Home Cronaca Comunità montana: “Ecco perchè abbiamo lasciato l’aula”

Comunità montana: “Ecco perchè abbiamo lasciato l’aula”

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I quotidiani locali dei giorni scorsi hanno dato notizia e risalto al fatto che durante l’ultima seduta consiliare della Comunità Montana, tenutasi nella serata di lunedì 26 giugno, la quasi totalità della minoranza ha abbandonato l’aula (la quasi totalità perché il consigliere Orsini, eletto dalle liste di opposizione a Carpineti, ha ritenuto di non associarsi alla nostra decisione, il che è stato per noi motivo di grande rammarico, ma non è del resto la prima volta che ci troviamo su posizioni differenti nei confronti dell’operato della Giunta).

L’abbandono dell’aula è certamente un evento insolito ed eccezionale, le cui motivazioni devono essere forti e fondate, e devono risultare anche ben chiare e comprensibili a chi legge per non prestarsi a fraintendimenti ed equivoci. I citati articoli di stampa ne hanno già fatto cenno, ma riteniamo nondimeno di dover ritornare sull’argomento per fornire a nostra volta qualche ulteriore dettaglio che serva a spiegare più compiutamente il nostro comportamento.

Dei sei punti che erano iscritti all’ordine del giorno, si stava giusto affrontando il terzo - ossia “Elezione nuovo vicepresidente dell’ente in sostituzione del dimissionario Sig. Magnani Felicino” - e sulla candidatura Ovi si erano già pronunciati quattro componenti dell'opposizione (Cavandoli, Bolognesi, Friggeri e Bigoi) con diversa angolatura ma con accenti indistintamente pacati e distensivi, che preludevano ad un voto di astensione, e in qualcuno degli interventi non erano poi mancati apprezzamenti alla volta del vicepresidente uscente.

Altrettanto garbata, ancorché ferma e precisa, è stata la richiesta del consigliere Cavandoli per un avvicendamento nella prima carica della Comunità Montana, stanti i sopraggiunti impegni romani dell’attuale presidente, neo-senatrice Pignedoli, destinati a sottrarre spazio alla conduzione del nostro ente comprensoriale, e i cui effetti, ha tenuto ad aggiungere Cavandoli, si sono anzi già fatti sentire nei tempi di convocazione del Consiglio.

Una richiesta avanzata dunque senza invocare incompatibilità statutarie, ma adducendo semplicemente ragioni di opportunità circa il doppio incarico, peraltro dopo aver auspicato che nel suo nuovo ruolo parlamentare la Pignedoli possa essere di aiuto alla nostra montagna. La risposta ricevuta dal sindaco di Baiso Bargiacchi, che ha creduto di tirare in ballo il livello nazionale del centro-destra, ci è parsa fuori tema e francamente sproporzionata, ma si è mantenuta pur sempre sul piano del confronto politico (di cui non siamo novizi, e di cui non ci spaventano i toni anche quando sono aspri ed accesi) e non è stato certo questo il movente per la nostra uscita dalla sala consigliare.

Per inciso, ci è stato pure ricordato che la Pignedoli, appena eletta al Senato, ha rinunciato all’indennità percepita come presidente della Comunità Montana, ma per completezza di informazione sarebbe stato forse utile precisare anche che il decreto legislativo n. 267/2000, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali”, dispone all’art. 83 il divieto di cumulo. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali, possono percepire solo i gettoni previsti dal presente capo. Come è noto, ai presidenti delle Comunità montane, così come ai sindaci e ai presidenti della Provincia, è riconosciuta una indennità di funzione, che è tutt’altra cosa rispetto al gettone di presenza spettante ai consiglieri per ogni avvenuta partecipazione alle sedute dei rispettivi Consigli o delle eventuali Commissioni consiliari.

