Ciclicamente ci sono annate per la val d’Enza difficili dal punto di vista del rifornimento idrico, ora però la cosa sta diventando una costante e l’agricoltura della zona ne soffre le conseguenze. Per la Cia di Reggio Emilia diventa sempre più necessario giungere ad individuare una soluzione: “Con il massimo del realismo, come abbiamo sostenuto anche nel convegno da noi organizzato a Bibbiano la primavera scorsa, in cui rilanciammo i progetti ex Idroser (quattro piccoli invasi in Appennino, con capacità dai 5,3 ai 16milioni di m3)” dice Antonio Senza, responsabile Ambiente della Cia reggiana.
La Cia ritorna quindi sui problemi idrici di questo territorio, evitando di riproporre le vecchie polemiche e contrapposizioni sui grandi invasi, e ricercando una strada intermedia che possa raccogliere un consenso più ampio.
“Siamo a favore di soluzioni praticabili che rispondano alle reali esigenze – aggiunge Senza - oggi sul tappeto abbiamo la diga di Vetto, per la quale c’è il progetto ma non i soldi, e che incontra l’ostilità delle istituzioni. Queste sostengono in alternativa il recupero di cave dismesse, in questo caso però non ci sono né i progetti né i soldi, e secondo noi sono una risposta troppo riduttiva.
Noi riteniamo quindi vantaggioso recuperare i piani per gl’invasi ex Idroser: i progetti ci sono già, sono anche per questi da reperire i soldi, non diversamente dalle altre ipotesi, ma rappresentano una risposta più realistica ai bisogni agricoli e degli altri usi; inoltre essi sono stati fatti propri dal Consorzio di bonifica che agisce sul territorio interessato, e per uno di questi, che prevede uno sbarramento in località stretta delle Gazze sull’Enza, per un invaso da 12 milioni di metri cubi, c’è già l’ok dei comuni di Ramiseto e Palanzano.
Se si avesse l’accortezza di recuperare questi progetti nel Piano acque ancora in via di adozione, si potrebbe avviare un percorso realistico per salvaguardare gli usi civili, industriali, i prati stabili e l’agricoltura di qualità della zona”.