All’incontro col vescovo Adriano, ieri sera al foyer del teatro Bismantova di Castelnovo ne’ Monti, erano presenti rappresentanti e singoli operatori del mondo economico montano. Si è trattato di un anticipo sulla visita ufficiale al vicariato iniziata poi questa mattina. Al tavolo dei relatori erano presenti anche l’arciprete di Castelnovo ne’ Monti don Geli Margini e Pietro Ferrari, presidente della nostra Cooperativa Novanta, che ha ricoperto la funzione di moderatore, introducendo l'argomento con un po’ di cronistoria dei più importanti lavori e realizzazioni posti in essere in Appennino da qualche anno (quando si è svolto il Convegno ecclesiale della montagna) a questa parte.
Ha iniziato la serie degli interventi Piero Ferrari, secondo cui “molte aziende sono rimaste sul nostro territorio più per ‘cuore’ che per convenienza economica. La viabilità è in ritardo. Prospettive? In realtà c’è poca speranza per il futuro: difficile crescere per le aziende che anche lo vorrebbero fare. E l’interrogativo è sempre quello: trasferirsi o ridimensionarsi”.
Il vescovo Caprioli ha commentato: “Ho inteso compiere la visita pastorale in inverno, e nei giorni feriali, per vedere la montagna ‘al naturale’. ‘La montagna va avanti se sta insieme’: questa frase (pronunciata da Piero Ferrari, ndr) mi ha colpito, credo sia proprio così”. Dice di osservare un’inversione di tendenza. “Se negli anni ‘60 il mito era la città, dopo il 2000 ho visto qualche segno in controtendenza: diverse famiglie giovani sono tornate”. Propone un’immagine: “In montagna per natura il terreno frana e lo si ferma piantando alberi; ecco, le coppie giovani fanno proprio questo”. A chi il compito di ridare speranza alla montagna? “Alla fine questa responsabilità ricade, in prima battuta, sui montanari stessi”. Sul ruolo dei cristiani nell’ambito sociale e politico: “E’ un segno negativo il venir meno delle scuole di formazione all’impegno per l’amministrazione del bene comune”.
Vittorio Ruffini è intervenuto per sottolineare la “gravità della situazione economica montana, con lo spopolamento che crea difficoltà anche sul piano dei rapporti sociali. C’è poi il problema dell’occupazione per i giovani”. E poi il tasto della viabilità: "Si continua a discutere su cose di cui si parla da 40 anni”. “Occorre ricreare uno spirito e un’anima dei montanari”. Parla della situazione del santuario della Pietra di Bismantova.
Il problema del tempo (soprattutto dei lavoratori nel commercio) è il tema sollevato da Andrea Azzolini. “Vi è questa necessità per i commercianti: di dedicare più tempo a se stessi e alle loro famiglie. Non è facile, con le nuove sfide che ci si parano davanti (apertura dei negozi nelle feste, ecc… ), conciliare i tempi del lavoro, del riposo, del tempo libero”. “Vivere in montagna non sarà da eroi, ma è sicuramente roba per gente tosta”.
Da una sollecitazione di Ruffini: “La spiritualità passa anche attraverso il patrimonio religioso storico-artistico? – si è chiesto il vescovo Caprioli – Io credo che esso dovrebbe rimanere nei luoghi di origine, certo; ma il museo diocesano serve per custodisce e riparare. Lancio qui (è un’anticipazione) l’idea del museo 'mobile', che potrebbe rappresentare una soluzione alla richiesta delle comunità locali di non perdere le loro vestigia ed i loro oggetti di devozione”.
Ha proseguito, riferendosi ad Azzolini: “Il tempo è diventato effettivamente un elemento più cruciale dello spazio. Se quest’ultimo si è (anche virtualmente) esteso a dismisura, il tempo necessario per percorrere questi ulteriori spazi viene a mancare. Il tempo manca non tanto a chi produce ma a chi è impegnato nel commercio.. Il tempo dato alla famiglia non è tempo sottratto alla stessa ma tempo ad essa dedicato. Se questo non accade ecco presentarsi i problemi del dialogo difficile e dei genitori che sono sempre gli ultimi a sapere cosa fanno i figli. Almeno una giornata alla settimana andrebbe salvaguardata per stare insieme (e per chi crede anche per partecipare alla messa)”. Aggiunge: “Mi chiedo: è un problema solo della Chiesa quello di salvare il tempo della famiglia?”. La risposta implicita pare proprio un sonoro no: “Chiesa sono anche molti di quelli che operano nelle istituzioni”. E chi vuol capire capisca.
