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L'”Arpar” di Nismozza

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Sono passati più di due anni dalle ultime elezioni amministrative e siamo dunque a metà del mandato amministrativo assegnato con il voto popolare.
Fin dall’ultima campagna elettorale e poi successivamente in molti episodi amministrativi ho sempre sostenuto che il paese di Nismozza abbisogna di una maggior protezione contro i rischi ambientali.
Tutti i centri abitati situati alle pendici del monte Ventasso ed in particolar modo quelli sulla sponda sinistra del fiume Secchia e lungo la S.S. 63, potrebbero, senza i dovuti interventi, diventare zone ad alto rischio ambientale.
La loro collocazione lungo i fiumi o i torrenti rende ancor più evidente tale rischio che, in presenza di eventi e precipitazioni atmosferiche di notevole entità, può trasformarsi in danno per le cose e le persone.
So e sono certo che gli abitanti di Nismozza sanno cos’è L’ARPAR.
Serve però ricordarlo: si tratta di un riparo costruito a monte del paese per contenere in un alveo il torrente rio Rondino che scorre sopra a fianco dell’abitato.

Al di sopra del paese scorrono e si incrociano due torrenti, uno proveniente dal monte Ventasso e l’altro da una zona denominata Silara.
I due torrenti si incontrano in corrispondenza di una cascata naturale conosciuta come “Grotta del falchetto“.
A questa altezza è stato costruito in senso longitudinale allo scorrere del rio Rondino appunto L’ARPAR, un argine in sassi che costringe il rio Rondino a scendere a valle e in un percorso obbligato.
Si tratta di un’opera che si trova a 15 minuti di camminata dalla fonte dell’Amore, che merita di essere oltrechè visitata anche d’essere esaminata in tutti i suoi particolari. Alla base e al livello più basso si possono osservare ammassi di pietre che hanno formato un argine quasi naturale allo scorrere del torrente, mentre nella parte superiore l’opera assume caratteristiche molto più interessanti.
Il riparo è un lungo serpentone alto quasi due metri, fatto di sassi lavorati e squadrati ad arte da maestranze altamente qualificate (scalpellini), senza segni di muratura o cemento armato tranne nella parte bassa, dove probabilmente si è dovuti intervenire per evitare che l’erosione del Rondino pregiudicasse la tenuta dell’opera stessa.
Terminata la descrizione dell’opera che, ripetiamo, merita di essere visitata, veniamo al tema centrale.

Il rio Rondino scorre a fianco del riparo in un alveo pieno di sassi anche di notevole dimensione e di alberi che con il tempo sono cresciuti e che ora sono già di alto fusto.
Nella parte alta dell’ARPAR ed in corrispondenza della congiunzione dei due torrenti che scendono sia del Ventasso che dalla zona denominata Silara, il cumulo dei massi e degli alberi esercita azione di rallentamento allo scorrere delle acque (è già al livello della parte alta del riparo).
Potrebbe avvenire che, a fronte di un evento atmosferico caratterizzato da notevoli precipitazioni ad alta intensità, cosa non nuova per il nostro Appennino, si formi una barriera tale da deviare il torrente; esso a quel punto diventerebbe di notevole portata e tale da assumere percorsi diversi sopra e dentro i paese di Nismozza che è collocato nella zona sottostante.
Spesso gli abitanti di Nismozza hanno ricordato come questo fenomeno si sia già presentato in passato e in effetti basta osservare la conformazione del territorio sopra al paese per averne la dimostrazione.
Sono già state realizzate opere di pulizia sul Rondino, ma solo a valle della S.S. 63. Si tratta di opere necessarie ma che sono considerate secondarie rispetto alla esigenza di intervenire sul problema vero. Detto ciò ritengo che in via preventiva e con interventi urgenti, tentando di superare la poca attenzione fino ad ora dimostrata dagli enti preposti, debbano essere realizzati i seguenti interventi:
1) taglio delle piante in tutto l’alveo del rio Rondino a monte della S.S. 63. Bisogna inoltre esaminare se tale intervento debba essere anche esteso eventualmente ai due torrenti, uno imbrigliato e l’altro no, provenienti dalla Silara e dal Ventasso. Questo intervento permetterebbe la valorizzazione di un’opera naturale, una cascata di circa 200 metri denominata Grotta del falchetto, che in alcuni periodi dell’anno assume sia per la sua particolare portata d’acqua che per lo sbalzo una notevole rilevanza naturalistico- ambientale;
2) rimozione dei massi nell’alveo del torrente Rondino per riportare il suo scorrere il più lontano possibile dal riparo e il più vicino alla base del monte che lo sovrasta. Bisogna inoltre valutare se esistono ragioni per prevedere altri interventi di imbrigliamento del fiume a monte della S.S. 63. Allo stesso tempo vanno considerati con molta attenzione gli effetti che tali interventi potrebbero creare sulle fonti sottosottostanti di captazione di acqua per usi domestici per il paese di Nismozza;
3) ad intervento finito e sulle aree dove si sono prodotte forme di viabilità: deve essere costruito un percorso che sfrutti la sistemazione avvenuta, rendendo pescoso il tratto interessato(la purezza dell’acqua è garantita) ed illuminata di notte la Grotta del falchetto; ciò favorirebbe un notevole flusso di turisti ed appassionati alla pesca.

Queste opere richiedono progetti ed interventi pubblici di notevole dimensioni. Si tratta di costi elevati, che corrispondono ai costi della disattenzione politica ed amministrativa sui veri problemi ambientali del territorio. Spesso ed anche in questo caso verrà agitato il ritornello “non ci sono soldi“. Ebbene, quel che oggi costa domani costerà ancor più caro e nessuno, oggi, vuol considerare che tutto ciò ricadrà sulle cose e le persone del paese di Nismozza.

A tutti gli enti preposti, al Governo, alla Regione Emilia-Romagna, alla Provincia di Reggio Emilia, alla Comunità Montana e al Comune di Busana, credo debba essere chiesto un forte e urgente impegno per affrontare in via preventiva un problema di tali dimensioni, perché ha rilevanza ambientale ma anche sociale.
Il mio impegno sarà quello di far sì che il Consiglio comunale e la Comunità Montana discutano e assumano impegni in tale direzione.

(Marino Friggeri, consigliere comunale a Busana e capogruppo Udc in Comunità Montana)