Bisogna inquietare gli spiriti, diceva don Mazzolari, seminando dubbi, voglia di ricerca, di affrontare il mistero della vita, delle persone! Ma oggi chi ha questa autorità di scuotere le coscienze e gli animi? Non certo coloro che abusano della parola, nascondendo o coprendo la verità, usandola in modo improprio, ambiguo, falso, neppure coloro che si servono della parola per offendere, sedurre o addormentare le intelligenze, mistificando chi della parola è vittima, conoscendone troppo poche.
In politica e nella vita pubblica, le parole si moltiplicano a dismisura, senza freni, creando con l’eccesso sfacciato della loro frequenza mass-mediatica, un abisso spaventoso tra quello che si dice e quello che si pensa realmente, vietando rapporti di dialogo! Diffidando gli uni degli altri, sorgono più mura che ponti. Nel mondo dello spettacolo, poi, con la scusa di tenere viva l’attenzione del pubblico, tutto è permesso, persino la volgarità, la bestemmia, l’offesa gratuita.
Da dove cominciare per porre termine a questa speculazione della parola? Sarà possibile ridurne l’abuso, la separazione tra parola e verità? Personalmente comincerei a dare il giusto significato alla parola, eliminando tutte quelle che alimentano la divisione.
La prima sarebbe la parola “nemico”. Non ha diritto all’esistenza, scriveva l’allora vescovo di monsignor Montini; ma se il nemico esiste dovrebbe essere la persona più amata, più colma di attenzioni e di riguardi! E’ la novità e “la follia” del cristianesimo, che ci ricorda che l’unico nemico siamo noi stessi, le nostre infedeltà, la nostra grettezza nel rapportarci con le persone.