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Alla memoria

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Vorrei dedicare alcune considerazioni alla memoria labile, alla memoria corta, alla memoria che non esiste più.

Nella memoria è il nocciolo più nobile del pensiero umano, quella memoria che, crescendo, ti fa diventare uomo memore delle esperienze che vivi e che ti da le basi per poter esercitare nella vita il libero arbitrio: poter scegliere. Scegliere presuppone avere opinioni che si sono formate su proprie ed altrui esperienze che rimangono impresse dentro, fissate e tramandate grazie alla memoria.

Fare memoria su una tomba era già insegnamento del Foscolo che richiamava come “le urne dei forti” stimolassero ad agire in modo retto e nobilitassero la terra, la regione che le ospitava. Fare memoria ha contribuito alla riappacificazione in Sudafrica, superando l’apartheid. Fare memoria è il gesto sostanziale che come cristiani ci richiama ogni domenica a riunirci intorno all’altare ricordando e riaffermando il sacrificio di Cristo. La nobiltà della memoria rende l’uomo stesso più grande, formandolo, plasmandolo. A nulla serve l’esperienza dell’incontro con un volto, dell’ascolto di una parola, della condivisione di un gesto se ad esso non segue la memoria di chi ho visto, con cui ho parlato, che ho salutato, con cui ho condiviso un pezzo di strada. La memoria è parte importante di me perché racchiude tutte le persone che ho in vario modo incontrato e che grazie a lei mi restano dentro, mi cambiano; racchiude i fatti, gli stati d’animo, le convinzioni.

Cancellare la memoria è togliere tutto questo, è appiattire ed azzerare, è rendere insignificante ed annullare. Non a caso ce lo ricorda la definizione “lavaggio del cervello” per definire il meccanismo perverso dell’ingresso nella nostra testa di qualcosa che cancella ciò che è stato sino ad allora, cancella l’identità, l’essere persona, l’essere quella persona. Può essere in modo violento, dichiarato e mirato, con la sofferenza fisica, eclatante. Può essere in modo subdolo, sottile, strisciante, addirittura convincente. Se il primo è il frutto di un’atto di forza, di coercizione, può generare nel suo percorso anche una volontà ed una capacità di reazione che esplodendo porta ad altra violenza e corre il rischio di far clamore, sino alla possibilità di creare simboli, miti in cui rispecchiarsi. Il secondo procede lento ed implacabile, come una morsa, addirittura accogliente, capace di attirare a sé superando le resistenze. E’ opera di convinzione e progressivamente di appiattimento che porta ad una prima confidenza che supera l’iniziale diffidenza, poi, creatosi il rapporto famigliare, giunge anche al benessere, allo stare bene sprofondando in essa, sino ad uniformarsi. Agisce in modo avvolgente, a 360°, coprendo ogni altra possibilità, toglie ogni alternativa, o meglio, le uniforma tutte: ci sono, ma non è più definibile perché sceglierne una e non l’altra. E’ l’appiattimento, il lasciarsi vivere, il vivere in una propria dimensione apparentemente piena, apparentemente protettiva, apparentemente facile e lo è tanto più quanto più ti toglie la possibilità di scegliere.

Scegliere non è più qualcosa cui si aspira, ma diventa onere, diventa peso, diventa complicarsi la vita. E se è complicarsi la vita allora che lo facciano altri nel nostro nome, magari dandoci l’impressione che siamo noi a farlo, ma è solo un’illusione, quasi un sonno ad occhi aperti dal quale non riusciamo ad uscire. Forse ne vediamo la via di fuga, intuiamo che quella sia la direzione, ma non riusciamo a raggiungerla, perché dobbiamo scegliere come arrivarci, scegliere cosa fare per arrivarci. Scegliere presuppone l’opinione, l’idea, presuppone la memoria, quella memoria che non abbiamo più. Rinunciamo così alla parte nobile del nostro pensiero, delle nostre radici, della nostra storia.

Pensateci, rendete saldo il ricordo, trasmettetelo ai figli, affinchè crescano con la convinzione di aver toccato ciò che insegnate loro. Che l’insegnamento cristiano e l’insegnamento laico s’incontrino nel trasmettere valori fondamentali “di generazione in generazione”. E siano i valori di fede, nella memoria rinnovata di quel Cristo fatto uomo, che condivide le povertà terrene con gli ultimi, che muore in croce. E siano i valori della Resistenza e della Costituzione che ne è figlia, memori del sacrificio di migliaia di vite. E sia la memoria dell’Olocausto, delle stelle di David sul petto, dei campi di concentramento, del “se questo è un uomo”. Si faccia allora memoria di tutto ciò, come impegno continuo e non solo come formale commemorazione di eventi occasionali. Torni la memoria ad essere parte integrante di ogni giorno, nel quotidiano, torni ad essere pane quotidiano, indispensabile nel progettare un altro futuro e, perché no, un altro ... mondo possibile.