Home Cronaca “Ridurre i membri della giunta comunitaria”

“Ridurre i membri della giunta comunitaria”

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Alcuni consiglieri di minoranza della Comunità Montana, in vista dell'avvicendamento alla carica di presidente dell'ente che raggruppa i comuni del nostro Appennino, hanno sottoscritto un intervento ed un documento programmatico.

Andandosi al rinnovo della Giunta - a seguito delle dimissioni rassegnate dal Presidente in carica - non abbiamo, come minoranza consiliare della Comunità Montana, la forza numerica per sostenere la candidatura di un esecutivo di nostra espressione.

Non rinunciamo tuttavia ad esporre il nostro pensiero sul ruolo che dovrebbe svolgere la Comunità Montana per la tenuta ed il rilancio del nostro territorio, pensiero che è in diretta continuità con quanto andiamo sostenendo fin dall’insediamento di questa assemblea consiliare, avvenuto nel novembre 2004.

Similmente a quanto facemmo due anni or sono, nel gennaio 2005, in occasione dell’intesa istituzionale di programma di cui alla L.R. n. 2/04, anche in questo caso ci affidiamo ad un documento, volto nella fattispecie a delineare il senso dell’azione politico-amministrativa che la nostra parte intenderebbe sviluppare qualora avesse la guida della Comunità Montana.

L’odierno documento insiste sulla centralità della famiglia e del sistema produttivo, e sul loro sostegno, anche in funzione delle problematiche del mondo giovanile, senza naturalmente trascurare le questioni ambientali; e ripropone altresì la tesi del contenimento delle imposte locali e anche del costo dei servizi, sembrandoci questa la via maestra, insieme alla selezione delle voci di spesa nei pubblici bilanci, per consolidare e rafforzare le comunità del nostro Appennino e il loro tessuto socio-economico.

Tali pagine - che per noi assumono idealmente il valore del documento programmatico di cui all’art. 22 del vigente Statuto della Comunità Montana - vengono condivise e sottoscritte anche da parte di consiglieri comunali che non fanno parte del Consiglio comunitario, a comprova che sui principi e sugli obiettivi da perseguire c’è ampia identità di vedute.

Confidiamo che la maggioranza consiliare vorrà confrontarsi sulle tematiche da noi richiamate e ci aspettiamo nel contempo una riduzione numerica dei membri di Giunta, rispetto alla configurazione attuale, perché una scelta diversa confliggerebbe oggettivamente con i sacrifici che in questo momento vengono chiesti al Paese.

(Riccardo Bigoi, Paolo Bolognesi, Giuseppe Moncignoli, Fernando Cavandoli, Marino Friggeri, Marcello Malagoli, Massimiliano Coloretti, Davide Morani, Lorenzo Sbrighi, Alessandra Zobbi, Giovanni Ferrari, Luigi Cagni, Robertino Ugolotti)

* * *

Il nostro documento del gennaio 2005, nel quale continuiamo a riconoscerci e col quale abbiamo allora partecipato alla stesura del testo sulla Intesa Istituzionale per l’Appennino Reggiano, puntava ad individuare i binari lungo cui perseguire la tenuta ed il rilancio del territorio montano.

Volendo sintetizzare quelle pagine, dove peraltro riprendevamo e sviluppavamo concetti già espressi nella seduta di insediamento del 12 novembre 2004, possiamo dire che la famiglia e il lavoro venivano individuati come i punti cardinali di una bussola ideale su cui orientare l’azione amministrativa.

Il binomio lavoro-famiglia è infatti l’elemento che oggettivamente àncora le comunità ai luoghi d’origine, perché le rende stabili e vitali, dando loro la rassicurante prospettiva di continuarsi nel tempo, e può rappresentare un efficace antidoto verso il disagio e le problematiche del mondo giovanile. E’ nel contempo il modo più naturale per conservare le tradizioni e salvaguardare l’ambiente dall'involuzione che per solito accompagna la crisi delle popolazioni locali; ed è dunque la strada per tutelare l’identità di un territorio, un obiettivo che ci sembra irrinunciabile e oggigiorno molto attuale, anche perché costituisce la verosimile premessa per vincere le diffidenze che possiamo nutrire verso l’esterno ed aumentare così la capacità e dunque la soglia di accoglienza.

