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Giulio Fantuzzi primo coordinatore provinciale del Partito Democratico

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E' stato eletto oggi il primo coordinatore provinciale del Partito Democratico di Reggio Emilia. Si tratta di Giulio Fantuzzi che ha pronunciato il discorso programmatico che si allega di seguito.

Tutti insieme prosperosamente

1. Davvero bello che una tappa non secondaria della costruzione del Partito nuovo in terra reggiana coincida con la festa del patrono cittadino.
Del vescovo Prospero si narra, com’è noto, che, invocando Dio, fece scendere una fitta nebbia attorno alla città e la rese invisibile ai barbari qui giunti per devastare e violentare.
Al di là dell’effettività dell’accadimento, resta che la missione evangelizzatrice di Prospero seppe offrire alla gente di Reggio protezione, cura, amorevolezza.
Gli storici locali confermano: quando e dove si è manifestata la deriva delle fazioni all’interno della città e nelle comunità del contado, Prospero è la figura che crea unione e che riconcilia, proponendosi come elemento di sintesi dinamica e positiva.
Mi auguro che il Partito Democratico sappia offrire alla gente di Reggio protezione, cura, amorevolezza. Che sappia proporsi come forza di sintesi dinamica e positiva contro la deriva delle fazioni e dei particolarismi.
Nessuna aspirazione alla santità. Ci mancherebbe. Solo il senso di una missione che 61.907 reggiani, il 14 ottobre ci hanno affidato.
Grazie, grazie, grazie della fiducia. Da oggi sta a noi saperla mettere a frutto. Avanti. Care delegate e cari delegati. Tutti insieme. Tutti insieme prosperosamente.

Clemenza

2. Non mi candido a cuor leggero. So di scontare difettucci quanto basta. Avverto l’altezza della sfida. Credo proprio che avrò bisogno di una buona dose di premeditata clemenza. Costruire un Partito nuovo non è impresa da poco. E siamo ancora circondati da stranezze a go-go. Abbiamo un leader e non uno statuto. Abbiamo fatto un bagno di insuperabile democrazia diretta, ma abbiamo già sperimentato un quid di disagio per alcuni dispositivi da monarchia. Predichiamo il verbo del percorso che nasce dal basso, ma il convoglio del federalismo è ancora fermo in stazione a Bologna. Gustiamo il buon sapore della mescolanza tra promoter democratici di diversa provenienza, eppure ci barcameniamo tra le ingenuità del nuovo e gli ingombri della tradizione.
Ecco le contraddizioni che si aprono in questa valle dell’inedito che stiamo attraversando.
Insisto. Clemenza. Siamo pellegrini in cammino, per riprendere la felice espressione di Romano Prodi. Sia chiaro però: ne valeva e ne vale la pena. Nessuna nostalgia del buon tempo perduto. Abbiamo al nostro fianco tre milioni e mezzo di portatori di disinteresse, che chiedono alla politica di ridare speranza, di rigenerare fiducia. Che le chiedono di diventare friendly, comprensibile, appetibile. Guai se ci ritraiamo. Adesso viene il bello. Al fascino del nuovo credo che a Reggio non si possa resistere.

