Siamo ormai sul finire del 2007, un’epoca in cui i film di fantascienza degli anni 80-90 prevedevano macchine volanti, teletrasporto, odissee nello spazio o anche la fine del mondo; in realtà non è che sia cambiato molto da allora. Perlomeno, nel nostro sistema sociale e culturale, le cose si sono evolute, ma permangono in modo saldo molte caratteristiche ereditate dai decenni passati (come potrebbe essere altrimenti?!). Di certo nel 2007 abbiamo un utilizzo di nuove tecnologie sempre più avanzate.
Quello che forse più ci contraddistingue dal passato, oltre il prossimo esaurimento dei giacimenti petroliferi e le possibili crisi energetiche, lo scioglimento dei grandi ghiacciai e gli sconvolgimenti climatici, è la rete Web (Internet). Spesso ne abbiamo conferma e di questi tempi, addirittura, qualcuno ne ha fatto uno strumento di politica e propaganda, facendo entrare nel mondo conservatore la novità.
Ma nel 2007 come nel 1997 ritroviamo molto di apparentemente immutato: diverbi continui, insoddisfazioni, i grandi mecenati dell’economia sempre attivi a svolgere il loro lavoro (ecc), in cui anche il mondo della moda è oggi praticamente come allora. Ma soprattutto, ciò che ritroviamo oggi come dieci anni fa è il disagio psicologico delle persone!
In ogni epoca la psiche delle persone manifesta il proprio disagio sconvolgendo l’ordinarietà e la logica di chi vi sta attorno, talvolta in un modo e altre in uno diverso. L’epoca storica, così come la locazione geografica, stabilisce spesso le caratteristiche dei maggiori disagi psicologici di cui le persone soffrono, quasi come un costume culturale. Secoli fa in Europa definivamo “isterie” a non finire, oggi invece ci scontriamo con gravi disturbi del comportamento alimentare e gravi disturbi da dipendenza e di crisi della personalità; e anche se spesso li definiamo anche superficialmente con “luoghi comuni”, talvolta, come allora, rigiriamo la faccia altrove.
Ecco che in questo contesto di società disattenta, è apparso recentemente il gesto cruento di un fotografo, già noto per i suoi modi provocatori, appendendo cartelloni pubblicitari per promuovere la campagna di “No-l-ita”, dove viene fotografata una giovane ragazza, francese, che versa in un gravissimo stato di salute, organica e psicologica, che potremmo definire oltre i limiti della magrezza biologicamente consentita: una giovane affetta palesemente e gravemente, appunto, da Anoressia nervosa. A fare ciò è Oliviero Toscani nel periodo di sfilate della moda nella città di Milano, il nostro fiore all’occhiello nel mondo come capitale dei capi firmati.
Ho potuto leggere che la campagna ha avuto il benestare del Ministero della Salute, ma ho letto anche molte indignazioni e, all’opposto, molti pareri positivi.
Stando alle dichiarazioni di Toscani, la campagna è stata promossa per indignare e provocare la società inetta e inadeguata nell’affrontare il problema: lamenta infatti una moda che recluta ragazze gravemente sottopeso, ed un mondo circostante che non si sofferma a sufficienza a considerare come operare realmente, per guarire e prevenire la situazione, di certo molto precaria.
Non credo che sia possibile, così in questo breve articolo, fare un punto chiaro della situazione e magari trarne un giudizio, poiché i componenti e i contesti da considerare sono davvero moltissimi e molto diversi l’uno dall’altro; per una persona esterna al mondo clinico, dei Disturbi del Comportamento Alimentare, non è semplice comprenderli tutti appieno.
Dal mio punto di vista è necessario attuare una precisa distinzione: ovvero tra chi questa campagna va a colpire. Una campagna shock come questa difficilmente passa inosservata, e raccoglie le differenti e spesso contrarie emozioni, esplicitate su un giornale o al bar, che rispecchiano il soggettivo vissuto interiore.
Indossando il “camice bianco” e riflettendo, quindi, sulle conseguenze di una simile campagna su ipotetiche persone che soffrono di questi gravi problemi, mi sento anch'io di svalutarla e criticarla. Dobbiamo infatti pensare (e perdonate l’approccio diretto e non scientifico) come da un lato chi ne soffre, e chi ne è coinvolto per legami affettivi, rivede in questa fotografia sconvolgente una grande sofferenza personale, accentuando di per sé la “sua” condizione di disagio psicologico.
Ho sentito alla radio, presso una trasmissione cui ho fatto comparsa, le divergenti opinioni di Fabiola De Clercq e della conduttrice Patrizia De Rossi: la prima sosteneva l’enorme azzardo e rischio di questa pubblicità, che mai (o forse sarebbe meglio sostenere: raramente) può suscitare nelle persone affette da questi problemi della sfera emotiva un incentivo ad uscirne o perlomeno ad entrare nei percorsi di cura; bensì, aggiungo io, potrebbe addirittura accentuare i sintomi dell’anoressica, che potrebbe trovarsi invitata a scioccare lei stessa maggiormente o a invidiarne il “traguardo”, nella bulimica, invece, potrebbe scatenare sentimenti di frustrazione per la sua impossibilità a raggiungere uno stato analogo.