Dicevamo, in un passaggio del documento, che se da un lato l’impresa, vista nelle sue molteplici espressioni, è funzionale alla famiglia perché le dà reddito, e quindi tranquillità economica, vale anche l’effetto opposto, dal momento che un nucleo famigliare ben inserito, oltre a porsi come soggetto consumatore, genera coesione e sicurezza sociale, mentre accentua le motivazioni dei suoi componenti verso il proprio lavoro, andando così ad accrescere il vigore e la competitività delle imprese locali. Si realizza in sostanza un circuito virtuoso di positive reciprocità.

Ci sembra inoltre che un siffatto rassicurante contesto inclini maggiormente al solidarismo, specie in un comprensorio com’è quello nostro, dove sono ancora freschi i valori che improntavano il mondo rurale, il suo mutuo relazionarsi ed interagire, nonché il rapporto con il proprio territorio. Valori che devono ora trovare nuovi custodi per essere capitalizzati e soprattutto non andare dispersi, visti i cambiamenti cui quel mondo è andato incontro.

E la custodia più autentica di quel patrimonio valoriale non può che venirci dall’armonico consolidarsi del tessuto socio-economico esistente, che è in diretta continuità con i decenni trascorsi, e che può in qualche misura rigenerarne e attualizzarne lo spirito, perché la sfida più ardua, qui come altrove, è verosimilmente quella di saper coniugare al meglio le dinamiche e le esigenze del presente con le consuetudini e l’eredità etico-culturale del passato, sposando idealità e pragmatismo.

Aggiungevamo anche che la famiglia diventa determinante in più d’una delle odierne criticità sociali, mentre ci andiamo sempre più accorgendo della sua insostituibile funzione educatrice nei confronti dei giovani, funzione che è stata sovente sottovalutata e spesso delegata.

Nel corso di questo biennio abbiamo avuto ripetutamente modo di riproporre questi concetti, e se famiglia ed attività economiche vanno a costituire il baricentro di un sistema che vuole rinsaldarsi e crescere mantenendo il livello dei propri servizi, terziario compreso - come noi riteniamo debba essere, e lo si può dire fuori da ogni enfasi - il loro ruolo va concretamente valorizzato e sostenuto su larga scala, anche perché, attenendoci sempre al discorso già fatto, una comunità diffusamente solida e assestata, non assillata dalle preoccupazioni economiche, può simmetricamente concedersi atti di maggiore generosità e “mecenatismo” sociale, atti che oggi come ieri sono sicuramente utili e benvenuti, anche perché così si allargano gli spazi che possono restare fuori dall’orbita della pubblica amministrazione, un aspetto che noi vediamo con molto favore per valorizzare le svariate e differenti forme di aggregazione e rappresentanza con cui si organizza spontaneamente una società.

Sulle medie e piccole imprese, particolarmente presenti nelle aree montane, in un articolo comparso in questi giorni sulla stampa locale troviamo scritto: "Vanno sostenute ed accompagnate al superamento della crisi perché possano continuare a svolgere il loro fondamentale ruolo di creazione di ricchezza e di collante della coesione sociale". Ci sembrano parole molto vicine ai nostri ragionamenti e questo ci serve da incoraggiamento perché il nostro vocabolario non prevede certo di “far piangere i ricchi” ma crede piuttosto che il benessere economico possa anche tradursi, come non da adesso diciamo, in opere sociali tutt’altro che insignificanti.

La prima via per perseguire il risultato che andiamo auspicando è a nostro giudizio un intervento di tipo orizzontale, che riguardi indistintamente tutte le famiglie e tutte le entità economiche, in quanto generatrici di reddito e di occupazione, e lo strumento più realistico ed immediato per arrivarvi passa attraverso la fiscalità, nel senso di abbassare, o quantomeno non innalzare, le aliquote e il carico fiscale, e possibilmente anche quello tariffario. Ci conforta in questa tesi il consistente gettito ed aumento delle entrate per le casse dello Stato avvenuto nel 2006.

