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Tariq Ramadan e l’importanza di ascoltarlo

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Tariq Ramadan contro Christopher Hithchens, il popolare islamista contro l’autore di “Dio non è grande”, il pubblico in platea a parteggiare per l’uno o per l’altro: si è chiusa col botto l’undicesima edizione del FestivaLetteratura di Mantova.

Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, il Festivaletteratura costituisce, al giorno d’oggi, una splendida oasi di felicità tra le brutture della nostra Italia.
Al Festivaletteratura ogni anno è possibile incontrare scrittori e intellettuali, ascoltare le loro opinioni su mondo e letteratura, tra profondità e leggerezza; è possibile applaudirli, stringere loro la mano, ottenere la dedica sul libro. È anche possibile, direi quasi inevitabile, incontrare persone con gusti letterari analoghi o differenti, persone generalmente dalle vedute ampie, persino gentili, addirittura che rispettano le file, non ti sputano il loro fumo negli occhi se gli stai seduto affianco, spengono il cellulare durante gli eventi. Incredibile.
Questa è la cornice.

Rimandando alle stampe nazionali per approfondimenti sul diverbio tra i due intellettuali, mi interessa in questa sede approfondire, o, meglio, introdurre il lettore al pensiero di Tariq Ramadan.
Analogamente, per le note biografiche su questa così controversa figura di intellettuale, rimando all’infinità di altre fonti presenti.

Ciò che mi interessa, e che reputo decisamente fondato e pertinente, se non addirittura necessario, è il suo pensiero. Mi interessa proporre alcuni spunti di riflessione a partire dal suo pensiero.

Incalzato dal bravo Renzo Guolo, Tariq Ramadan non ha lesinato risposte chiare e precise riguardo argomenti piuttosto spinosi.
Innanzitutto, la laicità. Storicamente, nei Paesi arabi la laicità è sempre stata imposta con la forza, dall’alto, scavalcando il consenso popolare: si pensi alle vicende storiche di Iraq, Siria e Turchia. Da qui, l’equazione laicità = imposizione, mancanza di libertà di scelta.
Contrariamente a questa accezione diffusa nei paesi arabi, secondo Ramadan la gran parte dei musulmani presenti in Europa sarebbe ben felice di accogliere l’accezione europea del concetto di laicità, e cioè laicità = separazione Chiesa/Stato. Da qui, mi pongo una domanda: quanto è laico il nostro stato? Come possono i musulmani in Italia aderire a questo concetto di laicità senza potere essere certi della sua effettiva sussistenza?

Se uno stato non è laico nei fatti, non è coerente con i principi fondanti la propria Costituzione, e finisce col creare, in maniera ingiustificata, cittadini di serie B, confondendo l’appartenenza religiosa coi diritti di cittadinanza. Come afferma Ramadan, “le minoranze religiose non sono minoranze di cittadinanza”.

Il musulmano di cui Ramadan si fa portavoce è fedele al proprio stato di cittadinanza, per prima cosa, ma nello stesso tempo rimane fedele ai propri principi, riservandosi il diritto, nei limiti della legge, di obiezione di coscienza qualora lo stato si faccia portatore di decisioni e atti ritenuti ingiusti. E tutto questo in nome della fedeltà allo stato, una fedeltà critica, e quindi costruttiva.

Ramadan mette in evidenza come molto spesso sedicenti musulmani mettano in atto azioni sbagliate in nome di un Islam che non corrisponde al vero Islam; allo stesso modo, molte volte vengono cercate motivazioni di tipo religioso a fenomeni le cui radici sono da tutt’altra parte, cioè nelle politiche e nelle condizioni sociali in cui determinati gruppi umani si trovano costretti a vivere. I disordini nelle banlieues francesi ne sono l’esempio più clamoroso.

Ci sono troppi ghetti, nel mondo occidentale, troppi ghetti incomunicanti e forieri di pregiudizi.
Ghetti difficili da abbattere, ghetti che portano odio tra le persone, assecondando il gioco del caprio espiatorio, delle scatole di cristallo, di Bush e dei suoi teo-con, delle guerre senza soluzione.

Chi è musulmano non deve essere considerato per definizione pericoloso, ma questo avviene.
Chi ha la mente dogmatica costituisce il vero pericolo, ma tutto questo non viene riconosciuto.

Ecco perché invito i lettori a non digitare su Google il nome di Tariq Ramadan e affidarsi alle critiche di sedicenti commentatori: leggete i suoi scritti, sono numerosi e reperibili ovunque. Poi giudicate.

Incontrate il musulmano della porta accanto, parlate con lui, poi elaborate le vostre riflessioni. Senza generalizzare, mai.

Perché tutto questo pregiudizio verso i musulmani?
Perché tutta questa chiusura?
Nessun giudizio, sempre che sia ammissibile dare giudizi, può essere convincente se non supportato dall’ascolto.

E basta con la retorica che sono Loro che non dialogano, basta con la retorica del Noi e Loro. Basta coi campanilismi religiosi. Basta con tutta questa ignoranza.

Basta con l’interpretare le cose con una chiave di lettura che prende il via dall’appartenenza religiosa. Dico basta, perché l’Italia è molto indietro, sotto questo punto di vista.

Penso al recente raduno dei Papa Boys a Loreto. Iniziativa interessante (al di là del fatto che quelle decine di milioni di euro spesi per organizzare l’evento avrebbero potuto ridare il sorriso a migliaia di bambini nel mondo più povero, se destinati diversamente), non voglio giudicare, semplicemente riflettere: se iniziativa analoga, in Italia, avesse visto protagonisti migliaia di musulmani, come avrebbe reagito l’opinione pubblica? Con pregiudizio, rispondo.

Eppure, la nostra Costituzione mette al centro la laicità dello stato. Non voglio con questo sognare un mondo senza religioni, questo no, decisamente non mi piacerebbe.

Voglio soltanto evidenziare come, se anche a parole nel nostro paese ci sarebbe posto per tutti, per alcuni questo posto è ancora lontano dall’essere raggiunto, e non vi è una spiegazione logica per questa distanza.

Ascoltate Tariq Ramadan, poi potrete non essere d’accordo, ma per favore, ascoltatelo.
Vero, Mr Hithchens?

1 COMMENT

  1. Ce ne fossero di giornalisti come lei
    Bravo, finalmente qualcuno che non ha la mente ottenebrata dal pregiudizio. Chi vuole può ascoltare direttamente Tariq Ramadan, accedere al suo sito, parlare e discutere liberamente con lui e con la comunità islamica. Le nostre moschee sono case di vetro aperte a dibattiti, iniziative, discussioni.
    Grazie ancora, pace

    (Amina Salina)