Agorà, agorà

3. Nel dispositivo della settimana mi pare che si ponga rimedio al vulnus di legittimazione che caratterizza, qui ed ora, l’elezione del coordinatore provinciale e sul quale avevamo tutti noi eletti reggiani convenuto. A febbraio, dunque, ci ritroveremo in una ben più ampia compagnia, rappresentativa del territorio, dei circoli, designata con un “rappel” di popolo e si nominerà il segretario provinciale che si dovrà e come si dovrà. Se questo è il traguardo temporale per il mandato che oggi vi chiedo, è chiaro che il mio intento programmatico non potrà essere molto ambizioso. Detto che programmo di santificare le feste … visto il periodo, forse non resta tanto altro da aggiungere.
Non facciamoci prendere però da una esaperata ossessione della provvisorietà. Insomma: non sconfortiamo gli adepti proprio ai nastri di partenza della nuova avventura!
Non io, non fraintendetemi, ma noi, siamo qua per durare un bel po’. O no? Vogliamo o no dar vita al Partito nuovo del secolo?
Allora la cura per i primi passi dovrà essere attenta, meticolosa. L’incipit non deve deludere.
Primarie, primarie. Semel in anno licet … praticare. Ma esagerare non conviene. Va a finire che il popolo si stanca e non risponde più al “rappel”.
Io dico che la “primaria” legittimazione del Partito Democratico reggiano starà di qui in avanti in quel che diciamo e in quel che facciamo. Poche balle. Stiamo rischiando di finire nel limbo di un’assenza prolungata dall’incedere quotidiano della politica reggiana. Rischiamo assuefazione all’afasia. Non si vive di sola democrazia interna. Viva l’esternalità. Agorà, agorà. Non vorrei che la piazza anche a Reggio riverberasse solo l’eco dell’antipolitica di grillanti che vedono la casta dappertutto, o del populismo brandito dal predellino di una grossa cilindrata, o delle parole d’ordine di una radicalità estrema che fa a pugni con la sobria e illuminata tradizione del riformismo e del solidarismo di questa terra. Avanti Partito Democratico: “take the floor” per dirla all’americana. Prendi la parola, tieni banco, stai sul pezzo.

Che dire?

4. Cose da dire ce n’è in abbondanza. Ma non sarei per il “chi più ne ha più ne metta”. Rischieremmo di essere ingolfati e di alimentare quel brusìo diffuso che non giova alla buona politica. Profilo politico alto. Non smaniamo per onnipresenza. In questa città ci sono in tanti meritevoli e capaci, che fanno bene il loro mestiere. Noi non vogliamo rubarlo a nessuno. La ricchezza di Reggio sta nel mondo del lavoro, del volontariato, dell’impresa, della pubblica amministrazione. Vogliamo dialogare con loro, offrire stimoli. Dare una mano. Sentirci parte di uno sforzo collettivo per disegnare il futuro, per forgiare progetti convincenti. Preservare un clima favorevole a consolidare, a far fruttare questa ricchezza reggiana. Questo è il nostro approccio. La parola d’ordine dei democratici è innovazione. E mi pare che sulla scena nazionale ne stiamo offrendo una buona declinazione. A Reggio non siamo all’anno zero. Nei mondi che ho citato l’innovazione è già di casa. Il buongoverno degli Enti locali reggiani ha prodotto stabilità, non staticità. Anzi. Siamo nel vivo di una dinamica demografica, economica, sociale direi impressionante. Attenti al trend. Un trend che mette a dura prova la nostra capacità di governo. I Forum del Partito Democratico andranno ripresi e alimentati a dovere. Con competenze nuove, con passione rinnovata. Dobbiamo pensare globalmente ed elaborare localmente. Penso ai temi della sostenibilità ambientale, della sicurezza, del lavoro, della conoscenza, dei giovani.
E così, per inciso, ho già abbozzato la metà dell’esecutivo da cui vorrei essere affiancato fin dalle prossime settimane.
Le rendite di posizione dell’antica ideologia sono svanite da un po’. Vale per tutti. Reggio non fa eccezione. Sorgono sfide nuove come funghi. Vjosa e la violenza sulle donne in casa e fuori, non solo e tanto d’importazione. O il senso cinico che prevale, magnificato dall’idolatria del tanto me ne frego. O la rimozione delle diversità che sta nell’“o con noi o contro di noi”. O la irrisione per il merito, per chi tira la carretta senza pretendere la luna. Ciò che Enzo Bianchi vede come piccoli passi verso la barbarie o che Umberto Galimberti ritrova in quell’ospite inquietante del nichilismo che ronza attorno ai giovani. Nella bruciante attualità di queste sfide l’innovazione “democrat” deve portare davvero idee nuove, il valore aggiunto della freschezza. Riusciremo? Proviamoci. Certo, per dirla alla garibaldina, qui si fa il Partito o si muore.