Fin qui il dibattito si era dunque svolto secondo l’ordinario, e la minoranza è insorta soltanto quando le parole di stima e di credito rivolte alle persone, Felicino Magnani e Alberto Ovi - e mantenute ben distinte dal giudizio sulla compagine che sta governando l’Ente, aspetto espressamente e volutamente evidenziato nel corso degli interventi - sono state scambiate per una sorta di improvvisa e poco decorosa arrendevolezza, conseguente al risultato dell’ultima consultazione referendaria e all’esito delle elezioni politiche di aprile, arrendevolezza destinata semmai a crescere fino a passare dall'astensione al sistematico (e dunque servile) consenso verso l’operato della maggioranza.

E’ una visione ancillare, cioè remissiva e subalterna, del nostro ruolo, che ci è sembrata carica di un sarcasmo gratuito ed intollerabile, e che ci ha profondamente ferito per più di una ragione. Basta elencarne qualcuna:
· ci sono tra noi esponenti dei vecchi partiti della cosiddetta prima Repubblica che ne hanno seguito fedelmente le sorti, e non possono essere certo sospettati di trasformismo, ma meritano piuttosto di veder apprezzata la loro ininterrotta coerenza (sia politica che amministrativa);
· in questi anni ci siamo sempre fatti portavoce senza ambiguità e cedimenti, o tentennamenti, di quei valori che ormai da lungo tempo esprimiamo e propugnamo, pur se non ci è mai mancata la propensione al dialogo perché lo richiede una società divenuta complessa, dove il raffronto e il concorso delle idee può aiutarci a trovare le soluzioni più confacenti per problemi destinati molto probabilmente a moltiplicarsi e ad acuirsi. Del resto nella cultura e nella tradizione dei grandi partiti storici vigeva il principio di non barricarsi e isolarsi dietro l’autosufficienza numerica (ma di aprirsi costantemente al pluralismo e al confronto paritario) e qualche insegnamento dovremmo pur trarlo da questo nostro passato;
· è ingeneroso pensare o insinuare che ora possiamo venir supinamente meno a una condotta cui ci siamo sempre attenuti con linearità e tenacia, nonostante le non poche ed oggettive difficoltà di chi si trova a ricoprire posizioni di minoranza/opposizione;
· in democrazia le fortune dei partiti e delle coalizioni hanno spesso andamento alterno, ma dovrebbe valere la comune regola che chi si trova volta a volta in maggioranza non abbia a ironizzare su coloro che siedono dall’altra parte, non foss'altro per l’elementare rispetto dovuto a tutti quelli che si mettono in gioco esponendosi al giudizio degli elettori, indipendentemente da quale sarà poi il responso delle urne. Per il suo indubbio significato etico, questa sensibilità diviene anche un esempio importante che proprio i politici e gli amministratori di lungo corso, e di consumata esperienza, possono trasmettere ai giovani che si avvicinano alla vita amministrativa o si propongono di farlo (ci teniamo a rimarcarlo perché stavolta è stata persa a nostro avviso una buona occasione in proposito).

Ci è anche spiaciuto che nessun esponente dei gruppi di maggioranza abbia ritenuto di pronunciarsi dopo l’intervento del sindaco Bargiacchi, e che quest’ultimo non abbia pensato di replicare attenuando il senso delle sue affermazioni, a ciò indotto anche dai suoi trascorsi di presidente. Davanti a questo silenzio, causa per noi di doppia delusione, ci è parso inevitabile e doveroso abbandonare i lavori della serata per tutelare la dignità della funzione che ci troviamo a svolgere quali consiglieri della Comunità Montana e quali rappresentanti delle forze di opposizione.

Ora, in attesa della prossima convocazione del Consiglio comunitario, non ci resta che confidare in un qualche ripensamento tra le fila della maggioranza, che ci riporti in un clima di normalità, dove cioè non venga impropriamente interpretato come una capitolazione o quasi ogni eventuale voto non contrario espresso dalla minoranza (come è già successo quando abbiamo ritenuto che agendo in questo modo avremmo fatto cosa utile per il nostro territorio) soprattutto se viene anticipato da dichiarazioni posate e costruttive.

(I capigruppo di opposizione Riccardo Bigoi, Paolo Bolognesi, Marino Friggeri, Marcello Malagoli, Giuseppe Moncignoli)