Il mistero della morte entra in casa, ma la figlia vuole tenerla fuori, per scaramanzia; sostiene: i morti portano sfortuna. E’ un bel problema di fede, di educazione alla fede, che la mamma deve affrontare. La morte non scherza, accomuna tutti. Cosa dire?
LA LETTERA
Eminenza, non sono troppo di chiesa, ma a Gesù Cristo ci credo. Appartengo alla generazione del ’68 e qualcosa del tempo della contestazione mi è rimasta dentro. I miei figli li ho battezzati, in disaccordo con mio marito, che avrebbe voluto rimandare il Battesimo, quando loro erano in grado di esprimere il loro parere. Ora mi è capitato un grave problema: è morta mia mamma, la volevo portare a casa e da là in chiesa. Ci teneva a morire in casa, la sua casa, invece è morta all’ospedale. Mia figlia, che ha quindici anni, mi ha fatto una scenata isterica. Mi ha dato della matta, perché i morti in casa portano sfortuna, “iella” ha detto! E’ sempre stata la sua cara nonnina e adesso che è morta, non la vuole più vedere, neppure per un attimo!
LA RISPOSTA
Mia cara signora, sua figlia riflette la cultura dei nostri giorni, dove alla sepoltura sempre più spesso si sceglie la cremazione. La Chiesa non si oppone, ma io sono dispiaciuto per quello che avviene prima della sepoltura o della cremazione: non si prega più, la veglia in casa per il Rosario è tramontata, il corpo del “caro estinto” viene affidato alle Agenzie funebri e lo si vede, o non lo si vede, alla chiusura della cassa. In città, in certi palazzoni, questo rende tutto più facile, più discreto, non dà fastidio agli inquillini, spesso anonimi, sconosciuti, ma fa sentire la morte come un qualcosa che crea problemi, da eliminare in fretta!
E’ che oggi si ha paura della morte! Non certo quella che si vede in TV: se non è film, è spettacolo, motivo di discussione anche morbosa, se non si trova subito il colpevole e la si riveste di “giallo” poliziesco! Quanto accade nella realtà lo si vorebbe tenere lontano, per non interrogarci su questo Mistero, che è il mistero della vita, del dolore della sofferenza. Interpella la nostra fede, ci pone di fronte a quel che succede dopo: nulla o eternità?
Non mi meraviglia che una quindicenne abbia dentro questo rifiuto. Temo per lei, vittima di una cultura che non la prepara la morte alla lontana, che non insegna più a morire. Non è un colorare la vita di un’adolescente di pessimismo, di malinconia! E’ aiutarla ad apprezzarla maggiormente, illuminandola dell’altro grande Mistero della Resurrezione, della vita nell’Oltre, nel Paradiso.
Anni fa, visitando una mamma all’Ospedale, dove avevano trasportato il corpo della figlia quindicenne, morta in incidente stradale, la trovai che l’accarezzava dolcemente sul volto, come fosse viva: “Sono i miei ultimi gesti d’amore, prima che me la mettano via per sempre!”. In quei gesti di tenerezza, mi è apparsa al vivo la rappresentazione della “Pietà” michelangiolesca o, meglio ancora, della Madre di Gesù che accoglie tra le sue braccia il suo corpo martoriato, crocifisso, appena tolto dalla croce.
Gentile signora, dica a sua figlia che la nonna non porta sfortuna, le ricordi tutti i gesti di affetto che le ha donato: “Colei che tu non vuoi in casa per l’ultima volta, è la Donna che mi ha regalato la vita! Non mi ha portato sfortuna, facendomi vivere, aiutandomi a crescere, insegnandomi ad amare… “. Non la convincerà, ora, ma verrà anche per lei “un certo giorno”, in cui si ricorderà e chiederà perdono per essere stata “piccola” nell’amore.