Ermanno Tognetti (della cooperativa “Il Villaggio” di Casina) ha sostenuto che “la forma cooperativa è un sistema congeniale al nostro territorio, dato che essa mette insieme le persone e cerca anche di ‘inventare’ attività”. “Le nostre coop, quasi tutte piccole, hanno un forte legame col territorio, e questo è un dato che (pensiamo al fenomeno del pendolarismo), permette di migliorare le condizioni di vita degli associati”. Tognetti sottolinea anche il dato della maggiore responsabilizzazione che si assumono i singoli, che così possono anche vedere con più facilità un loro percorso realizzativo”. “I dati positivi che ho cercato di mettere in rilievo certo non annullano quelli negativi già ricordati in altri interventi”. Chiude affermando che “occorre anche una volontà politica che sostenga gli sforzi”,
Laura Sala Capanni ha insistito invece sul fatto che, pur dando atto delle difficoltà, “i giovani devono prendersi le loro responsabilità e darsi da fare. Non è possibile pensare di andare a fare tutti i ‘comunali’; mancano professioni che si imparano col tempo ma che alla media distanza danno una professionalità importante e grandi soddisfazioni: tornitori, installatori, ecc… qui da noi non ci sono quasi più”. Ancora: “Spesso, quando un giovane viene in azienda a cercare lavoro, la prima cosa che chiede è: quant’è lo stipendio?”. A ciascuno, poi, il suo: “Ai politici il compito di predisporre le infrastrutture; agli imprenditori di creare ricchezza e posti di lavoro”. Secondo la Sala, “le aziende, in montagna, sono forgiate da oggettive difficoltà; ma proprio per questo possono diventare più agguerrite e irrobustirsi". “Le cose bisogna volerle; e se si è determinati si riesce”. Parla di “protezionismo sui giovani”, che “invece devono imparare a progettarsi la vita e non aspettare”.
Il vescovo ha a questo punto proposto una sua lettura delle cooperative e delle imprese che si trovano in difficoltà. “Il problema è che le cooperative, legate al loro territorio, si trovano a far fronte alla globalizzazione nell’ambito di un contesto finanziario che ha tempi molto diversi (cioè estremamente più rapidi) di quelli della produzione. Il ‘nodo finanziario’, dunque. I giovani devono ripensare il fenomeno cooperativo in un contesto decisamente mutato; devono imparare a nuotare nelle responsabilità”. I giovani interessano alla società? “Certamente, sì, ma principalmente come consumatori”. E ricollega il fenomeno a quanto ascoltato poc’anzi a proposito della ricerca dell’entità del reddito come elemento in primo piano al momento di immettersi nel modo del lavoro. Inventare nuove professioni? “Bene, ma bisogna studiare e prepararsi”. Cita un proverbio giapponese: “Se vuoi progettare per un anno pianta del grano. Se vuoi progettare per dieci anni pianta una vigna. Ma se vuoi progettare per la vita educa le persone”.
Nardo Ferrarini: ha ricordato come a Felina le latterie si siano ridotte in pochi anni da sette a una. “Nel complesso a Felina si sta bene. Se poi devo giudicare dalla fatica che gli imprenditori agricoli fanno per trovare operatori… “. Ritorna il concetto: “La disoccupazione riguarda magari chi vuole lavorare in Comune o fare l’impiegato”. “Io ho lavoratori albanesi, moldavi, pachistani, indiani... Chi è che fra un po’ continuerà ad alzarsi alle 4 o alle 5 per andare nelle stalle?”.
Il pensiero di mons. Caprioli dietro quest’ultima sollecitazione si è soffermato su alcuni unti. Sull’urbanizzazione di certe zone della montagna, con frazioni rimaste un po’ abbandonate. Sull'incertezza del reddito agricolo. Tocca la questione dell’integrazione degli stranieri, cui si faceva riferimento nell’intervento di Ferrarini: “L’arrivo di stranieri pone anche problematiche sociali”. Si chiede cosa può fare la Chiesa per il mondo agricolo, e viceversa. “Il messaggio della Chiesa è che l’uomo è più del suo lavoro”. La centralità dell’uomo. Anche per il lavoro agricolo torna il tema della necessità di darsi un “tempo comunitario, di relazione”.
Ha chiuso don Geli: “Non sogniamo certo di essere la Chiesa che fa la politica nei piccoli paesi; piuttosto una Chiesa che porta una parola che aiuti. Serve più entusiasmo da trasmettere ai giovani”.