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Il 25 aprile di Tapignola, “il Solitario” scrive ancora…

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Volti noti e gente comune a Tapignola, per il 25 aprile di tutti. Il ricordo dei partigiani cattolici uccisi. E per Giovanni Lindo, regista della giornata (con un concerto a sorpresa), le parole dei fan "La sua una conversione per i giovani".

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La tentazione c'è, ma sarebbe da penna forse meschina cercare la notizia intervistando le suore che ascoltano il concerto di Giovanni Lindo Ferretti innanzi alla Chiesa di Tapignola. La notizia è che pochi minuti prima (è il 25 aprile), la giornata del ricordo è iniziata con la S. Messa per i partigiani cattolici uccisi. Come "Azor", Mario Simonazzi, il vicecomandante della 76° brigata Sap, liquidato a Pasqua del 1945 o Giorgio Morelli. Quest'ultimo era "il Solitario", una delle più belle penne della Resistenza. Morirà per i postumi di un tentato omicidio che voleva tarparne le ali. La sua colpa? Esigere, con inchiostro da lui vergato, la verità su omicidi scomodi, di cui era bene non parlare. Come quello di don Pasquino Borghi, fatto fuori dai neri, o di "Azor", liquidato da estremisti di altro colore.

"MIA NONNA MI DICEVA: GIOVANNI, LE COSE NON SONO ANDATE COSI'"

L'ingresso è a offerta libera, per la casa vacanze annessa alla bella chiesa del 1911.
Tra i "25 aprile" che hanno ricordato la Liberazione in Italia, parliamo anche di questo 'nuovo' appuntamento. Spiega GLF: "Questa è la festa di un popolo intero, ma di tutto. Per troppo tempo lo si è identificato solo con una festa di parte". E, prima del concerto (pagato a spese sue), il ricordo è per quella nonna "che quando uscivo per il 25 aprile con le bandiere rosse ai concerti, per ribadire che la Resistenza aveva solo il colore rosso, scuoteva la testa e mi diceva: Giovanni, le cose sono andate diversamente. E io a pensare: troppo vecchia, troppo ignorante per capire la complessità di un evento storico. Ma il tempo le ha reso giustizia e ora mi sorride dal Cielo". E il resto sono le parole di Giovanni Lindo sulla ricerca della verità, che sarebbe un peccato riassumere in questo breve spazio.

L'ASSEMBLEA CANTA IN LATINO CON GIOVANNI LINDO, DOPO IL ROSARIO

GLF legge le parole "del nostro Papa Benedetto decimo sesto" e parla anche coi suoi canti e il suo gruppo, cui ci piacerebbe 'limare' solo qualche espressione un po' forte per un pubblico anche di piccini, mentre le onde sonore si mescolano col profumo di prelibatezze di una squisita accoglienza paesana.
In chiesa, dopo il concerto, terminato il Rosario, lui intona il Salve Regina in latino e l'assemblea canta. Lui intona le litanie e le donne, solo quelle più anziane, rispondono in controcanto "proprio come usava sulle nostre montagne", dirà al termine, sul sagrato. E fuori dall'edificio, dedicato a S. Stefano, non può passare inosservato il pannello che ricorda questi eroi della Resistenza: il Solitario, Azor, don Pasquino… "si voleva dire che la Resistenza non fosse affare dei cattolici".

TRA IL PUBBLICO VOLTI NOTI, PARTIGIANI, FIGLI DI GENTE AMMAZZATA A CAVALLO DELLA LIBERAZIONE. CINQUE SACERDOTI PER LA MESSA, C'E' ANCHE DON DOSSETTI

A Tapignola, posto incantevole ma che si raggiunge facilmente solo coi cartelli preventivamente posti lungo il percorso, ci sono circa duecento persone (un terzo si ferma per il rosario). Sono cinque i sacerdoti che, alla mattina, hanno concelebrato la messa: don Alberto Nava, parroco di Villa Minozzo e Coriano, don Alberto Aguzzoli, parroco novantaseienne di Carniana (ogni sera alle 18 dice la Messa, spiega Ferretti, e spesso è solo: se potete fermatevi con lui), don Alpino parroco di Monzone, Macognano e Secchiello, don Riccardo parroco di Montecavolo, don Giuseppe Dossetti parroco di San Pellegrino e presidente del Ceis. Tra i volti noti, in ordine sparso, riconosciamo durante la giornata l'ex deputato Danilo Morini, l'ex senatore Giorgio Degola, i giornalisti di E' Tv, Pierluigi Ghiggini (l'Informazione), Giuseppe Losi (ordinario di industria del latte all'Università di Bologna), Enrico Bussi (presidente Teta, il cui padre venne ammazzato dai nazifascisti), Romolo Fioroni (partigiano), Giuseppe Giovanelli (storico), Alberto Lasagni (Confcooperative), Giuseppe Domenichini (direttore Confindustria Reggio Emilia), Noris Bucchi (avvocato), Fabio Filippi (consigliere regionale), Graziano Ferrari (della società Artecultura), alcuni rappresentanti del Comitato Amici di Rolando Rivi (il bambino seminarista martirizzato per cui è in corso il processo di beatificazione), Mara Redeghieri (ex vocalist Ustmamò), Clementina Santi (assessore alla cultura della Comunità Montana) e molti altri ancora. Menzione particolare di Giovanni Lindo per i familiari di "Azor" e "il Solitario", Daniela Simonazzi, Maria Teresa Morelli, il fratello, e, con loro, Carlo Losi.

