Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Dormire male accorcia la vita e la peggiora. Le notti in bianco triplicano, infatti, il rischio di infarto e quadruplicano le ricadute di depressione. Moltiplicando inoltre il pericolo di ipertensione, problemi metabolici, ictus e morte improvvisa, abbattendo le difese immunitarie e rallentando la guarigione dalle malattie. Il monito agli oltre 12 milioni di italiani con problemi di sonno, per lo piu donne, arriva dagli esperti riuniti oggi a Milano per presentare la VI Giornata del dormiresano - Progetto Morfeo, organizzata per martedì 21 marzo dall'Associazione italiana di medicina del sonno (Aims) con il sostegno di Sanofi-Aventis. Curare il sonno può allungare la vita, è l’appello dei medici, che ricordano come ancora oggi l’insonnia sia un disturbo assai poco diagnosticato e mal gestito. Solo il 16% di chi avrebbe bisogno di terapie segue un trattamento ad hoc, il 56% non si cura affatto, il 40,5% rifiuta ogni aiuto e il 7,3% ricorre a un pericoloso fai-da-te. Risultato: a risentirne non e soltanto il benessere notturno, ma anche quello diurno. Difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria, nervosismo e umore nero sono i primi nemici del giorno dopo. E stanchezza, sonnolenza e colpi di sonno incontrollati aumentano gli incidenti sul lavoro. Senza contare i costi sociali e sanitari legati alle malattie associate al malsonno. Aumentano le giornate di lavoro perse, le visite mediche, gli esami e il consumo di farmaci, ha spiegato Luigi Ferini Strambi, docente e responsabile del Centro per i disturbi del sonno all’ospedale San Raffaele di Milano e presidente dell'Aims, che insieme alla Società italiana di psicopatologia (Sopsi) ha lanciato la prima indagine sulla cura dell’insonnia nei pazienti depressi.
Il Progetto Morfeo fotografa le notti degli italiani ormai da sette anni, ha sottolineato Ferini Strambi. Abbiamo scoperto ad esempio che il 64% di chi si rivolge al medico di famiglia lamenta insonnia piu o meno grave, ha ricordato. Eppure, tra i medici della Penisola è ancora scarsa l’abitudine di informarsi sulla qualità del sonno dei propri pazienti, ha evidenziato Gianfranco Parati, primario di cardiologia all’ospedale San Luca-Istituto auxologico italiano. Un grave errore al quale alla Bicocca stiamo tentando di porre rimedio con corsi mirati, ha aggiunto, perché dormire male influenza i sistemi ormonale, immunitario e neurovegetativo.
Gli studi Morfeo avviati nel 2000 hanno dimostrato che il 67,1% degli insonni ha disturbi cardiovascolari, una percentuale tripla rispetto a chi si addormenta e tira fino al mattino senza problemi. Non solo. Il 39% degli infartuati soffriva di insonnia prima dell’attacco - ha riferito il cardiologo - e bastano due anni di sonno cattivo a moltiplicare l’incidenza di eventi gravi. Il nemico numero uno sono microrisvegli e apnee. Vere e proprie tempeste notturne, che in casi estremi si ripetono anche 60-65 volte allora causando picchi di pressione e aumentando il rischio di infarti e ictus improvvisi. E se il paziente e gia cardiopatico si innesca una sorta di circolo vizioso, in cui la sofferenza cardiaca da problemi di sonno e questi peggiorano lo stato di cuore e vasi con ipertensione cronica, arterosclerosi e aritmie.
Strettissimo è poi il legame tra sonno e psiche. Il 50% dei problemi di sonno è collegato a una malattia psichiatrica, ha ripreso Ferini Strambi. E non soltanto alla depressione - ha precisato Giovanni Muscettola, psichiatra dell'università Federico II di Napoli - ma anche a disturbi d’ansia generalizzati, attacchi di panico, stress post-traumatico, schizofrenia e altri quadri clinici. Si calcola che il 20-35% degli insonni sia depresso - ha continuato lo specialista - Spesso l’insonnia e la prima spia di depressione, ma a volte è un sintomo residuo, presente anche dopo che il paziente e uscito da tunnel del mal di vivere. Dall’indagine condotta da Aims e Sopsi su oltre 1.300 psichiatri dello Stivale risulta infatti che per il 45,5% degli esperti l’insonnia e il primo sintomo indizio di depressione e che per il 28% persiste alle cure antidepressive.
Da qui l’importanza di cure a 360 gradi. Il 50,7% degli psichiatri interpellati ritiene che la strategia migliore nelle prime settimane sia associare un antidepressivo a una benzodiazepina - ha proseguito Muscettola - e il 28,6% abbina l’antidepressivo a un ipnoinduttore non benzodiazepinico. Tra i piu promettenti lo zolpidem, sul quale, per verificare l’effetto della terapia combinata, sta per partire uno studio su 230 depressi in 23 centri nazionali. E fondamentale scegliere il medicinale giusto e usarlo bene, in compresse piuttosto che in gocce per evitare possibili abusi - ha concluso Ferini Strambi - Perché oggi il problema oggi non e l’utilizzo eccessivo, ma il cattivo impiego dei farmaci. Un quarto dei pazienti che vengono da noi vogliono bloccare la cura. E questo accade perché e stata scelta male.
Fonte: http://it.news.yahoo.com
approfondisci l'argomento al sito internet www.morfeodormiresano.it e a quello dell'Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS)
Problema o scusa?
Quanta gente la riconosce come patologia? E invece quanti la vedono un risultato di “scansafatiche”?
(Commento firmato)