Porte e finestre su di noi, nelle foto di Benito Vanicelli

Vecchie porte e vecchie finestre, su muri in sasso nei borghi abbandonati.
Scorci di ombra e fasci di luce.
Molti colori.

Sono le foto di Benito Vanicelli.
I più attenti potranno riconoscerne luoghi e posizioni.
I più coinvolti potranno lasciarsi prendere dai ricordi.
I più nostalgici potranno sospirare.

Attenzione, però: tutto ciò non è fondamentale.
Non è fondamentale riconoscere luoghi e posizioni.
Non è fondamentale lasciarsi prendere dai ricordi.
Non è fondamentale sospirare.
È bello, fa bene all’anima, ma non è indispensabile.

Per i più giovani, per i più lontani, per i meno attenti, potrà bastare l’immaginazione.

Cosa si nasconde dietro quelle finestre dagli infiniti bagliori?
C’è qualcuno in casa?
E quei portoni resi forti dal tempo, potranno mai cadere?
Forse qualcuno dorme, nelle stanze buie di quei casolari.

Dorme e sussurra, con lentezza, senza ansia, col ritmo del tempo che fu.
Si gode la calma, il sole, il grano di quel mondo contadino.
I sassi sulle strade.

C’è un mistero rassicurante, nelle foto di Benito Vanicelli.

C’è nostalgia e serenità.
C’è ottimismo.

Tutto sembra così grazioso,
così semplice,
così umano.

Sono porte e finestre che aprono il cuore, che portano lontano, con la memoria o con l’immaginazione, ma sempre in punta di piedi, gentilmente, con garbo. Senza disturbare.

Basta uno sguardo per capire il messaggio.
Ci vuole molto di più per tenerlo sempre presente.

In fondo, è proprio questo il mestiere dell’artista: aprire porte e finestre, socchiuderle piano, permetterti di sbirciare. Gettare luce sulle ombre, e ombre sulla luce.

Perché ogni uomo sia fotografo di se stesso.