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Alla coca preferisco la neve!

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C’era un tempo in cui la polverina bianca era lo zucchero che arrotolato su di un bastoncino si faceva filato, era la neve che cadeva sottile, la farina con cui la nonna impastava la torta, il gesso che si sgretolava macchiando la lavagna. Era il profumo del borotalco sulle pustole della varicella, era la pozione segreta dei maghi pasticcioni, oppure la sabbia delle spiagge lontane. Era il velo sul pandoro. Il lievito alla vaniglia. Ora quel tempo è passato di moda, si è fermato e ci ha salutato, facendosi sorpassare dal nuovo che avanza, sporco e frenetico, inquinato e patetico. Nervoso. Litigioso. Volgare. La polverina bianca ha perso il suo profumo per golosi e si è fatta cocaina, anestetico per anime tossiche.

Certamente, la cocaina esiste da moltissimi anni. Ne facevano largo abuso gli indios delle Ande durante le cerimonie di ringraziamento alla Madre Terra, cercando in essa il calore del ritorno al grembo materno; fu ingrediente prezioso nella prima ricetta della Coca Cola, quella alcolica, poi deceduta sotto i colpi del proibizionismo; fu l’elisir d’amore del poeta e dell’attrice, di D’Annunzio ed Eleonora Duse; fu l’alimento dei pensieri futuristi, la rovina di talenti troppo volubili, la pazzia per menti scoppiate. Era il vizio di chi se lo poteva permettere, l’ossessione dei dandy spendaccioni, lo status symbol di certi ricchi. Probabilmente, nessuno di loro ne conosceva le devastanti conseguenze sull’organismo.

Ora, le cose sono cambiate. Si sono capovolte. Tutti sanno quanto sia drammatico il calvario del tossicodipendente, di come la salute possa inesorabilmente sgretolarsi sotto i colpi della polverina bianca. Eppure, la cocaina costa sempre di meno, diviene accessibile al cittadino comune, e il suo consumo dilaga.

La prendono gli impiegati, gli operai, le casalinghe. La cercano durante la notte, nei pressi di parchi e stazioni ferroviarie, frequentando gente losca, con aria furtiva, come fossero criminali. La prendono i ragazzi, nelle discoteche, mescolandola a porcherie sintetiche e dosi smodate di alcolici. Immaginatevi il salotto più comune della più comune delle famiglie. È sabato sera. Papà, mamma, il figlio, la sorellina che ancora frequenta l’asilo, la televisione accesa sul quiz del momento, due divani, il camino acceso. A un certo punto, il figlio si infila gli anfibi ed esce, salutando tutti: il padre lo ammonisce di rientrare presto e di non fare pazzie. Termina il quiz, finisce il film, le trasmissioni di seconda serata annoiano.
La mamma va a letto, il padre esce a buttare la spazzatura. Va al parco, cerca una persona, compra coca, si fa. Ha momenti di sballo, poi si ripiglia. Rincasa, bacia in fronte la bimba piccola, va a dormire. Domani sarà un giorno nuovo.
Torniamo sulle tracce del figlio adolescente. Entra in discoteca, cerca una persona, compra coca, si fa. Ha momenti di sballo, poi si ripiglia. Rincasa, bacia in fronte la bimba piccola, va a dormire. Domani sarà un giorno nuovo.
Potrebbe essere l’incipit di una commedia degli equivoci particolarmente cattiva, o la conclusione di un drammone d’attualità, ma scordatevi il cinema: questa è la realtà, questo è il mondo in cui viviamo. Non sorprendetevi, ma prestate attenzione e maneggiatelo con cura. Fortunatamente, non siamo tutti così.

Certe volte mi viene da pensare quanto si vivrebbe meglio senza televisione e giornali. Certe volte credo che i notiziari siano quanto di più diseducativo ci venga quotidianamente imposto. L’erede del colosso economico di casa Agnelli cade in overdose e rischia la vita? Chissenefrega, mi verrebbe da dire, impara poi a drogarsi meno, 'sto viziato! E invece no, per giorni riempie le copertine di telegiornali, quotidiani e magazine, è il pettegolezzo trasgressivo per eccellenza. Prima è una vittima, poi un ragazzo da comprendere e aiutare, poi, dopo decine di interviste di persone a lui vicine, diviene via via un santo, il modello del riscatto, colui che sconfiggerà la droga e si farà esempio per tutti. Mi chiedo: quanti tossicodipendenti dal cognome anonimo possono permettersi le possibilità di recupero del nostro Lapo? Chi mai andrà nelle cliniche più costose? Al contrario, quanti di loro, poveri diavoli schiavi della droga, non si sentirebbero invece inorgogliti dal fatto che il ricco Lapo è uno di loro? Se anche Lapo prende coca, perché smettere? Perché smettere di essere di moda? Perché smettere di sentirmi come i vip?

Torniamo indietro di qualche giorno, e buttiamoci sul capitolo Kate Moss, la modella maledetta, tossicomane risaputa dagli occhi perennemente stropicciati. Che necessità c’era di pubblicare quella foto? Se Kate Moss si droga, potremmo farlo anche noi! Penseranno eserciti di ragazzine in cerca di un loro posto al sole. Intanto, quella rivista vende migliaia di copie e quel fotografo si sfrega le mani. Accidenti, che messaggi sono mai questi!

E’ un mondo tossico e cinico, inutile negarlo, inutile sorprendersi. Non vi è più nulla di incontaminato. Prendiamo gli sportivi: Maradona rischia più volte la vita per il suo amore per la cocaina, Marco Pantani ne muore. Di Maradona era risaputo il carattere, ma se Pantani, l’uomo che a colpi di pedali riusciva ad arrampicarsi ovunque, ci fosse una tormenta di neve o un sole cocente, l’uomo che doveva rappresentare lo stile di vita salubre e onesto per eccellenza, se proprio Pantani ci muore così, seppellito dalla sua tossicodipendenza e dalle accuse di doping, perché dovremmo credere che almeno lo sport sia pulito? Pantani ci ha tradito, lo sport ci ha tradito, ma ancora una volta ci ha insegnato a non sorprenderci più di nulla.

La cocaina è ovunque, i modelli negativi escono allo scoperto ogni giorno di più, c’è gente che continua a prenderci per i fondelli lanciando messaggi anti-droga che in verità sottintendono significati opposti, c’è ancora troppa ignoranza in materia: davanti a questo panorama inquinato, che cosa possiamo fare? A ognuno la sua risposta. Per quanto mi riguarda, porto rispetto e comprensione per tutti coloro che hanno problemi di droga, stimo le persone che li aiutano, ma preferisco non rodermi l’esistenza per tutti i mali del mondo. Quando penso a una polverina bianca, sento sulla lingua il sapore dello zucchero filato, del lievito alla vaniglia, della neve appena scesa. Credo che il mondo sarebbe migliore se quante più persone la pensassero ancora in questo modo.