Bei soggetti

5. Se il cittadino elettore attivo è il nuovo soggetto protagonista della nostra vasta costituency democratica, gli eletti non sono soggetti di serie B. In primis voi 95 costituenti, da oggi. Ma non di meno gli eletti del 2004, 2005 e 2006. Cioè quei soggetti che nelle file dell’Ulivo, sotto le dimenticate spoglie di due altre essenze botaniche come la Margherita e la Quercia, sono approdati ai banchi del Consiglio provinciale, dei Consigli comunali, della Regione Emilia-Romagna, del Parlamento.
Sono dei bei soggetti, non ho alcun dubbio. Riconfermo loro tutta la mia stima. Sonia, Graziano, Laura, Lino, Marco, Gianluca, Leana, Pierluigi, Maino. E a tutti gli altri eletti che non ho citato solo per ragioni di tempo. Un grazie particolare ai due capigruppo del Partito Democratico in Comune e in Provincia Luca Vecchi e Alberto Ovi, i più freschi di nomina in ruoli nuovi di grande significato, dove abbiamo voluto e saputo giocare d’anticipo sul dispositivo di Milano. Ecco, cari bei soggetti. Guardate che il Partito Democratico è cosa vostra. Forse svendo già troppo a buon mercato l’importanza del ruolo per cui mi propongo … ma sappiate che i democratici reggiani guardano prima di tutto a voi. Il messaggio di questo nostro nuovo partito è prima di tutto ciò che fate e dite voi con il vostro alto e impegnativo ruolo istituzionale. Nel nostro nuovo logo resta un ramoscello d’ulivo. Ma le altre essenze botaniche originarie da oggi non ci sono più. Sono rendite di protezione che decadono. Dateci del lavoro. Chiamateci. Gli eletti di oggi faranno altrettanto con voi. Diciamocela tutta, con lealtà, ma anche senza troppi complimenti. Gareggiamo nel disturbarci a vicenda. Garibaldi porterà pazienza, ma lo ripeto: così qui si fa il Partito o si muore.

Il Partito della prateria

6. Che il Partito Democratico faccia bene all’Italia lo si è già visto. Da Milano in qua sembra cambiato il mondo. La porta della speranza citata da Veltroni nel suo discorso di insediamento si è aperta davvero. Di colpo. E ha travolto chi stava dall’altra parte provocando ben altro che la temuta lussazione alla spalla. E’ tutto lo scheletro della Casa delle Libertà ad essere andato in frantumi. Non è il caso di perder la testa per l’euforia del momento. Però gli effetti sono già stati benefici per il Governo e per la governabilità dell’Italia. Il nuovo riformismo è all’opera. Si è messo in moto il sistema. A Reggio il Partito Democratico non vuol provocare sfracelli di sorta. Sparigliare per il gusto di sparigliare non sarà il nostro sport preferito. Pagano sempre, io credo, la coerenza, il senso della responsabilità, che ci derivano anche dai numeri di cui meritatamente disponiamo e che ci consentono, tra l’altro, di pensare al panettone senza particolari patemi. Le maggioranze con le quali ci siamo presentati agli elettori in terra reggiana non hanno bisogno di terremoti. Hanno bisogno di lealtà e di fermezza negli assunti e negli atteggiamenti. Certe scosse di assestamento il Partito Democratico del resto le ha subite lui già prima di nascere. In qualche passaggio abbiamo sentito tra gli alleati la fobia dei numeri del Partito Democratico, come se la sola ipotesi di disporre di numeri autosufficienti in Sala del Tricolore, facesse tramontare le ragioni di un’intesa il cui legante, per noi, non è mai stato il ricatto numerico di una parte sul tutto. Come si traduce allora la vocazione maggioritaria del Partito Democratico in salsa reggiana? Vuol dire parlare direttamente alla città, alla gente della nostra provincia e muoversi a testa alta, con lealtà verso tutta la maggioranza di cui siamo nucleo portante, ma con altrettanta inossidabile fermezza. Prima di tutto programmatica. Vogliamo condividere con l’Unione lo sforzo elaborativo cui intendiamo attrezzarci chiarendo bene prima di tutto quello che al tavolo vogliamo portare noi. Il 2009 è qui che viene e non si dovrà approcciarlo con un collage dell’ultima ora. Poi comportamentale. Ci si confronta, si discute, poi si decide. Senza doppiezze e distinguo postumi. E senza confusione di ruoli. La gente ci giudicherà dai fatti. Compagni di Cosa rossa, amici di Cosa bianca: tanti auguri sinceri. Con voi intendiamo collaborare e capirci con ancor più convinzione. Ma non intendiamo limitare preventivamente la nostra libertà d’iniziativa politica, consegnandovi delle esclusive riserve “off limits” per noi. Che siano i temi del lavoro e del Sindacato da una parte o della famiglia e del solidarismo cattolico dall’altra. “We care”. Ci interessano. Tutte e due e quant’altro. Sarà perché c’è un pizzico di America nel nostro DNA, ma il Partito democratico vuole essere il partito della prateria.

