Il 28 maggio 2006 nel paese di Felina, in Comune di Castelnovo Monti, davanti a quasi 10 mila persone festanti assiepate nei campi, implodeva l’”Ecomostro di Calcinara”. Un evento della durata di pochi secondi, rumoroso ed eclatante, che pur nella sua brevità ha rappresentato un vertice nel processo di svolta che da anni interessa il territorio dell’Appennino reggiano.
Negli anni in cui l’ecomostro veniva edificato, accolto con grande enfasi dalla popolazione come simbolo di sviluppo, era diffusa ed in pratica unanimemente accettata l’idea che il modello vincente (al di là delle attività tradizionali già radicate sul territorio), da esportare anche su questo territorio nonostante presentasse oggettive difficoltà, fosse quello dello sviluppo industriale della pianura. Non è un caso se l’edificio all’epoca ottenne tutte le autorizzazioni necessarie
La peculiarità della spettacolare rimozione, perseguita con decisione negli ultimi anni dal Comune di Castelnovo Monti, è stata proprio questa: non si è trattato, come in altri casi eclatanti (il più recente Punta Perotti) della demolizione di un edificio abusivo, una semplice restaurazione rispetto ad un illecito. L’edificio di Felina era stato voluto da un privato ma accettato e richiesto da tutta una comunità. La stessa comunità oggi ha voluto chiudere quella fase, capendo di aver superato una concezione che non si adattava al territorio montano.
Anche per questa sua valenza il “botto” del 28 maggio è stato il momento centrale della prima “Biennale del Paesaggio” di Reggio Emilia, un evento teso alla riflessione sul paesaggio come capitale su cui investire. Quel giorno per l’Amministrazione comunale di Castelnovo Monti non è stato comunque un passaggio isolato: da diversi anni ormai stiamo cercando di costruire e realizzare progetti incentrati su uno sviluppo più compatibile con l’ambiente; su un turismo non più massificato ma ormai attento anche alle aree meno “battute”, ricche di storia, prodotti tipici, panorami incontaminati; su un contatto con il territorio incentrato sulla pratica sportiva e sul benessere psicofisico; sul recupero delle radici storiche del paese e delle borgate.
Castelnovo ha oggi in mano delle carte importanti da giocare su questo nuovo “tavolo verde”: fa parte dal 2000 del circuito delle Cittaslow, le città del buon vivere; le sue emergenze naturalistiche più importanti, la Pietra di Bismantova e la valle dei Gessi Triassici, fanno parte del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano; il Comune ha ottenuto la certificazione ambientale europea. Attualmente restiamo impegnati su più fronti per andare avanti su questo percorso.
Già nel recente passato sono state investite ingenti risorse sul recupero del bel centro storico di Castelnovo, e sulle strade e gli edifici più antichi e pregiati dei borghi, ed oggi questa scelta prosegue con un progetto incentrato sulla qualità: qualità dei nostri paesi ed edifici. Riconoscere gli elementi architettonici e strutturali del nostro passato e le tipologie più recenti, valorizzare e riqualificare gli edifici di maggior interesse, proseguire con gli interventi sulle frazioni, sono solo alcuni dei passi che stiamo compiendo.
Un aspetto importante è anche l’attenzione alle modalità attuali del costruire: abbiamo avviato su questo tema specifico un dialogo con i tecnici privati del settore edilizio. Dopo la costituzione della nuova Commissione per la Qualità architettonica e del Paesaggio abbiamo scelto di realizzare uno strumento di grande importanza, contenente le linee guida che la stessa commissione adotterà per la valutazione (esclusivamente “estetica”) dei nuovi progetti: lo stesso documento è stato appunto discusso e rivisto insieme ai professionisti del settore.
Un programma di valorizzazione che sta coinvolgendo anche una peculiare forma di architettura produttiva del nostro territorio: i caseifici. Sono state attivate collaborazioni per arrivare ad una cura maggiore di questi edifici, veri e propri “templi del gusto” in cui questa estate sono stati realizzati per la prima volta anche eventi culturali ed artistici. Sono stati inoltre incrementati gli spazi per gli spacci di vendita diretta, ora aperti anche ad altri prodotti tipici di alta qualità.
Oggi stiamo anche pianificando interventi su un ulteriore, enorme patrimonio territoriale, che sono le nostre aree boschive. Il progetto per questo “restauro del paesaggio” prende atto che il tempo, i modificati stili di vita (che non presuppongono più un utilizzo ed una “antropizzazione” del bosco) possono portare ad una sua diffusione eccessiva, dannosa anche per lo stesso ecosistema, e che sta arrivando a “nascondere” alcuni nostri monumenti naturali e storici.
Stiamo perseguendo il recupero di usi del passato che fanno parte della nostra tradizione: la coltivazione del
castagneto, la gestione degli usi civici (quelli che all’epoca matildica erano i “terreni comuni” dove tutti potevano andare a far legna o a raccogliere i prodotti del sottobosco), l’attività agricola diffusa su tutto il territorio, così come l’allevamento del bestiame. Ma consideriamo anche gli utilizzi più moderni della risorsa – bosco, come la produzione di energia da biomassa: abbiamo da poco concluso un ciclo di conferenze sulla produzione delle energie rinnovabili.
In tutto questo la demolizione dell’ecomostro di Felina rappresenta una sorta di manifesto, una assunzione di impegno da parte dell’amministrazione: da qui in poi la priorità sarà il paesaggio e la sua valorizzazione, anche quando ciò comporterà andare contro interessi economici più immediati.