Al Tibet non piace essere profanato. All'inizio del novecento un monaco indiano travestito da Lama ne tracciò la mappa contando i suoi passi con l'aiuto di una bussola per conto del Governo Britannico. Lhasa divenne l'Ultima Città Proibita del mondo. Quando gli inglesi la conquistarono l'opinione pubblica si rivoltò loro contro.
Al Tibet poi non piace perdere la sua cultura, non piace affacciarsi al capitalismo occidentale, non piace che i suoi monasteri più sacri siano calpestati da frotte di turisti in borghese, non piace che la città vecchia di Lhasa, in barba all'Unesco, sia distrutta per fare spazio a nuovi edifici. Non piace che i suoi monaci vengano imprigionati e i dissidenti giustiziati. Ma siamo alle solite...
È il record dei record, quello imbattibile per definizione: l’autostrada sulla montagna più alta del mondo. La Cina ha infatti annunciato ieri che costruirà una autostrada sull’Everest, la cui cima sfiora i novemila metri, in tempo per farvi passare la torcia olimpica l’anno prossimo. Il nuovo nastro di asfalto nero, che segnerà come un tratto di inchiostro il panorama immacolato di nevi eterne, creerà una comunicazione stradale tra Cina e India, sede tra l'altro del governo tibetano in esilio.
L’autostrada non nascerà dal nulla. Seguirà la traccia di una pista sterrata di 108 chilometri che si inerpica dalle pendici della montagna fino a un’altezza di 5200 metri. Per questa impresa Pechino prevede di spendere soltanto 15 milioni di euro e di completare l’opera in quattro mesi. Contemporaneamente Pechino sta lavorando ad allungare la ferrovia che già parte dalla capitale cinese e arriva a Lhasa. L’obiettivo per questa estate è portare la strada ferrata nella seconda città santa del Tibet, Xigaze, sede del Panchen Lama, la seconda autorità religiosa del Tibet, un diciottenne scelto eccezionalmente dal governo comunista.
Percorso dalla strada ferrata e da quella asfaltata, il Tibet, l’altipiano più alto della Terra, finirà il suo isolamento millenario. Peccato che da quando questo è iniziato il governo cinese non ha fatto altro che importare nel territorio tibetano contadini senza terra e colletti bianchi secondo il classico modello dei Coloni Israeliani, portando metà del Territorio ad etnia tibetana a risultare in maggioranza cinese.
I tibetani in esilio, oppositori del governo di Pechino, gridano alla profanazione. La sacralità del Tibet sarà persa con le torme di villeggianti, escursionisti, gitanti che a milioni, potenzialmente, potranno visitare queste lande semideserte. Per secoli da questi altipiani è passata la cultura indiana che si diffondeva in Cina. Da qui è partita la missione religiosa dei buddhisti indiani che hanno poi convertito la Cina. Qui resta oggi il centro vibrante del buddhismo del mondo, quasi scomparso in India e molto indebolito in Cina. Staremo a vedere.
La questione tibetana
@Lhttp://Ilprofessorechos.blogosfere.it/2007/07/la-cina-di-davide-un-italiano-che-vive-a-pechino.html@=ilprofessorechos.blogosfere.it/2007/07/la-cina-di-davide-un-italiano-che-vive-a-pechino.html#L.
Vi prego di visitare questo blog (Il terzo commento è il mio); solo per rendervi conto di quale sensibilità stia nascendo nei confronti della questione tibetana.
Ragazzi, se da un lato il vostro richiamo è lodevole, dall’altra sono preoccupata per la frase che conclude il vostro articolo. Se “staremo a vedere” sarà la fine.
(Ginevra Andersson)
Free Tibet
Grazie Ginevra. Il tuo contributo alla causa tibetana è notevole e ti ringrazio pure di avere visitato il nostro Redacon. Free Tibet Now!!!
(Marco Notari)