Ma anche …

7. “Homo novus” non lo sono. Lo so. Avverto su di me un po’ l’imbarazzo della scelta. Attenuanti generiche ce ne sono, come quella di non essere stato sempre su piazza. O come quella di sentirmi ancora biologicamente ben propenso all’innovazione. Poi Veltroni mi ha dato pubblicamente del simpatico. Ma tant’è. Palliativi. L’anagrafe frega. Spero solo che la maggioranza di voi non mi viva, nel segreto della scheda, come il “quel che passa la nomenclatura”, l’inevitabile ripiego da sopportare con rassegnazione. Ce la metterò tutta a prescindere. Che partiamo bene mi interessa non meno che a voi. A chi ha in questi giorni invocato la discontinuità come valore a prescindere, dico, capisco ma non mi adeguo. Accomodiamoci prego. A Reggio ci sono state e ci sono tante discontinuità: donne da tempo con responsabilità di primissimo piano, associazioni uliviste non teleguidate, amministratori nuovi e giovani, turn over politici di rilievo nel nome della mescolanza delle famose essenze botaniche, metodo delle primarie concepito e praticato in casa senza l’aiuto di alcun dispositivo.
Insomma, pur con l’otre vecchio a disposizione, un po’ di vino nuovo qui a Reggio si è assaggiato e gustato. Essere qui, oggi, ossessionati dal nuovismo del messaggio che sta solo nel profilo del coordinatore-traghettatore a tempo determinato, non mi pare generoso verso noi stessi, verso tutti quei preliminari che ci hanno portato a questo appuntamento. E che non sono da buttare, ma da valorizzare. Presterò il fianco all’ironia pungente di Crozza per l’abbinamento delle due famose congiunzioni, ma lo dico lo stesso: discontinuità, “ma anche” continuità!

Unità è libertà

8. Esserci mi fa piacere. Mi fa piacere vivere in prima persona il sapore della nuova mescolanza tra di noi e con tutti gli altri che verranno con noi. Qui sì, dobbiamo sparigliare le antiche appartenenze e sub-appartenenze. Ecco. Non sarebbe il massimo se sostituissimo quelle vecchie con quelle nuove: veltroniani uno, veltroniani due, bindiani, lettiani, caronniani, costiani, laforgiani e via dicendo. Orribili anche a pronunciarsi. Il vino nuovo darà il meglio di sé se sapremo farlo maturare in un unico grande otre nuovo, non in tanti piccoli separati. Unità, semplicità e onestà, ha detto Prodi a Milano. Siamo in grado di spenderci onestamente e semplicemente per l’unità reggiana di tutti i democratici, da oggi in poi? Mi piacerebbe sentire un “lo giuro” collettivo. Non è impossibile. Una testa, un voto. Ok. Ma la premessa è: una testa, un pensiero. Niente più ambasciatori del pensiero collettivo. Per quanto mi riguarda, un tale ambasciator porterà pena. L’imbarazzo di cui parlavo, mi porterà a cercare di dar vita a una squadra con un buon tasso di novità, diciamo … ben sparigliata. E, naturalmente, ispirata a quel criterio di parità di genere che fa parte, mutuando il linguaggio europeo, del nostro rivoluzionario “acquis communautaire”. Promesse esagerate no. Non ho già l’organigramma confezionato. L’impegno e la convinzione che sia giusto valorizzare le esperienze, le competenze, le novità che si sono già viste in azione, con un criterio fortemente meritocratico mi sento però di spenderli già oggi. Aprendo a tutte le provenienze e magari non solo. Un segnale in tal senso è anche la presidenza di questa assemblea, cui proporrò, come ho già anticipato ieri l’altra sera, un nome nel segno della condivisione. Guardate che la nostra unità interna non è un effimero pro-forma. E’ il modus vivendi che ci consente di assumerci qualche responsabilità reggiana in più nel contesto regionale e nazionale. A me fare il notaio non piace granchè. In un Partito che si definisce federalista, prenderci qualche saggia autonomia non è bestemmiare in sagrestia. Lo possiamo fare meglio se siamo uniti davvero tra di noi. Più unità, più liberta. Il che non guasta affatto.

