“Propongo che si ritorni in teatro a quell’idea magica elementare,
ripresa dalla psicoanalisi moderna, che consiste nell’ottenere la
guarigione dell’ammalato facendogli assumere l’atteggiamento
esteriore della condizione cui si vorrebbe riportarlo.” (A. Artaud)
Rifacendoci al concetto biologico dell’empatia e della plasticità cerebrale (trattato nell’articolo sui Neuroni a Specchio), tentiamo di mostrare come il sistema cerebrale umano si formi e si modelli continuamente su circuiti neuronali differenti, influenzato da condizioni e stimoli interni ed esterni. Oggi è la Neuroscienza, attore principale delle innumerevoli scoperte, a indicarci le potenzialità autonome del nostro sistema cerebrale, tempo addietro teorici classici avevano comunque già intuito simili potenzialità.
Riferendoci ora, in particolare, alle sindromi Depressive, tentiamo di valutare una particolare situazione neurologica influenzabile anche dall’interno.
Uno dei principali sintomi della Depressione è la riduzione delle mimica facciale. Una persona affetta da depressione, infatti, oltre a subire una generale riduzione dei processi metabolici connota un pesante rallentamento di tutti gli atti motori. E così, se la muscolatura delle gambe e delle braccia si rallenta come i riflessi, si rallentano anche i movimenti dei muscoli facciali: la mimica facciale, tra cui il sorriso.
Alcuni studi, sulla cura della depressione, hanno rilevato come l’elemento della riduzione della mimica facciale non sia solo un fatto secondario, all’insorgenza, ma come invece possa essere anche un elemento causale nel momento stesso in cui si desideri ottenere un cambiamento, una reazione. E’ stato di fatto notato come lo stimolamento volontario dei muscoli facciali, come può essere l’allenamento volontario al sorriso, possa causare una reazione contraria a quelle scaturite dalla sindrome depressiva, stimolando i centri stessi del piacere.
Il non sorridere disegna e rafforza, nel nostro cervello, una serie di collegamenti neuronali come li disegna l’atto costante del sorridere; la neuroscienza ha osservato come sia anche possibile un procedimento opposto: stabilire connessioni neuronali stimolandole dall’esterno, mimandone azioni, come il fare volontariamente, e non istintivamente, un sorriso.
A conferma di queste considerazioni sono da tempo introdotti, come attività co-terapeutica, corsi di teatro per patologie come depressioni maggiori, schizofrenie, ed altre patologie degenerative, offrendoci un certo margine di successo.
Ma senza andare oltre nello specialistico, rendiamo più semplice un utile messaggio: il disadattamento sociale, l’apatia, la mancanza di desiderio, la staticità e la degenerazione cerebrale (ecc.) possono essere causati dall’insorgenza di una patologia psichiatrica, ma possono altrettanto essere le patologie psichiatriche una conseguenza diretta all’abituale temperamento apatico o antisociale di un soggetto.
In altre parole, un abitudinario atteggiamento al negativismo può divenire causa di Depressione e altre patologie, che avrebbero ostacoli maggiori in una persona allenata ad un atteggiamento positivo.
Per quanto possa sembrare ridicolo, un regolare sforzo al pensiero positivo, rimuovendo ogni volta i pensieri negativi - atteggiamento tipico e fondante anche di culture orientali rilevanti, come quella buddista - può divenire un vero allenamento mentale alla felicità e quindi, una forte resistenza alle patologie e alle afflizioni dell’umore. Non si intenda, però, che un semplice atteggiamento positivo ed autonomo, possa sostituirsi alle cure ed al sostegno, del personale specialistico, nel trattamento di sindromi patologiche, bensì, si legga il messaggio come un consiglio che le nuove scoperte ci indicano per favorire il successo di una cura già in atto, integrandola, o nel prendere posizioni preventive rispetto allo scorrere, spesso frustrante, delle nostre vite quotidiane.