Quali sono i motivi che potrebbero portare un laico a credere nella Pasqua? E quindi a credere che dopo la morte c’è una vita nuova, dopo il mortale c’è l’immortale e dopo un errore o una sofferenza o c’è la possibilità di redimersi o di guarire?
Per provare a rispondere a questa domanda sarebbero necessarie doti filosofiche, teologiche e culturali che, purtroppo, il vostro cronista non possiede. Potrebbe bastare anche la parola “fede”, ma per chi non l’ha?
Vi raccontiamo, allora, di quanto abbiamo assistito pochi minuti fa.
In un capoluogo come tanti della nostra montagna torna la Processione col Cristo morto, il giorno del Venerdì santo. E’ l’occasione giusta per vedere cosa accade in paese e tra la gente.
Paolo commentando l’afflusso composto di folla, numerosa nonostante il vento pungente di una sera di primavera, dice: “E’ giusto e bello riappropriaci della ritualità in queste circostanze”. Questo rito, noto nell’Ottocento, è stato riproposto solo da pochi anni. Vedi Michele, bancario, di fianco a Yuri, che lavora tra forme di formaggio, entrambi vestiti col saio bianco si danno il cambio nel tenere la portantina. Il parroco, pur col microfono gracchiante, è riuscito a motivare i ragazzi che aprono la processione, alzando la Croce.
Inizia il percorso, lungo le vie storiche del borgo, e vedi fiammelle delicate un po’ ogni dove. Anche Guido, l’agricoltore là lontano lungo i campi della Costa, ha voluto fare il suo omaggio al passaggio del Cristo: luci fioche e numerose sembrano indicare la strada come stella cometa. Claudio ricorda quando si usava, e in alcuni paesi usa ancora, “bruciare la vecchia” nel periodo pasquale, così i terreni torneranno così a nuova vita. Le nove stazioni sono intervallate dal canto “A Maria Addolorata” dove, ognuno come può presta la voce.
Arrivi al Carbiolo, dove nel 1862 per scampato pericolo venne eretta questa edicola votiva, e ammiri nel suo splendore quella che potrebbe anche essere solo una semplice opera d’arte. Ciro, il custode, ne ha spalancato il cancello e, allora, osservi una statua, bella nella sua semplicità, due pitture e gli ex voto, la scritta davanti alla quale sfila la processione “O passegger che passi per la via non ti scordar di salutar Maria”.
Scostata, sull’uscio di una casa, una badante russa sta in penombra e saluta il passaggio della statua in legno e in cuor suo, siamo certi, porta il saluto dell’anziana che accudisce. Lontano fai a tempo a scorgere i bambini che si rincorrono nel mettere già le candele lungo il percorso. Ne hanno posata anche una lungo quella casa abbandonata da anni e pare quasi di ammirare il saluto degli antichi abitanti. La birreria, in segno di rispetto, ha spento le luci. Un’altra stazione sosta a un'incantevole maestà eretta pochi anni fa da un muratore.
I cani, a modo loro, aggiungono le loro voci a quelle di chi prega. Fernando, pittore, espone il suo affresco di benvenuto al passaggio del Figlio di Dio. Stridono solo le luci immutate delle vetrine. E’ d’effetto vedere che, per l’occasione, c’è chi ha rispolverato le luci di Natale. La processione sale di nuovo verso la chiesa per la benedizione finale non prima di avere riascoltato le ultime parole dell’ultima stazione “Davvero costui era il Figlio di Dio”. Scorgi visi che non vedevi da tempo.
Mentre osservi le persone in fila per baciare il corpo di Cristo deposto all’altare, mediti all’altro Paolo che dice “La sfida vera del nostro futuro e delle altre generazioni sarà nel sapere mantenere i valori”.
In questa sera così diversa, pensi ai volti, alle suggestioni, alle tracce del tempo e alle risposte che ognuno, a suo modo, porta con sé e a te che cerchi una risposta.