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Carlo Petrini spara ad alzo zero contro il calcio italiano

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S’è visto un po’ di ricambio di tipi umani tra gli spettatori presenti nella platea del Teatro Bismantova, ier l’altra sera. Era in programma uno spettacolo di prosa. Ma non la solita prosa: si parlava infatti di calcio. E questo, almeno per molti degli intervenuti, faceva una bella differenza!

Bene, il calcio è stato messo alla berlina, in quel ridicolo in cui s’è cacciato da solo; è stato detto, ripetuto e ribadito (da un lucido e “spietato” ancorchè malandato Carlo Petrini, nell’intervista curata da Ivan Paterlini, della Gazzetta di Reggio, in coda allo spettacolo). Cose che si sanno. Da tempo. Per chi vuol vedere.

Forse qualcuno c’è rimasto male. Taluno ha chiesto qualche parola di speranza in mezzo a cotanta oscurità (e s’è sentito rispondere con esempi di segno contrario); dal pubblico talaltro ha chiesto che succede allora nei settori giovanili (e in replica ha ascoltato la parola “integratori”, come anticamera e primo passo del doping che verrà…)… Niente da fare, Petrini è stato “irremovibile” nella sua sentenza (confessando peraltro la sua vergogna, avendo fatto parte del “giro” e proprio per questo ben conoscendolo): il calcio italiano, e tutto il mondo che ci ruota attorno da decenni (gli inizi della carriera del calciatore ex Genoa, Milan, Roma, Bologna datano alla fine degli anni ’60), è marcio fino al midollo.

Non solo doping: soldi, scandali, partite aggiustate, arbitri compiacenti, maneggioni, drammi umani, carriere fatte passando sui cadaveri di fior di giocatori… Insomma, una rappresentazione per certi versi raggelante. Chissà mai che cosa avranno trattenuto e rimuginato della serata e delle parole “petrine” ascoltate in diretta gli aficionados, i tifosi, i tanti “commissari tecnici” presenti in sala, i gruppetti e rappresentanti delle folte schiere che, presi dalla febbre dello sport nazionale d’Italia, si trasformano in altrettanti maghi delle rivoluzionarie strategie poltronare del lunedì.

Di certo, volendo, non mancheranno altri edificanti argomenti per riempire le riunioni serali al bar… Non solo, dunque, rigori sbagliati & traverse colpite & arbitri cornuti; ma anche, e piuttosto, siringhe che aiutano a non sentire la fatica & autoreti calcolate al millimetro & vertici Moggi-Baldas-Paparesta per decidere in anticipo l’assegnazione degli scudetti.

Per la cronaca, lo spettacolo, un monologo di circa un’ora e mezzo che ha coinvolto anche il pubblico, è stato condotto da un bravo e poliedrico Alessandro Castellucci, che ha recitato dando voce a vari protagonisti (simpatica la caricatura del senatore milanista Gianni Rivera) e saltellato in lungo e in largo sul palcoscenico, sostenendo con disinvoltura anche un’intensa prova fisica.

Un buon teatro. Che parla della nostra società, dei nostri tempi, delle nostre passioni. Che aiuta a capire in chi riponiamo la nostra fiducia, per aprire gli occhi, per decifrare meglio il mondo che abbiamo attorno.