Sono le ragioni che ci hanno portato ad avanzare un insieme di considerazioni nell'interpellanza del novembre scorso, in cui prefiguravamo di non introdurre aumenti Ici o imposte addizionali, e neppure inasprimenti tariffari per i servizi, vedi acqua/gas/nettezza urbana, un traguardo che implica di agire su due versanti: chiedere da un lato maggiori trasferimenti statali e regionali e nel contempo contenere o rinviare/diluire, e se del caso eliminare, le uscite che non abbiano carattere di indispensabilità, il che si traduce inevitabilmente in una selezione delle voci di spesa.

Riteniamo anche che ne gioverebbe il sentimento di fiducia che tutti noi vorremmo ci legasse agli enti locali che ci sono fisicamente più vicini e che non riusciamo a percepire nella veste di “esattori” o “gabellieri”.

E’ vero che le competenze in questo campo (tassazione locale e costo dei servizi) afferiscono ai comuni e non alla Comunità Montana, ma quest’ultima può esercitare in proposito un’importante opera di raccordo e regia, impegnando e destinando nel contempo risorse economiche col fine di contenere il prelievo fiscale e i rincari tariffari.

Partendo dalla suddetta condizione di base, ossia di benefici comuni e trasversali volti a cementare e a rafforzare il sistema montagna in via generalizzata, riesce poi più facile inserirvi gli interventi mirati, tesi a supportare e a incoraggiare le iniziative meritevoli di ulteriore e particolare attenzione, avendo anche riguardo della loro potenzialità occupazionale.

Si tratterebbe dunque di un'operazione condotta su due piani, o se vogliamo lungo due binari, che ha secondo noi il pregio di non creare disparità, perché, se da un lato viene premiata l’intraprendenza e l’imprenditorialità, dall’altro non si trascura comunque nessuno dei soggetti che hanno scelto di restare in montagna e di svolgere qui il proprio lavoro, e hanno così presidiato un territorio che se ben gestito e governato (e quindi condotto in modo da non metterne a pregiudizio l’integrità) può rappresentare per le sue peculiarità ed “eccellenze” un patrimonio ed un investimento per l’intera comunità provinciale, e non solo, come altre volte ci è capitato di affermare; e non siamo di certo gli unici a pensarla così.

Ci siamo dilungati sul tema famiglia e attività produttive in ossequio alla regola che un progetto politico-amministrativo dovrebbe connotarsi per alcune priorità, che ne improntino l’azione pur senza monopolizzarla.

E’ con questo spirito che a nostro avviso va affrontato l’argomento viabilità, perché laddove si pongono problemi di mobilità non si arresta la tendenza all’esodo, mentre si affollano le aree più facilmente accessibili, e già intensamente abitate, con tutti i relativi squilibri e inconvenienti.

Se qui il pensiero corre al crinale, vale a dire alla fascia che più ha subito lo spopolamento e che possiede indubbie potenzialità turistiche, viene da dire che se ci sono turisti attratti in via esclusiva o prevalente dalle bellezze naturali e incontaminate, non meno ve ne sono che apprezzano la suggestione di quei luoghi dove l’uomo continua a risiedere e a convivere in sintonia e simbiosi con il proprio ambiente pur avendo aggiornato gli stili di vita, e dunque dobbiamo fare il possibile perché riesca a rimanervi con lo stesso stato d’animo, e l’adeguatezza dei collegamenti stradali ne costituisce uno dei principali presupposti, che ci ha fatto presentare la richiesta/proposta del dicembre scorso sulla viabilità.

Riteniamo infatti che la Comunità Montana dovrebbe esprimersi sulla rete viaria del nostro comprensorio, nel senso di prefigurare, quantomeno sulla carta, la soluzione di quelle criticità che aspettano da tempo di trovare idonea risposta. E’ una faccia della programmazione, e ci saremmo ad esempio aspettati un pronunciamento sul tratto del Ponte Rosso della statale 63, di cui si sta da anni parlando, ma salvo dimenticanze non vi è mai stato.

Allargando il discorso, crediamo che un esecutivo che conta sette assessori, oltre al presidente, avrebbe potuto analizzare svariate tematiche, e fornire se del caso suggerimenti e proposte in merito, che pur nel rispetto di ciascuna competenza istituzionale possono agire da motore e da stimolo.