Diversamente, la conduttrice De Rossi, come altri, sosteneva che poteva essere visto anche come un buon disincentivo a proseguire nella condotta dimagrante. Certo è che per persone che già soffrono di DCA, la patologia non permette loro di avere la giusta lucidità mentale di comprendere il “limite” e di capirsi magra oltre ogni modo, anche in uno stato di 26/30 kg.
Desidero aprire e chiudere una parentesi: l’Anoressia, come la Bulimia, non sono vere e proprie patologie dell’alimentazione (anche se le classifichiamo tali, grazie ai, comunque, preziosi ed utili manuali diagnostici), bensì sono sintomi ultimi di una profonda sofferenza e di un disagio psicologico che può comprendere tutto e il contrario di tutto; si dovrebbe infatti parlare di Anoressie e Bulimie, come molti specialisti fanno già da molto tempo.
È perciò importante smettere di semplificarne la sofferenza e la situazione, ritenendo che esse vogliono solamente dimagrire per assomigliare alle modelle! Lo si può, ad esempio, ben notare dalla foto in questione, e da altre, dove ragazze dello stesso peso mirano ancora a dimagrire sentendosi brutte perché grasse!
Affrontando invece la cosa da un punto di vista sociale (e riappendendo il camice): la visione diverge profondamente. Le statistiche ci insegnano come sono inattendibili, ovvero che l’Anoressia Nervosa, riscontrata in Italia all’1% come al 3% la Bulimia Nervosa, sono in effetti sotto-stime.
Noi riusciamo a stimare e a stilare statistiche solamente sulle pazienti che divengono tali quando si rivolgono alle cure adeguate. Sappiamo bene come una grande fascia (superiore) non si rivolga alle cure, e sappiamo bene che, la Bulimia, diversamente dall’Anoressia, è più difficile da riconoscere esternamente.
Ciò per dire che effettivamente nel nostro attuale sistema, l’attenzione non mass-mediatica riservata a queste patologie è ancora molto scarsa: molti centri delle Ausl che curano le patologie DCA (gratuitamente e pure con ottimi risultati) riescono a funzionare più per il lavoro volontario di tirocinanti e collaboratori non pagati che per i fondi disponibili a questi interventi: il Disturbo del Comportamento Alimentare è una malattia sociale, ma che diversamente dalle tossicodipendenze causa pochi problemi sociali (come omicidi, rapine, ecc.) provocati per procurarsi la sostanza dalla quale si dipende: da ciò si può trarre un buon esempio delle motivazioni di molte scelte di carattere economico-sanitario.
In questa ottica socio-politica, dislocata dal clinico, investendo con una simile campagna la società intera, criticandola nel suo intervento ridotto e soprattutto nelle costanti errate convinzioni, non mi sento di biasimare l’azione pubblicitaria (supponendo naturalmente che non sia stato un gioco economico come taluni hanno sospettato): da mesi non si parlava quasi più di anoressia, anzi si ce ne disinteressava, oggi la riabbiamo su tutti i giornali ed i telegiornali! Forse non otterremo nulla, forse sì.
Infine desidero (riappropriandomi dello status di studioso) stilare un parallelo tra la campagna e il fenomeno web dei siti pro-anoressia, anch’esso scivolato dall’attenzione di una società che ancora non lo conosce.
Queste patologie, che vivono in una costante ambivalenza, si districano tra il nascondere la loro situazione disagiata, per poterla proseguire, e infiniti richiami di aiuto impliciti. Lo stesso fenomeno che anni fa sconvolse la popolazione italiana, e noi stessi professionisti, che scoprimmo (con la prima ricerca scientifica italiana, effettuata presso l’Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia in collaborazione, e grazie al prof. Umberto Nizzoli) quanto poco se ne sapeva anche all’interno del mondo specialistico. Ad anni di distanza poco è cambiato.
Mancano forse i fondi necessari agli studi del fenomeno, ed anche i tempi che non possono essere brevi per una pronta soluzione (se voluta efficace), ma di fatto su di esso si è messo in atto ben poco, dopo la ricerca scientifica che ho personalmente condotto.
Ciò per dire che in un modo o in un altro, la sofferenza psicologica è talmente elevata, e talmente gravosa, che si sviluppano differenti, e in continua evoluzione, gridi sociali: quali il movimento di aggregazione delle adepte di Ana, o l’indiretto intervento di una pubblicità shock.
Per provocare e fare riflettere: se fossi stato io l’autore di quella campagna pubblicitaria, chiederei agli indignati il motivo profondo di tale reazione, facendo loro notare come foto di questo genere girano nel web e sui giornali (nei momenti di interesse mediatico) in un numero incredibilmente alto, talmente sconcertante che quattro anni fa ebbi modo di scontrarmi con un sito web che proponeva fotografie e video pornografici le cui protagoniste erano ragazze allo stremo della salute fisica e mentale come nella foto di Oliviero Toscani!
Dr. Agostino Giovannini
(fonte: www.progettouomo.net)