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“Perso il 29% di superficie agricola”

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“Mentre cambia il clima, la provincia di Reggio Emilia ha perso, dal 1990 ad oggi, il 29% della superficie agricola utile a favore di urbanizzazioni, in aree di pianura, e di incolti e boschi in Appennino. In tempi brevi siamo chiamati a gestire questa trasformazione. Come? Ridefinendo il governo idrico di un territorio già a rischio”.

L’annuncio è quello di Marino Zani, presidente del Consorzio di Bonifica Parmigiana Moglia Secchia, ed Emilio Bertolini, presidente del Consorzio di Bonifica Bentivoglio Enza e dell’Urber (Unione regionale delle bonifiche – Emilia Romagna) e viene presentato in occasione della VI Settimana Nazionale della Bonifica che, dal 12 al 20 maggio, vedrà andare in scena un calendario di numerose iniziative e aperture degli impianti dei due enti.

“In questi giorni ci rivolgiamo all' opinione pubblica e agli amministratori – proseguono i presidenti – invitandoli a visitare i nostri impianti, i nostri canali e a partecipare alle manifestazioni in programma. Per dimostrare, a fronte dell’aumentato rischio inondazione, il nostro servizio alla collettività, nessuno escluso”.

Ci si potrà così tuffare in mostre ed itinerari storico-naturalistici nelle terre che furono dei Bentivoglio, oppure correre lungo la cassa di espansione del Cavo Tresinaro, della Parmigiana Moglia Secchia, con la “Bonifest” e la corsa campestre “BonificaCross” o visitare gli impianti e le sedi dei due medesimi consorzi.

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Ma quali sono i rischi di cui ci parlate?
“Sono quelli che emergono quando si trasforma un territorio e il clima si posiziona su un fronte ‘tropicale’. La regione Emilia-Romagna nell’ultimo quindicennio ha perso alla coltivazione 202.000 ettari pari al 16,5% della superficie agricola. Si stima che oltre 100.000 ha siano stati urbanizzati. Fatta eccezione di Rimini, la provincia di Reggio (secondo la ‘Carta di utilizzo dei suoli’ elaborata dalla Regione Emilia-Romagna) è la provincia che più ha incrementato l’urbanizzazione del suo territorio: oltre il 10% lo è. Ogni abitante dispone di 544 mq di area urbana. Un altro esempio due comuni storicamente agricoli, Bibbiano e Fabbrico: dal 1990 al 2005 hanno rispettivamente urbanizzato ben 462 e 363 ettari della superficie”.

E l’abbandono dei terreni cosa comporta?
“In Appennino i campi restano sempre più incolti. Si accelera così lo scorrimento delle acque piovane nei torrenti rendendo sempre più critica la capacità di trasportare le piene di Enza, Crostolo, Secchia e degli altri affluenti minori. In pianura i terreni agricoli ‘cedono’ il passo a terreni urbanizzati impermeabili. Ma su asfalto e bitume le acque corrono ancor più velocemente. Arrivano in anticipo nei canali, quando questi furono pensati per una realtà territoriale prevalentemente agricola. Un dato eloquente: un ettaro di terreno agricolo normalmente coltivato assorbe tanta acqua quanto 10 ettari di terreno urbanizzato. Ora la nostra rete deve rispondere ad una realtà che cambia troppo in fretta”.

Quale è la vostra risposta?
“L’obiettivo è quello di migliorare sempre più la sicurezza territoriale. Oltre alla costante manutenzione e salvaguardia di tutta la rete scolante, abbiamo anche nuovi progetti di bonifica e di tutela idraulica montana. I nostri due consorzi sono l’istituzione che più pone attenzione a questo scopo, con investimenti di oltre 3 milioni di euro all’anno”.“Siamo anche interlocutori necessari – concludono Zani e Bertolini – per le istituzioni economiche e civili extragricole. Solo con l’apporto di tutti possiamo operare per la salvaguardia delle proprietà agricole, urbane, industriali. Un appello a continuare la collaborazione con le amministrazioni comunali: assieme possiamo programmare a priori (e governare in seguito) la corretta gestione delle acque e del suolo. In particolare ogni qualvolta che si pensa a nuovi insediamenti urbani o produttivi”.

(Studio Arlotti Notizie)