Abbiamo appena detto delle strade, ma possiamo anche ricordare la nota del gennaio dello scorso anno, con cui veniva significata l’opportunità che la Comunità Montana raccogliesse presso i tredici comuni una scheda di dati riguardanti le prestazioni di assistenza domiciliare, per poter avere elementi di raffronto e riceverne semmai indicazioni organizzative, in una materia di indubbia delicatezza e complessità. Ci pareva un compito molto attinente al profilo del nostro ente, ma da quanto ne sappiamo non vi è stato fin qui alcun seguito.

Per fare un altro esempio, capita abbastanza spesso di vedere che sui cigli delle strade, o lungo le scarpate, fino ad interessare campi e boschi, vengono abbandonati o dispersi materiali di vario genere (carte, contenitori di plastica e/o di metallo, ecc…), desolante testimonianza di abitudini e comportamenti, tra chi si trova a transitarvi, che non hanno giustificazione alcuna. Riteniamo che la Comunità Montana avrebbe potuto promuovere in proposito un’organica campagna di sensibilizzazione, di cui non può sfuggire il forte significato simbolico in un’area che deve puntare molto sulla qualità ambientale, e dunque sul generale rispetto di regole elementari nel rapporto uomo-territorio.

C’è poi un altro e più ampio terreno sul quale la Comunità Montana può utilmente spendersi. Vi sono norme e disposizioni che possono presentare o far intravedere difficoltà applicative o insufficienze, che, ove ravvisate, andrebbero segnalate al legislatore, e la Comunità Montana potrebbe appunto far da riferimento e farsene interprete.

Restando in tema, dal momento che pare essere in via di revisione o di integrazione la legge sulla montagna, ci aspettavamo che giunta e maggioranza formulassero al riguardo delle proposte, dopo averle sottoposte al Consiglio per raccogliere ogni possibile contributo.

A tale riguardo, sempre nella nostra citata interpellanza del novembre scorso, affrontando la questione accatastamento dei fabbricati ex-rurali, avevamo accennato al progressivo e preoccupante aumento degli incolti, un fenomeno molto serio che fa il paio con le persistenti difficoltà in cui versa la nostra agricoltura, proprio mentre se ne vanno scoprendo le molteplici funzioni e potenzialità. Un fenomeno, quello dei terreni dimessi, che meriterebbe di studiare e ricercare le modalità per invertire, o quantomeno fermare, la tendenza in atto, anche attraverso meccanismi di agevolazioni-incentivi, che potrebbero trovare giusto posto nella legislazione in parola, e altrettanto potrebbe avvenire per dar sostegno all’imprenditoria montana, alla luce di quanto si è avanti detto.

Sappiamo bene che le proposte formulate rischierebbero di non essere accolte, o esserlo solo in parte, ma una simile eventualità nulla toglie all’importanza di costruirle e di avanzarle.

E’ questa l’idea che noi abbiamo circa il ruolo della Comunità Montana, e non è casuale che il nostro ordine del giorno sulla Finanziaria 2007 domandasse di lasciare inalterata la composizione dei Consigli, ottenendo il risparmio tramite la riduzione numerica dei membri di giunta, proprio per sommare la pluralità delle esperienze che può tradursi in preziosa capacità propositiva.

Ci ha francamente stupito il fatto che il pari ordine del giorno della maggioranza non abbia detto nulla al riguardo, preferendo aspettare quanto stabilirà il nuovo “Codice delle Autonomie Locali”, e non riusciamo ancora a spiegarci un tale silenzio. Ci aspettiamo in ogni caso un esecutivo numericamente più leggero rispetto alla configurazione attuale, peraltro da noi già contestata all’origine, perché una scelta diversa contrasterebbe apertamente con i sacrifici che in questo momento vengono chiesti al Paese, e potrebbe di conseguenza avere il sapore di una indifferente autoconservazione.

Non possiamo poi sottacere la questione sede del Parco nazionale, per la quale la candidatura di Ligonchio ci pare ovvia e naturale, e confermiamo dunque la nostra mozione del 3 dicembre scorso, così come rimaniamo convinti che un eventuale ampliamento del perimetro del Parco (di cui ci è giunta voce, pur se non sappiamo quanto fondata)dovrebbe avere un passaggio nel Consiglio della Comunità Montana, anche per capire meglio i rispettivi ruoli di entità sovracomunale e i rapporti che devono intercorrere al riguardo tra i due enti.