“La vita è una missione!”. E’ stata questa la frase introduttiva del prof. don Severino Dianich intervenuto ieri sera nel bel salone parrocchiale di Minozzo, tutto pieno, nel secondo dei tre incontri organizzati dai vicariati montani, sulla scia e intesi come momenti di approfondimento e ripresa del convegno ecclesiale della montagna svolto negli anni 2002-2003.
A fare gli onori di casa il parroco locale, don Adelmo Costanzi; mons. Francesco Marmiroli, dal canto suo, ha portato i saluti del vescovo Adriano.
Don Dianich, che ha sviluppato il tema: “Partecipazione e responsabilità dei laici nella società e nella Chiesa”, ha enunciato alcuni dei passi biblici in cui si ritrovano riflessi della sua affermazione (Genesi; parabola dei talenti). “Possiamo parlare di sacerdozio dei cristiani, che sono chiamati ad offrire il loro corpo a Dio, e che in questo modo compiono la loro missione”.
“Non è tanto importante – dice Dianich – osservare quanta gente va in chiesa, ma piuttosto riflettere su ciò che accade fuori di essa. Se la Chiesa vuole misurare il proprio ‘consenso’ non deve limitarsi perciò il dato quantitativo ma osservare invece le relazioni che si stabiliscono e interessano la comunità in senso più lato”.
“Così impostata la questione, risulta evidente che i veri missionari sono dunque proprio i laici, più ancora degli stessi preti, i quali tante volte sono già molto occupati all’interno da vari compiti”. “Pensiamo – esemplifica il relatore – a chi ci ha parlato di Gesù per la prima volta: nella maggior parte si tratta, prima ancora che del sacerdote, del papà o della mamma”.
Il compito precipuo del cristiano, quello di comunicare la fede, si va dunque sempre più, per usare una brutta parola, “esternalizzando” (nel senso qui inteso). “Questo atteggiamento, va da sé, deve contemperarsi con l’onestà e l’apertura al prossimo: allora sì che la fede può essere credibilmente comunicata". Diversamente si rischia di fare proselitismo asciutto.
“La missione si compie qui ed ora – sono sempre parole del prof. Dianich – ma una delle condizioni basilari richieste al laico che parla di Gesù è la competenza. Ciascuno nel proprio ruolo. Esempio: un docente non farà buona missione facendo recitare il Rosario ma piuttosto insegnando bene”. “La qualità del lavoro e dell’impegno di ciascuno di noi – soggiunge – sarà il discrimine che ci inserirà nel circuito sociale con una determinata responsabilità”.
Ma come si distingue il cristiano nel mondo? Risponde don Dianich: “Egli, pur nella realtà dei conflitti e degli scontri, mira sempre come obiettivo alla concordia e alla riconciliazione; a questi fini ultimi consacra il proprio impegno e il proprio 'cuore'. Ciò che è in fondo il compito della Chiesa nel mondo”. Ma non solo nel lavoro il cristiano è chiamato alla missione; c’è l’altrettanto importante ambito famigliare, come ricorda l’oratore.
Infine, ecco le tre virtù teologali - fede, speranza, carità - vere stelle polari del cristiano: “Sono queste le condizioni di base necessarie”, afferma Dianich, che poi si diffonde nello spiegarne i contenuti. E conclude, compendiando con una frase che concettualmente sembra un po’ la quadratura del cerchio del discorso: “Dobbiamo essere un popolo sacerdotale”.
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L’intera registrazione dell’intervento di Dianich (durata ca. 50’) viene proposta giovedì 19 aprile, alle ore 21, su Radionova 94,350 MHz.