Dal diario di Anna Corsi, che ringraziamo (i brani si riferiscono al 1999).
Sabato 19 giugno, nell’unica discoteca frequentata della montagna reggiana, c’è un “gemellaggio” con un locale di verona. All’ingresso i ragazzi, semisoffocati, spingono per entrare: scoppiano improvvise risse violente, causate da spinte o parole offensive. All’interno non oso guardare nessuno negli occhi; tutti si muovono in pista in modo frenetico; ho paura delle reazioni improvvise che possono avere. Alcuni svengono, altri si picchiano con bottiglie, altri ancora bevono al banco del bar. Intervengono la polizia e l’ambulanza. Non bevo, non mi drogo; la sensazione è di essere tra pazzi. La musica è talmente alta che mi agita e mi innervisisce, infatti, più tardi, casa, non riesco a dormire. I ragazzi sembrano animali allevati in batteria, costretti a muoversi in modo ripetitivo. Come saranno tra vent’anni e cosa potranno offrire ai loro figli? La concezione che hanno del divertimento è ambigua, più vicina al masochismo che alla bellezza della relazione. La discoteca serve per trovarsi in tanti; sentirsi tra la gente dà sicurezza ed offre copertura. E’ un po’ la logica del cameratismo militare; non fa pensare troppo, ma ti fa sentire appartenente al gruppo. Don Milani, nelle sue “Esperienze pastorali”, definisce questo tipo di divertimento “la bestemmia del tempo”, poiché i momenti che dovrebbero essere impiegati per relazionarsi e crescere vengono sprecati in futili distrazioni e piaceri superficiali. Gli episodi di violenza sono lo specchio dell’incapacità di comunicare, nascono dall’ignoranza dell’altro, dalla disinformazione e spesso sono a sfondo razzista, L’alcool e la droga sono un palliativo per facilitare i contatti, ma in realtà li impediscono (…) L’incapacità a relazionarsi provoca sofferenza, ma la liberazione dalla sofferenza – vero messaggio cristiano – passa spesso, nella nostra Chiesa, in secondo piano, perché viene messa in evidenza più la morte in croce della resurrezione. Così si aderisce alla new- age, alle sue terapie di gruppo capaci di dare felicità in poche settimane, o a religioni orientali da cui vengono estrapolati riti che, nel nostro contesto culturale, perdono il significato originale e diventano fini a se stessi. Forse anche perché i nostri riti cristiani sono diventati fini a se stessi. (…) E’ ora che anche tra noi la Chiesa cominci a spezzare il pane con i “nostri” poveri (giovani e adulti, ricchi, ma colmi di angoscia) in modo che diventi un gesto proprio della vita di ognuno volto alla liberazione.
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Quando si arriva in auto a Ponte Enza (RE), le prostitute si buttano in mezzo alla strada come pantere nere, animali della notte. Poi, più tardi, le vedo cantare e pregare attorno al fuoco, durante la messa celebrata da don Daniele, e le ritrovo donne, autentiche, integre, resistenti.
Chi non ha mai visto da vicino questa realtà potrebbe credere che ridurre una persona a semplice fonte di profitto significhi farla morire dentro; ma le maschere che le prostitute sono costrette a portare per sopravvivere non implicano una rinuncia alla speranza, Sono coscienti di essere sfruttate, hanno occhi ben aperti per riconoscere l’inganno e questo le rende forti e capaci di sperare contro ogni speranza. Mi accorgo invece che, oggi, alla maggior parte delle persone manca la consapevolezza di essere ridotti ad oggetti, confondendo il superfluo con l’essenziale e l’essenziale con il materiale. Si è sempre più dipendenti dallo stereotipo della bellezza e del divertimento a tutti i costi. In noi ragazzi credo ci sia una grande propensione ad amare, incontrarsi, riconoscersi, ma non se ne conoscono i gesti, le parole, le modalità; così si aderisce alla moda che dà un senso di appartenenza, di identificazione, cercata e curata da chi i giovani li usa e negata da chi doveva occuparsene da vicino. Non ci stupiamo del vuoto che ci circonda: le nuove generazioni sono il risultato di ciò che hanno ricevuto. Qui in montagna, dove io vivo, al sabato sera gran parte dei giovani è ubriaca o fumata (certamente non se ne lamentano i bar, le birrerie o le discoteche che su tutto questo campano) chiusa nell’evento eccezionale del fine settimana. E’ un atteggiamento che li omogeinizza alla massa e impedisce ai ragazzi di uscire come persone autentiche. “…Alla gioventù manca di sapersi molta, di contarsi il peso… perciò le passano accanto guerra, migrazioni, prepotenze e non si accorge che suona per lei la campana, Perché non ha esperienza di fiducia nelle proprie fibre” (Erri De Luca). Dovrebbero smetterla di offuscarsi la mente per iniziare ad appassiomarsi alla vita, in modo che la quotidianità risulti un evento eccezionale, e l’eccezionalità non sia frutto dello sballo del fine settimana. Un’attenzione maggiore dovrebbe nascere dai comuni per inventare nuovi e diversi centri d’aggregazione che mettano in primo piano l’uomo, dando la possibilità di potenziare la creatività, oltre alla conoscenza della resistenza passata, presente e futura. Si potrebbero utilizzare strumenti quali la musica, la danza, la poesia, il teatro per creare una comunità più integrata e propositiva, meno diffidente e più cosciente. Vista la vivacità e la freschezza dei comuni del Sud, sarebbero auspicabili dei gemellaggi con i nostri vecchi e obsoleti comuni del Nord, per confrontare problemi e effettuare scambi coivolgenti la scuola, la Chiesa, le associazioni e i vari gruppi folcloristici. Solo attraverso lo smascheramento degli atteggiamenti indotti, dei luoghio comuni e l’approfondimento diretto delle forme di oppressione si potranno formare persone interessate alla politica che sapranno decifrare e reagire in modo appropriato alle forme di ingiustizia. (…) Come le prostitute di Ponte Enza teniamo aperti gli occhi e speriamo, impegnandoci però concretamente contro ogni forma di sfruttamento e di ingiustizia. Guerra compresa.
(Anna Corsi)
Commento a me stessa!
Volevo precisare che questi brani non sono tratti dal mio diario, ma sono parti di articoli usciti nel 1999 (avevo 20 anni) sul notiziario nazionale della rete Radiè Resch, per cui curo la rubrica “giovani oggi”.
A distanza di anni però mi ritrovo nell’Anna che sono stata, e confermo il mio punto di vista, anche se allargato non più solo alla dimensione “montagna” ma anche alla città.
Penso però anche che sia opportuno mettere in risalto la positività di alcuni giovani che cercano di costruirsi percorsi in realtà difficili, che non si lasciano andare diventando vecchi a 25 anni, che tentano di optare per un autentico “diritto al delirio” (vedi Eduardo Galeano), scendendo sì a compromessi con la vita (evitando l’idealismo), ma non perdendo se stessi e i propri ideali di giustizia e pulizia interiore (atteggiamento mooooolto difficile ovunque!)
(Anna Corsi)
@CGrazie per la precisazione di Anna.
Per quanto riguarda invece l’opportunità di mettere in risalto anche il buono che si fa, è nei fatti. Dato che – per fortuna – si rilevano e fanno “ancora notizia” i comportamenti balordi. Salvo che questa eccezione non rischi di diventare l’alibi per minimizzare qualunque atteggiamento “sbagliato”, anche quelli previsti dal codice penale.#C
(gd)