I dati relativi al livello culturale degli studenti delle scuole medie superiori e delle università italiane evidenziano un livello di preparazione in linea con la media europea, ma certo non eccelso.
In particolare, si registra una contrazione significativa degli studenti universitari iscritti a facoltà scientifiche: nel giro degli ultimi 60 anni, tale diminuzione si attesta nell’ordine del 40%, passando da quasi il 50% degli iscritti nell’anno accademico ‘51/’52 al 30% circa dell’anno accademico 2000/2001.
Questo fenomeno, che è stato rilevato anche negli altri stati membri dell’Unione Europea e negli Stati Uniti, è stato esplorato in varie indagini, attraverso interviste e questionari somministrati a studenti universitari e a studenti delle scuole medie superiori intenzionati a proseguire gli studi.
Emerge che le materie scientifiche sono spesso vissute dagli studenti come troppo difficili e che le lezioni di tali materie sono considerate poco attraenti, scarsamente interessanti, non intriganti. Questione aperta: è possibile comprendere più nel dettaglio in che cosa consiste la scarsa attrattiva delle materie scientifiche e, come docenti, riuscire a mettere a punto metodi di insegnamento che siano più coinvolgenti per gli studenti, che li appassionino e stimolino ad approfondire le materie scientifiche negli studi universitari? O, più in generale, è possibile innalzare il livello di conoscenze scientifiche della popolazione generale italiana?
Emerge, infatti, che gli italiani hanno un livello di cultura scientifica paragonabile a quella di tedeschi, inglesi e francesi, nella media europea, inferiore però a quello di svedesi, danesi, olandesi e finlandesi, ma superiore alla preparazione scientifica di portoghesi, irlandesi, spagnoli e greci.
Per fare un esempio: solo un italiano su quattro conosce il metodo con il quale si conduce una sperimentazione farmacologica, a dimostrazione di come nozioni scientifiche di importanza rilevante anche per la salute e la vita quotidiana della popolazione generale siano patrimonio di una fascia ristretta di cittadini.
E come se la cavano gli italiani con l’informatica? Il rapporto Eurostat 2005 sulle capacità informatiche nell’Unione Europea tratteggia un quadro piuttosto desolante per il nostro Paese: emerge, infatti, che il 59% della popolazione italiana (range di età dai 16 ai 74 anni) non possiede alcuna cultura informatica di base e si piazza, rispetto al resto d’Europa, penultima davanti alla sola Grecia.
Considerando la fascia giovanile (16-24 anni), risulta che il 28% dei giovani italiani ignora completamente le conoscenze minime relative all’uso del computer.
Una strada di riflessione interessante può essere quella di non circoscrivere le indagini ai limiti e alle lacune del livello culturale degli italiani ed in particolare degli studenti, ma di esaminare invece anche le situazioni di eccellenza. La scuola superiore Sant’Anna di Pisa, istituto universitario altamente qualificato e molto selettivo, ha condotto nel 2002 uno studio su un gruppo di studenti che hanno partecipato alla scuola estiva della “Sant’Anna” sull’orientamento universitario, opportunità riservata ai migliori studenti italiani delle scuole medie superiori. Un gruppo di psicologi, statistici ed esperti di formazione ha esaminato questi ragazzi di elevato livello culturale e ha evidenziato che ben il 34,4% risiede in piccoli centri, con una popolazione inferiore ai 10mila abitanti, mentre solo il 9,7% proviene dalle grandi città, dove, a rigor di logica, c’è un maggior numero di stimoli ed eventi culturali.
L’identikit tracciato dal gruppo di ricercatori incaricati dalla Sant’Anna tratteggia l’immagine di un giovane che in media trascorre due ore in treno o in pullman per raggiungere la scuola, ha pochi divertimenti (cinema, bar con gli amici, discoteca ogni tanto), vive con “lentezza” (rispetto ai ritmi della metropoli) le varie attività della giornata, compreso lo studio; egli programma con meticolosità il proprio avvenire, dedica tempo a pensare e a progettare gli studi e la professione futuri, è disposto ad allontanarsi da casa e a spendere tempo e fatica per frequentare il corso universitario a lui più congeniale e che gli può offrire una preparazione di elevato livello.
Fonti:
Observa - Scienza e società;
Redacon - Cultura;
Eurostat;
Google Gruppi.
(di Chiara Covri, con la collaborazione di Alessia Manfredini, tratto da http://risky-re-insegnanti.splinder.com/).