Lo scorso 31 gennaio abbiamo festeggiato don Bosco e, come salesiano, provo la gioia di comunicarvi alcuni dei sentimenti vissuti in quel giorno.
Con il cuore sono andato agli oratori che portano il nome del Santo, a tutti gli oratori dedicati ad altri santi e ai tanti giovani che in essi trovano uno spazio di amicizia, dove fare esperienze forti di gioco, di allegria, di Chiesa, di Gesù Cristo. Mi sono sentito vicino ai giovani preti, che vivono i primi anni di vita pastorale in oratorio, sui campi da gioco, nella vita di gruppo e di associazione, con risultati a volte aridi, in zone di periferia o in ambienti, dove i ragazzi e i giovani sono distratti dalle luci del consumismo.
Come non essere solidali con loro, come non sostenerli, là dove ancora ci sono? Se fossi eletto presidente della Provincia o della Regione - non voglio esagerare nei miei sogni - darei una benemerenza, un cavalierato, una commenda a tutti coloro che lavorano in oratorio così come la darei a tutti gli sposi, che hanno avuto il coraggio di mettere al mondo dei figli e la pazienza di accompagnarli nella loro crescita.
Parte consistente del bilancio la investirei nella scuola, negli oratori, nelle associazioni e movimenti, che hanno seri progetti di formazione. Nella mia esperienza in terra reggiana, all’oratorio godevo di un forte finanziamento del Comune per le attività educative che svolgeva a favore dei ragazzi poveri, in difficoltà: era un contributo che mi permetteva di assumere a tempo pieno 7 educatori professionali!
La festa di don Bosco, per noi adulti, è quindi un richiamo forte all’educare per rispondere all’emergenza giovani, che molti lamentano. Educare come don Bosco vuol dire impegnare il proprio cuore, perché i rapporti veri nascono attraverso il linguaggio del cuore; significa usare la ragione, per motivare, dialogare, ricercare insieme le giuste dritte per vivere tra la gente, orientare la propria vita, capire il senso delle norme per tradurle nelle scelte del quotidiano; educare come don Bosco è educare come “Dio educa il suo popolo”.
Bellissima quella lettera del Cardinal Martini, ripresa poi in “Itinerari educativi” e in “Educare ancora?”. Forti i richiami del nostro Cardinale Dionigi, che più volte ha sottolineato l’importanza degli oratori e ha assegnato alle famiglie il compito di sostenerli e di educare alla fede.
E’ l’amore educativo di don Bosco da ritrovare, sempre attuale, affondando le sue radici nel Vangelo. E’ la bontà e l’amorevolezza di chi sa accogliere, senza giudicare; perdonare, senza condannare; incoraggiare, senza perdere la speranza; proporre itinerari forti, rendendo protagonisti i giovani, aiutandoli a sentirsi utili, a dare senso alla propria vita, incontrando l’Amore di Dio.
Il Papa Benedetto ci ricorda infine che “educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile…E’ forte certamente, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e, in genere, tra gli educatori, la tentazione di rinunciare… Non temete! Tutte queste difficoltà non sono insormontabili”, invitandoci a scoprire la speranza: “l’anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile. Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di diventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini senza speranza e senza Dio in questo mondo come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef. 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa, alla radice della quale c’è infatti una crisi di fiducia nella vita”.