Dammi un paio di scarpe n. 42". Mi chiedo: "Dove trovo in piena guerra un paio di scarpe da uomo n. 42”? Passo davanti alla chiesa di santa Chiara. Entro nella chiesetta spoglia. C’è il lumicino acceso che mi dice: qui c'è Gesù. Gli dico: "Gesù, dammi un paio di scarpe n. 42 per te in quel povero. "Esco dalla chiesa e mi viene incontro una signora con un pacco in mano: "Chiara, per i tuoi poveri". E' un paio di scarpe n. 42!
Il Vangelo è vero! Questa constatazione mette le ali al nostro cammino da poco intrapreso. Vogliamo che il Vangelo sia l'unica regola del movimento nascente. Per un'ulteriore spinta dello Spirito, comunichiamo tra noi le esperienze fatte. La nostra gioia è grande. Incuriosisce, in tempi ed ore così tristi. Le nuove esaltanti esperienze evangeliche passano di bocca in bocca. Sono una piccola eco delle parole degli apostoli: Cristo è risorto. Qui si dice: Cristo è vivo!
Ecco come spiega, poi, il fatto di aver chiamato il suo movimento “Opera di Maria”, è questo infatti il nome ufficiale, benché noto ai più come “Movimento dei Focolari”: “Un giorno, in un rifugio antiaereo, sotto un violento bombardamento, bocconi a terra, coperta di polvere densa come l'aria, alzandomi, quasi miracolata, in mezzo alle urla dei presenti, calma e piena di pace, mentre ero in pericolo di vita, ho provato nell’anima un profondo dolore: quello di non poter più recitare l'Ave Maria. Allora, non avevo afferrato il senso di quelle parole. Più tardi, quando si andava formando il primo gruppo di focolarine, e si stava componendo quest'Opera, ho capito quel lamento. Forse era nei piani di Dio che una lode a lei fosse innalzata in quest'epoca: quest'Ave Maria doveva essere fatta di parole vive, di persone che, quasi altre piccole Maria, dessero al mondo l'Amore. Ecco perché, con l’istinto soprannaturale, abbiamo intitolato il movimento: 'Opera di Maria'. Più tardi abbiamo capito che quanto è accaduto per il nascente Movimento, in seguito, non poteva essere stato senza il suo influsso, senza la sua presenza seppure nascosta. Infatti, il nuovo stile di vita, la 'spiritualità dell’unità', i cui cardini lo Spirito Santo andava scolpendo nei nostri cuori a caratteri di fuoco, ci è apparsa quasi latte di Maria che nutriva le nostre anime; perché quelle verità, colte dal Vangelo e da noi vissute: Dio Amore, la volontà di Dio, la Parola, l’amore al prossimo, Gesù crocifisso e abbandonato, l’unità, inanellate l'una nell'altra ci avrebbero dato la possibilità, attraverso l’amore reciproco, di "generare" – così si è espresso Paolo VI – Gesù fra noi: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome - nel mio amore, spiegano i padri - io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Gesù spiritualmente presente fra noi! Lo stesso Gesù che fisicamente ha avuto vita da Maria.
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Le parole di Chiara sono sempre così illuminate ed illuminanti che vorrei potervi intrattenere ulteriormente purtroppo lo spazio di un articolo non lo consente. A quanti volessero approfondire l’argomento consiglio, tra gli altri:
- il volume di Enzo Maria Fondi e Michele Zanzucchi dal titolo “Un popolo nato dal Vangelo. Chiara Lubich e i Focolari”, della collana “Attualità e storia” delle Edizioni San Paolo;
- il volume dello studioso Michel Vandeleene per Mondatori dal titolo “Chiara Lubich, la dottrina spirituale”, contenente scritti dalle origini fino ai giorni nostri e comprensivo di due saggi teologici di Piero Coda e Jesus Castellano;
- il volume di Chiara Lubich ed Igino Giordani “Erano i tempi di guerra… agli albori dell’ideale dell’unità”, edito da Città Nuova con la presentazione del Card. Tarcisio Bertone.
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Termino riportandovi un altro scritto, dal titolo “Il mio Testamento” e datato 25 dicembre 1973:
Se oggi dovessi lasciare questa Terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi, sicura d’esser capita nel senso più esatto: «Siate una famiglia».
Vi sono fra voi coloro che soffrono per prove spirituali o morali? Comprendeteli come e più di una madre, illuminateli con la parola o con l’esempio. Non lasciate mancar loro, anzi accrescete attorno ad essi, il calore della famiglia.
Vi sono tra voi coloro che soffrono fisicamente? Siano i fratelli prediletti. Patite con loro. Cercate di comprendere fino in fondo i loro dolori. Fateli
partecipi dei frutti della vostra vita apostolica affinché sappiano che essi più che altri vi hanno contribuito.
Vi sono coloro che muoiono? Immaginate di essere voi al loro posto e fate quanto desiderereste fosse fatto a voi fino all’ultimo istante.
C’è qualcuno che gode per una conquista o per un qualsiasi motivo? Godete con lui, per ché la sua consolazione non sia contristata e l’animo non si chiuda, ma la gioia sia di tutti.
C’è qualcuno che parte? Lasciatelo andare non senza avergli riempito il cuore di una sola eredità: il senso della famiglia, perché lo porti dov’è destinato.
Non anteponete mai qualsiasi attività di qualsiasi genere, né spirituale, né apostolica, allo spirito di famiglia con quei fratelli con i quali vivete.
E dove andate per portare l’ideale di Cristo… niente farete di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma decisione, lo spirito di famiglia. Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia... è, insomma, la carità vera, completa.
Insomma, se io dovessi partire da voi, in pratica lascerei che Gesù in me vi ripetesse: «Amatevi a vicenda... affinché tutti siano uno».
Molto bello questo che scrivi, anche perchè hai potuto conoscere questa persona eccezionale di persona! Grazie.
(Roberto Marchioro)