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Confcooperative sulle badanti

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Riceviamo e pubblichiamo un intervento del vicedirettore di Confcooperative di Reggio, Giovanni Teneggi, sul tema "badanti".

Se vogliamo mettere al centro dell’attenzione queste persone straniere per tutelare la loro vita e la loro dignità insieme alle nostre esigenze sempre più legate all’efficientismo produttivo ed alla crisi dei legami comunitari e familiari, allora non dimentichiamo a quale costo, su quale pelle e agevolando quali speculazioni noi "tamponiamo” il problema dell’assistenza gli anziani.

Oggi è innanzitutto necessario chiedersi se ogni parte sociale e istituzionale si sta interrogando pienamente sull’evoluzione del fenomeno, perché la sensazione è che stiano crescendo solo confuse, isolate ed estemporanee risposte senza che sia chiara la missione che la collettività locale si è data.
La dignità delle persone immigrate può misurarsi con il loro grado di utilità a soddisfare nostri bisogni sociali? E' possibile che accettiamo che siano il genere, l’età, il paese di provenienza e il colore della pelle a predestinare a percorsi così drammaticamente diversi di persone presenti nel nostro paese e, con questo, che accettiamo il fallimento di ogni progetto di cooperazione internazionale in cui la politica e le istituzioni accompagnano le storie personali e si pongono a servizio dell’uomo e dei popoli?

Gettare una nuova luce sulla questione del badantato è valso in queste settimane a ricordarci che la presunta “naturalizzazione” di questo fenomeno risponde a ragioni certe di utilità economica locale e sociale che ha in certo senso “tranquillizzato” per alcuni anni questo mercato, ma, malgrado il crescere di storie episodicamente positive, è ancora molto lontano dalla modificazione dei connotati di emarginazione e sofferenza di chi lo vive e lo alimenta.

Recenti prese di posizioni di Legacoop suscitano preoccupazione in merito al ruolo e all’evoluzione della cooperazione sociale.
Malpeli scrive che “le badanti, o assistenti familiari, sono lavoratrici che possono entrare a pieno titolo nel mercato del lavoro regolare ... il tutto in un rapporto di esplicita e corretta relazione con i datori di lavoro, che siano le famiglie o le cooperative”. Per parte nostra, se quello che la cooperazione sociale oggi vuole e può fare in questo campo è assumere le badanti e vendere, attraverso loro, nuove prestazioni alle famiglie, allora, francamente non capiamo quale sia l’originalità e la missione della cooperazione sociale e fatichiamo a riconoscerci in questa prospettiva.

La cooperativa sociale è innanzitutto una società di persone che, condividendo interessi e bisogni, attivano scambi mutualistici per soddisfare le proprie aspettative. In questo senso ciò che ci sembra proprio proporre è la nascita di nuove forme di cooperative in cui famiglie, assistenti familiari ed altri soggetti del territorio condividono un progetto reciprocamente interessante. Questa la novità che possiamo oggi proporre nell’attualizzare le responsabilità che la cooperazione si può e si deve assumere nell’innovazione del welfare locale, perché sarebbe grave il fatto che il bisogno di soggetti deboli quali la famiglia e le badanti passasse, pur sottilmente, come opportunità di mercato per servizi a costi compatibili.

In questo settore non c’è nuova risposta ai bisogni in forme, pur cooperative, di regolarizzazione e controllo; la vera risposta risiede nella capacità di attivare nuove occasioni di scambio e di reciproco sostegno fra le persone interessate affinchè reti di famiglie, reti di badanti e reti comunitarie trovino nuove possibilità di collaborazione.

(Giovanni Teneggi, vicedirettore di Confcooperative Reggio Emilia)