Diga di Vetto, riportiamo il commento di Margherita Bergomi.
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Sembra impossibile, ma è così: ancora la diga di Vetto. Non basta sapere che si sta parlando di un “mostro” di 100 milioni di metri cubi di acqua, con una superficie di 4,35 chilometri quadrati, alto 83 metri, impensabile nei costi (150-200 milioni di euro), sproporzionato per i fabbisogni, in un territorio dichiarato specificatamente ai sensi della legge 349/1986 “area ad elevato rischio ambientale”, in una delle più belle vallate della provincia.
Non basta conoscere la fragilità dei versanti del bacino di invaso, soggetto a frane e smottamenti con pericolosa frequenza; non basta sapere che l’opera porterebbe alla morte del fiume, altrochè deflusso minimo vitale. Addio Val d’Enza, turismo, economia, vita. Non basta.
Invece di un netto "no" alla provocazione, il documento dell’opposizione viene votato anche da esponenti della maggioranza, si ipotizza da parte di altri un percorso parallelo in Commissione, di analisi su uno studio di fattibilità sulla diga da commissionare, poi strumentalmente e furbescamente trasformato in analisi dei vecchi progetti. Noi non ci stiamo.
Siamo, come Provincia, nel percorso del Piano provinciale di tutela delle acque, dopo l’approvazione del Piano regionale; sappiamo che c’è un deficit idrico stimato per il bacino del torrente Enza di 9 milioni di metri cubi, sappiamo che il prelievo irriguo incide per il 70 per cento sul totale dei prelievi (irrigui, civili ed industriali), sappiamo che la perdita idrica delle reti dei canali è valutata dalle Regione intorno al 50 per cento, sappiamo di dover migliorare le tecniche di irrigazione - e interessanti esperimenti si stanno già effettuando - e che dobbiamo insistere sul governo della domanda, sul risparmio, sulla captazione intelligente, sulle fognature, sui depuratori e sul riuso. Già si prevede la realizzazione di invasi di accumulo in aree di attività estrattiva, possibilità concreta oggetto di studio specifico.
Siamo, e vogliamo restare, all’interno di questo percorso che sta coinvolgendo tutti i soggetti interessati, dalle bonifiche ad Arpa, dal Servizio tecnico di bacino ad Enia. Un percorso che dovrà coinvolgere sempre di più associazioni, enti, aziende e portatori di interesse in genere ed è lì che ci confronteremo e approfondiremo, eventualmente implementando le azioni possibili per una strategia integrata della risorsa acqua, senza anacronistici ritorni al passato e senza decisioni nelle segrete stanze.
Un Piano aperto per delineare le scelte e le strategie future per un tema complesso, in un dibattito aperto che garantisca soprattutto l’equilibrio ambientale del nostro territorio.
(Margherita Bergomi, capogruppo degli Ecologisti per l'Ulivo)