I FANS: IL SUO E' STATO UN PERCORSO DI FEDE. E C'E' CHI SALTA LA MESSA E CHI RECITA IL ROSARIO

C'è chi, qui, è arrivato da Bologna e la Romagna, navigando e scoprendo questo appuntamento su internet. Naturalmente ci sono i fan che sul forum dei Pgr (www.giannimaroccolo.com/forum) discutono a lungo di Giovanni Lindo, coi rispettivi nikname. Incontriamo Emiliano – Emy (viene da Mantova), Andrea - Krinale (Parma), Luca – Koach (Gorizia), Fausto – Diabolik (Asti), Elisa – Militanza (Bologna), Silvia – Dianne (Parma), Paolo Maria – Batasuna (Vetto). Il loro pensiero sulla giornata: "La conversione di Giovanni Lindo è un percorso di fede, non di una conversione immediata miracolistica – spiegano -. C'è chi lo ha accusato di tradire la linea, erano coloro i quali lo vedevano solo come militante in senso stretto". "Ottima l'impressione – aggiunge Silvia – di lui che legge i versi del Papa. A portare il suo messaggio ci vuole coraggio e sincerità". Certo c'è chi orgogliosamente ha saltato la Messa, ma ci sono almeno tre fan che entrano in chiesa, recitano il rosario e cantano le litanie. "Il suo è un messaggio per tutti e che trovo molto rassicurante; è un riconciliarsi che è un messaggio attuale anche per i giovani", dice Dianne.

(Studio Arlotti Notizie)

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L'IDEOLOGIA DELLA RESISTENZA CHE CANCELLO' I CATTOLICI

di Giovanni Lindo Ferretti (tratto dall'inserto Agorà di Avvenire)

Per anni ho festeggiato il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo, partecipando a cortei cittadini fra rosse bandiere. Mi muoveva una tensione militante, un caotico groviglio di buoni sentimenti, la necessità di una mitologia civile, parole d’ordine propiziatorie a un futuro imminente e canti dal sapore antico, a ribadire un concetto che era un progetto: «La Resistenza è rossa, non è democristiana, W la lotta operaia e partigiana».

Nel cuore, inconfessabile, una punta di disagio ineludibile. Qualcosa non tornava. Nessuno nella famiglia di mio padre né di mia madre si era mai piegato al fascismo. Avevano rifiutato la tessera al partito nazionale fascista, non era stato facile né conveniente. Erano famiglie montanare forti e salde nella tradizione cattolica. Sapevano ciò che va dato a Cesare e ciò che è di Dio. E poi mia nonna, traslocata con noi in città in un appartamento che dava su una scala dove diciotto solitudini familiari convivevano in una educata estraneità, lo sguardo profondo e sereno, imperterrita continuava a ribadire: «No, le cose non sono andate così. Ma a chi interessa la verità?». Io la scusavo per l’affetto assoluto che ci legava, era vecchia, ahimè ignorante, succube della propaganda clericale. Come poteva comprendere la complessità della storia? Il tempo, grande consolatore degli umili, le ha reso giustizia. Quella menzogna che lei aveva visto crescere e imporsi dopo il terrore dell’occupazione tedesca, almeno nel mio cuore, si è sgretolata.

Non sono uno storico, non sono un politico, sono innamorato della libertà. Il mio ritorno a casa, alla mia storia, alla mia tradizione nella fede, ha reso doverosa la necessità di rendere testimonianza alla verità dei fatti. La prima parte della verità è il contesto sociale e religioso in cui la Resistenza, sui nostri monti, ha potuto fiorire: le canoniche, i sacerdoti, le famiglie. La seconda parte della verità è il contributo militare, politico, umano che i giovani cattolici partigiani hanno offerto alla Resistenza, alla dignità civile di questo nostro paese. La nostra patria. La terza parte della verità è la cappa di caligine calata sulla nostra terra, nelle coscienze, a Liberazione avvenuta o appena prima: i cattolici dovevano sparire dalla Resistenza o essere residuali insignificanti.

Così Giorgio Morelli, “il Solitario”, non è stato riconosciuto come partigiano e siamo in un ridicolo che si fa subito tragico: sarà ucciso, dopo. Così il Comandante Azor e Don Jemmi sono stati uccisi, appena prima. Non sono i soli e non erano i vinti. Al di fuori, al di là di ogni dimensione di partito, di associazioni e comitati, di rivendicazioni o lamentele, voglio festeggiare la libertà riconquistata, la Liberazione dal nazi-fascismo, nella verità. Rendere onore ai nostri vecchi, ai nostri giovani eroi, ai nostri sacerdoti. Al loro coraggio, al loro amore per la libertà, al loro amore per l’uomo che è, carne e ossa, non quello che sarà in un’età dell’oro a venire. Con la forza della fede in Cristo e quella pace del cuore che ha permesso ai nostri partigiani di morire con le armi in pugno e il perdono sulle labbra. Liberi nel mistero della vita, che è dono prezioso, irriducibile a qualsivoglia ideologia. Liberi, in questi nostri giorni in cui un’altra cappa, stavolta variopinta, pretende i cattolici spariti dalla vita pubblica, il Papa, il suo magistero e la tradizione cattolica come residuali tiepidi e folklorici.

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