Home Cronaca Mostri che vanno, mostriciattoli che vengono

Mostri che vanno, mostriciattoli che vengono

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Rulli di tamburi e squilli di trombe accompagnano l’annuncio che, prossimamente, verrà data sepoltura al mostro di Calcinara che, da quarant’anni circa, turba i sonni di bambini innocenti ed angoscia gli animi di quanti amano la natura ed il paesaggio. Un sentimento di intima gioia pervade il popolo che in quell’orrenda opera scorgeva il confluire di tutte le bassezze umane. È, dunque, tempo di rinascita e lasciato alle spalle il triste periodo che ha visto fare violenza agli uomini, al territorio ed alla natura solo per calcoli di gretta e personale speculazione, finalmente intravvediamo un orizzonte illuminato da più alti ideali tra i quali svettano l’interesse collettivo, una profonda coscienza ambientalista e la costante ricerca di nuovi e più armoniosi modelli urbanistici ai quali affidare la nostra memoria postuma. Una comprensibile cautela ci impedisce di parlare di un nuovo rinascimento, ma non v’è dubbio che esistano segnali in tal senso.

Dicevamo del mostro di Calcinara. Ebbene qualcuno si era tanto abituato alla sua ingombrante presenza da non darsi pace al pensiero di non vederlo più. Si tranquillizzi, non rimarrà orfano! Ne troverà uno più vicino, in paese, per ora un po’ più piccolo (un mostricciattolo, non si dice così?), ma chissà che non cresca in futuro! Mai dire mai! ed affidarsi alla fortuna, anche se in questo caso si è dimostrata veramente cieca. Per sincerarsene, fare una salutare passeggiata dal tennis all’asilo Mater Dei e guardarsi intorno.
Tutto a posto, tutto congruo e bello? Non pare e intanto la gente si chiede:
- è una nuova rottamazione del tipo “io ti dò un mostro a Calcinara e tu me ne dai uno in centro?”
- è possibile che con tutti gli strumenti urbanistici di cui si dispone si debbano vedere simili strutture in simili contesti?
- ma la casa a torre di Montecastagneto stava davvero peggio?

Noi non abbiamo risposte: se qualcuno ne ha (di convincenti, chiaro?) ce le passi. Per intanto ci godiamo il ricordo di un grande prato e del primo camping che ci regalò speranze ed illusioni e, a costo di essere ancora una volta biasimati, diciamo che quell’ambiente era migliore, più “sostenibile” e meno “cementificato”. O no?

(Umberto Casoli)