Ecco in forma di chiacchierata l’esperienza di Ettorina Agosti, di recente rientrata da un altro viaggio nella terra carioca. E’ andata a raggiungere la grande parrocchia di Ipirà (estesa 3.397 kmq, una volta e mezza la nostra provincia, circa 60.000 abitanti) in cui opera il giovane e attivissimo don Marco Ferrari, già in forza a Castelnovo ne’ Monti dal 1996 al 2001.
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“Questa è la terza volta che vado in Brasile, presso la mega-parrocchia di don Marco Ferrari, già a Castelnovo ne’ Monti. La prima nel 2001 e la seconda nel 2004”. Parole di Ettorina Agosti, residente a Castelnovo ne’ Monti, rientrata nei giorni scorsi dopo una permanenza di un mese. Le abbiamo chiesto di raccontarci qualche impressione al proposito. Solitamente esperienze di questo genere si rivelano tappe di vita piuttosto importanti, soprattutto quando, perché ripetute, perdono il loro carattere di estemporaneità e quindi inevitabilmente portano a crearsi amicizie e rapporti.
Allora, Ettorina, spiegaci com’è cominciata questa tua “avventura”… “Molto semplicemente. Avevamo promesso all’allora curato di Castelnovo che saremmo andati a trovarlo. E l’abbiamo fatto. Così, dopo poco tempo di permanenza di don Marco in Bahia, con tre amiche, Cristina, Emanuela e Marinella, lo abbiamo raggiunto per vedere il paese dove era andato a portare il Vangelo ai poveri”.
All’inizio si è trattato di una semplice visita all’amico sacerdote… “Sì – conferma Ettorina – ma dopo quella prima esperienza l'amicizia con don Marco non è più stata il solo motivo che mi spingeva a tornare a Ipirà. Le molte persone conosciute, il loro calore, la loro sincera amicizia, l’entusiasmo umano e cristiano, mi hanno fatto sentire, ogni volta, accolta come in una famiglia. Dove è bello tornare e raccontarsi gli anni trascorsi senza vedersi, le nostre vite così diverse, i cambiamenti avvenuti nel frattempo”.
Come hai trascorso là le tue giornate, a fianco di missionari che certo hanno il tempo contato? “Infatti. Attualmente, nella sua giornata libera, il lunedì, don Marco si reca a Feira (circa mezzo milione di abitanti, la città riferimento, per loro, dello Stato bahiano) per seguire i lavori di costruzione del monastero. Le mie giornate a Ipirà sono trascorse molto semplicemente. Al mattino ci si occupava un po’ della casa; si usciva per qualche commissione; si riordinavano libri e documenti... Dipendeva un po’ dalle necessità e dal periodo”. “Ad esempio, com’è stato il caso durante quest’ultimo viaggio – prosegue – se è il periodo della festa della patrona di Ipirà, Sant'Anna, si aiuta a far pubblicità ai molti eventi organizzati, si preparano i premi, si gira per la città con l’auto (rigorosamente molto usata), che ultimamente costituisce il primo premio del ‘Bingo di Sant'Aña’".
Il territorio di competenza di don Marco è vasto, ci si perde. Ci si chiede come riesca a farci fronte... Nei giorni scorsi, durante un incontro in cui riportavi ai parrocchiani castelnovesi la tua esperienza, spiegavi che certe comunità, le più periferiche, hanno la possibilità di ascoltare la Messa solo ogni sei mesi… ”Proprio così. Considera che sono molto numerose, circa un’ottantina, dislocate nelle campagne, molto sparpagliate e raggiungibili solo con strade sterrate a volte rese impraticabili dalla pioggia… Nei pomeriggi seguivamo don Marco, che andava appunto a celebrare la Messa in questi borghi”. “È proprio nelle comunità della roça (campagna) – prosegue – che però si trova un’accoglienza e una carica vitale e cristiana che non ho mai conosciuto prima”.
Come ci si organizza? Don Marco avrà certo chi gli dà una mano… “Ogni piccola comunità ha un leader: di solito è una donna, che provvede ad animare la liturgia domenicale della parola, a organizzare il catechismo e i corsi di preparazione ai Sacramenti, a raccogliere le offerte per curare la cappella dove la comunità si trova per pregare. E nella quotidianità sono i leader a trainare, a guidare la lettura della Parola e tutte le attività pastorali”.
Che impressioni od insegnamenti trai da quest’esperienza? “Queste persone, nel loro contesto povero ed estremamente umile, ci possono insegnare molto. Senza fare tanti discorsi: è sufficiente osservare la loro testimonianza di fede incrollabile e di amore per la comunità e per la Chiesa. Un altro aspetto che mi colpisce ogni volta è la vitalità di questo popolo espressa soprattutto in occasione delle feste. E sulle feste i bahiani non scherzano: sono capaci di ballare per un giorno intero!!!”.
”Proprio durante la nostra permanenza a Ipirà – conclude Ettorina – don Marco ha inaugurato la seconda struttura per bambini e adolescenti di strada del progetto Dançar a vida. È stata una gioia vedere i primi ragazzi seguiti da tre anni dagli educatori del progetto animare la festa per il nuovo centro e prendersi cura dei più piccoli. È un bel segno di speranza”.
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Ipirà mantiene un rapporto privilegiato con Castelnovo (Comune, Parrocchia e associazioni di volontariato) e l’Appennino reggiano in genere, che già da qualche anno intrattengono rapporti di solidarietà con Pintadas, un comune situato nella zona. E con la presenza di don Marco, che ha fatto un po’ anche da ponte, i legami si sono consolidati. E’ noto il progetto che ha consentito negli anni scorsi di dotare centinaia di casolari di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, preziosissima in quelle lande aride. Per qualche notizia più in dettaglio e per eventuali aiuti, sempre ben accetti (“Non abbiate paura”, diceva sempre don Marco, tra il serio ed il faceto, quando si trattava di sollecitare la generosità delle persone… ), si può consultare il sito creato da alcuni giovani prima della partenza del sacerdote come ulteriore canale di comunicazione: digilander.libero.it/ipiranemonti.