Giovanni Maria Vian, forse, non poteva fare altro che il direttore dell’Osservatore Romano. Docente alla Sapienza di Roma, collaborava già dal 1977 col quotidiano della Santa Sede. Salito all’incontro annuale tra il vescovo e la stampa reggiana, in occasione della Festa di San Francesco di Sales, con candore dice ‘mio padre scriveva per questo giornale e pure mio nonno…’.
Svolge bene il nuovo ruolo, ricevuto dall’ottobre 2007. C’è da rimanere incantati a sentirlo raccontare, senza nulla di preparato, della comunicazione nella storia bimillenaria della Chiesa. Tempo concesso poco meno di quaranta minuti, scanditi dal suo orologio a cipolla.
Racconta di una Chiesa che è ben attenta a impiegare i diversi canali di comunicazione. Lo è nei primi edifici di culto affrescati, ai tempi di papa Leone Magno e papa Gregorio Magno, con scene e citazioni bibliche, lo è nelle prediche di Sant’Ambrogio, per le quali si scomodò anche Sant’Agostino, lo è la stampa dei volantini di divulgazione del messaggio cristiano di San Francesco di Sales o nella sua straordinaria corrispondenza con Giovanna di Chantal, lo è con la prima stampa a caratteri mobili dei testi religiosi, lo è con l’incarico - nel 1931 - di Pio XI a Guglielmo Marconi per attrezzare nell’etere la prima radio vaticana e fare ascoltare il messaggio del papa in tutte le nazioni, lo è con Paolo VI che, figlio di un giornalista, fu il primo papa a concedersi in intervista a un quotidiano, lo è con gli ultimi due papi così diversi eppure comunicatori.
Non si sottrae, Giovanni Maria Vian, al dibattito. Porta con orgoglio la scelta di dedicare, nelle otto pagine dell’Osservatore Romano, due pagine alla cronaca del mondo, Italia compresa. Racconta della sua “libertà dall’editore”, la Segreteria di Stato Vaticana che, mai, ha censurato un pezzo. Rivendica il formato ‘antico’ dell’Osservatore, non certo tabloid, dovendo raccontare una ricchezza di 146 anni di storia. La sua giornata tipo in redazione, si potrebbe scherzare, ha orari ‘infernali’: arrivo in ufficio alle sette del mattino. Rientro a casa alle nove di sera, spesso per cene di lavoro, e mai a letto prima di mezzanotte. “Non ho tempo per guardare la televisione, rispondere alle mail e ai tanti biglietti di felicitazioni che mi sono arrivati dal mio insediamento: ma rispondo al telefono e ho la porta sempre aperta”.
“Ci vogliono ancoraggi etici forti – risponde a una domanda – per far fronte al diffondersi di episodi di cronaca che diventano veri e propri eventi mediatici (Cogne, Garlasco, Perugia). E’ in gioco la libertà” dice e “i media non devono diventare megafoni del materialismo”.
Un accenno alla situazione politica: “La Cei non si sognata minimamente di affondare Prodi. Non è vero. Il governo è caduto per problemi interni”.
E a Redacon e Tuttomontagna che chiedono come si può applicare laicamente il messaggio cristiano nell’indipendenza del giornalismo… “basta fare affidamento alle recenti parole di papa Benedetto XVI quando parla laicamente dei valori, delle opportunità e dei rischi dei media nella ricerca – propria di ogni giornalista - della verità attraverso l’uso della ragione”.
“La verità è amica della ragione – gli fa eco il vescovo Adriano Caprioli -. E la ragione è il terreno sul quale ci possiamo confrontare meglio”.
Nell’omelia nella messa più tardi il vescovo dice: “La Chiesa non può evitare che l’opinione pubblica si interessi di cose sociali. Anzi, tra la Chiesa e l’opinione pubblica l’incontro è possibile proprio dove la gente vive. E voi giornalisti siete chiamati a uscire dal tempio e ad andare dove la gente lavora, soffre, ama. Così come c’è bisogno di una Chiesa viva”.
Fa piacere – non lo nascondiamo, anzi ne siamo grati – il grazie di sua eccellenza: “agli operatori della comunicazione sociale qui presenti, tra i quali La Libertà, Radio Pace, Tuttomontagna e Radionova”.
Una curiosità. Provate a chiedervi come il solerte don Emilio Landini, responsabile comunicazioni sociali della diocesi di Reggio e Guastalla, è riuscito a fare convenire a Reggio, per la prima volta nella storia di questa prestigiosa ricorrenza, il direttore del quotidiano cristiano più famoso nel mondo. Semplicemente alzando il telefono e chiedendo al centralino del Vaticano di potere parlare col direttore dell’Osservatore. “Se avesse scomodato qualche Cardinale – spiega Vian – non ci sarebbe riuscito”.
(Notizie)
Grazie per il prestigioso incontro
Sento di dovere un pubblico e sentito GRAZIE a don Emilio Landini, responsabile diocesano per le comunicazioni sociali, per il prestigioso incontro che ha saputo offrire, nel seminario della città, a giornalisti, a noi pubblicisti e a tutti coloro che a Reggio Emilia, in pianura ma anche e soprattutto nella “nostra montagna”, si occupano di comunicazione.
Ascoltare le parole di Giovanni Maria Vian, docente alla Sapienza di Roma e ora direttore dell’Osservatore Romano, è stato veramente molto qualificante ed esaltante per chi “cerca di scrivere e comunicare”, testimoniando oggi… in questo incerto tempo… cultura e fede.
(u.m.)