E' un argomento oramai al centro della cronaca quotidiana. Il nostro Appennino è strapieno di caprioli. Basta fare un salto cento metri fuori dagli abitati, o neanche, per incontrarne...
Pubblichiamo al riguardo due interventi che ci sono pervenuti. Notiamo molti punti di concordanza.
----------
Non passa giorno senza che si legga, di questo cervide, sulle pagina dei quotidiani. Ora i cacciatori, ora gli ambientalisti, ora gli agricoltori, ora l’ing. Filippi, ecc…
Chi auspica un intervento più massiccio da parte dei cacciatori, chi indica invece gli agricoltori quali protagonisti degli interventi di contenimento della crescita esponenziale di questo ungulato, ecc…
Tutto ciò rimanda la mia mente al 30 dicembre dello scorso anno, quando, in tempi non sospetti, in sede di assemblea di approvazione di bilancio dell’Atc Montagna, feci una proposta che ritenevo - e ritengo tutt’ora - interessante.
Sostenevo che nella nostra montagna gli agricoltori debbono quotidianamente confrontarsi con mille difficoltà; non ultima quella di una presenza notevole di caprioli, che arrecano danni alle coltivazioni erbacee, agli arbusti del bosco nuovo, ai bovini da latte, che pare siano soggetti ad una patologia (coliche improvvise) dovuta alla presenza di escrementi di caprioli nel foraggio, ecc…
Tutto ciò premesso, formulai la mia proposta “innovativa“. Questa: prima di preoccuparsi di rimpinguare i freezer dei cacciatori (montanari e non) occorre pensare agli agricoltori.
Mi spiego meglio. Se il piano di abbattimento prevede 2000 animali, e nei comuni montani compresi nell’Atc Montagna vi sono 700 famiglie di agricoltori, ogni famiglia deve avere un capriolo. Una sorta di risarcimento, non solo materiale ma anche morale, per coloro che di fatto nutrono sui propri terreni, pagandone le conseguenze, questo animale.
Ovviamente l’esecuzione dell’abbattimento dovrà essere operata dai cacciatori di selezione, i quali possono offrire garanzie affinché il piano di prelievo venga eseguito col rispetto dei rapporti tra i sessi e le classi d’età degli animali, così come suggerito dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica.
Vi chiederete: ”Che fine ha fatto quella proposta?“. Non ci crederete: non è stata neppure posta ai voti! Posso, ovviamente, documentarlo. Chissà perché? Già,…………chissà perché?
Eppure,se non erro, all’interno del comitato direttivo di un Atc sono presenti, per legge, anche i rappresentanti delle associazioni agricole!
Chi sono i delegati? Quali proposte hanno fatto in questi anni a tutela della propria categoria?
(Umberto Gianferrari)
----------
Il problema e i danni causati da ungulati, caprioli e recentemente da cervi, sul nostro Appennino non sono una novità ma un ritornello già sentito a cui ogni anno che passa aggiunge sempre maggior note dolenti. La presenza di eccesso di questi animali allo stato libero sta mettendo a dura prova i produttori che devono quotidianamente fare i conti con le devastazione delle coltivazioni di seminativi e vigneti,con ripercussioni anche sanitarie causa il propagarsi di zecche nei foraggi trasmesse agli allevamenti, tanto da farli indurre a sospendere la coltivazione o addirittura di pensare a cessare ogni attività agricola sull’Appennino.
Di queste problematiche, come Cia, da anni si è cercato di proporre e sollecitare interventi mirati rivolgendosi agli enti preposti e non solo al fine di ricevere un 'minimo indennizzo' a risarcimento di danni eventualmente provocati.
E’ una situazione insostenibile che rischia, oltrechè danneggiare il settore primario di montagna, anche a diventare un problema collettivo sociale, visti i danni e le problematiche sanitarie ed infortunistiche che questi animali 'selvatici' in numero eccessivo ed in smisurato aumento sta provocando al territorio.
Le soluzioni previste dai piani di abbattimento gestiti dagli Atc (ambiti territoriali di caccia) con piani selettivi NON hanno risolto i problemi. Oggi secondo la Cia occorre predisporre misure più drastiche: prevenzione sì, ma soprattutto abbattimenti mirati e completi, utilizzando anche ‘Recinti a Trappola’ e sterilizzazioni degli animali.
Altro aspetto che riguarda esclusivamente gli agricoltori. Quando c’è un danno reale va riconosciuto e pagato su un valore reale, predisponendo un prontuario di valutazione danni omogeneo indipendente dagli Ambiti di caccia e dagli Enti Parco.
(Cia, Confederazione italiana agricoltori, zona montana)