Era il 19 gennaio 2007, ma, fosse stato il 19 gennaio 1927, forse qualcuno non se ne sarebbe accorto. Certo, magari le giacche Armani e le etichette Dolce e Gabbana sarebbero apparse in qualche modo esotiche.
Il palco era quello del teatro Bismantova, a Castelnovo ne' Monti, ma avrebbe potuto essere uno dei tanti cafè in cui si trastullava la borghesia di via Veneto, non lontana dal Colosseo.
La band stessa si presentava piuttosto vintage, per non dire picaresca: un batterista dalle grandi mani e dalla mole massiccia; accanto, lo smilzo suonatore di contrabbasso; poi un pianista che dava la schiena al pubblico, il cui sorriso lo si è visto soltanto nel momento dell’inchino, e il fisarmonicista assorto e peperino. È il Renzo Ruggieri Group.
Infine, Lei, in abito nero con spilla d’argento, e il suo pallore da diva del muto. Eppure di voce ne aveva, eccome se ne aveva!
Antonella Ruggiero ha cantato le canzoni del Ventennio, le canzoni tra le due grandi Guerre.
Canzoni dai contenuti semplici ma felici; canzoni di speranza e serenità, di purezza e di calore; canzoni imprescindibili, in tempi meno facili di adesso.
Ha cantato l’amore per Mariù, il chiarore di una mattinata fiorentina, storie di amanti e di animali, di povera gente che balla il valzer e pinguini innamorati, di uccellini cinguettanti e crape pelate; il tutto scandendo bene le parole, esaltando la forza della loro semplicità.
Sono messaggi chiari e precisi, straordinari per come, ricorrendo a metafore molto spesso poeticamente scontate, riescano a essere tremendamente efficaci e vivi, sanguigni e contemporaneamente candidi: le parole giuste, al posto giusto, nel momento giusto.
Parole che richiamano stati d’animo, sentimenti senza tempo, con un’immediatezza naturale, come fosse una necessità, tra le macerie di guerre e fascismi.
Come uscite da una vecchia radio, o da un grammofono. Che cos’è l’I-Pod?
Una voce incredibile, a tratti commovente; un viso senza tempo; tanta grazia nei movimenti: Antonella Ruggiero era magnetica, al punto che risultava difficile distoglierle gli occhi di dosso, per poter assaporare la bravura dei musicisti, l’efficacia e il fascino glamour delle melodie riarrangiate in chiave jazz.
Come fossero meditazioni assorte.
Come fosse una serata di gala.
Che cos’è il download?
Purtroppo è stato breve, questo viaggio nei tempi che furono: finito l’incanto, ringraziata l’artista per la lezione di classe e stile, resta qualche attimo per riflettere, per provare a chiedersi dove siano finite, oggi, la semplicità e la delicatezza. L’eleganza. Il pudore.
Come fossero petali di rosa.
Cresceranno, tra lo smog e i divieti di circolazione?
Ma forse sto bestemmiando, la frenesia chiama, qui bisogna correre, è la velocità che fa girare il mondo, che punta il dito contro i dipendenti pubblici, che non permette lacrime. Spinta da robot, soldi, cocaina, ignoranza.
Ah, dolce vita che te ne vai…