Solido e fluido

9. Avremo presto una nuova sede per il Partito Democratico. Discontinuità oblige. Va di moda il loft. A me piace l’open space della nostra mente rinnovata, del nostro stare insieme. Per i muri si vedrà di fare al meglio. A Reggio ci dev’essere un Partito reperibile, fatto di luoghi dove ci si vede, ci si guarda negli occhi. Non ho il mito delle tessere, delle sezioni, degli antichi riti per i soliti noti. Però non vorrei nemmeno cadere nel mito della virtualità. Tra il liquido e il solido, guai se ci restasse solo il gassoso. L’etere non è tutto. Come dice Pierluigi Bersani, credo che sarà bene strutturarci per essere ben radicati sul territorio. Insomma: un Partito in servizio permanente effettivo. Credo che dovremo spingere perché la carta dello Statuto canti al più presto, perché il Manifesto e le sue idee siano profonde, perché si alimentino bene i ruoli degli aderenti, dei partecipanti e dei cittadini elettori alla vita del Partito. Il Congresso mi pare l’occasione per dare l’ossatura durevole, la costituzione formale e materiale al Partito nuovo. Ineludibile e certo. Non mi schioderei da questa posizione. Vorrei un Partito solido dove gli aderenti ci conferiscono l’autonomia finanziaria necessaria per dare gambe alle nostre idee, dove si fanno feste più belle e più superbe che pria, dove si affida il messaggio della buona politica ai tanti volontari che lavorano con umiltà e spirito di servizio nei tanti ambiti dove il Partito può rivelare la sua presenza. Non c’è tempo da perdere. Gambe in spalla a partire dalla prossima settimana. Con le pre-adesioni e la costruzione del Partito sul territorio. L’occasione per cominciare a liberare il fluido vitale delle primarie e a parlare delle cose che interessano alla gente. Solidità, “ma anche” fluidità. Sorrida pure, signor Crozza.

Storie che si ritrovano

10. Stop, cari costituenti. Ho abusato fin troppo della vostra pazienza. Solo un saluto a tutti quelli che hanno lavorato con me nel vecchio Partito dei DS. Abbiamo combattuto la buona battaglia, adesso abbiamo terminato la nostra corsa. Malgrado la canzone di De Gregori, la storia non siamo noi. Ma comunque ne conserviamo un bel pezzetto e lo sapremo mettere a disposizione di tutti. Un saluto agli amici che hanno militato e lavorato nel Partito della Margherita. Anche lì c’è un bel pezzetto di storia. Sono storie che si incrociano, perché c’è chi, nel tempo, nei momenti topici ha saputo intendersi, per il bene dell’Italia. Prima di noi costituenti a Reggio ce ne furono altri, come Nilde Iotti ed Ermanno Dossetti. Resistenza, Repubblica, Costituzione: ecco il pantheon dei democratici di questa terra. Bello che le nostre storie, compagne e compagni, amiche e amici, si ritrovino in un nuovo momento topico per la democrazia italiana.
Un saluto affettuoso a Giammaria Manghi, un bravo coordinatore, pro-tempore come dice lui. E’ il primo firmatario della mia candidatura e mi fa molto piacere. Significa che continueremo, sempre pro-tempore ovviamente, a lavorare fianco a fianco nel traghetto appena salpato. Cosa da me auspicata, perché, spero proprio, servirà a consolidare quel clima sereno e proficuo che a Reggio fin qui, bene o male, si è respirato.
Un saluto affettuoso a tutti gli altri. A chi viene da altre storie o da altri Partiti comunque importanti e di nobili tradizioni. A chi ha fondato e partecipato a movimenti, associazioni che nell’Ulivo da tempo hanno creduto e perseverato. Ai senza Partito. Ai semplici militanti della loro coscienza, del loro spirito libero.
Le vie del Partito Democratico sono infinite.
Inizia una nuova avventura.
Auguri. E che San Prospero ci porti fortuna.