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Rapporto dell’Osservatorio sugli sbocchi occupazionali del sistema formativo

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Come si collocano i giovani nel mondo del lavoro una volta usciti dalla scuola, dalla formazione professionale, dall'università? Trovano un'occupazione coerente con il loro iter scolastico e quindi soddisfacente, oppure sono costretti ad adattarsi? Quanto impiegano a trovare un lavoro stabile? Di questi ed altri importanti interrogativi si occupa la Provincia di Reggio Emilia con il secondo rapporto dell'Osservatorio sugli sbocchi occupazionali del sistema formativo.
Gli esiti dell'indagine saranno presentati martedì 11 ottobre nel corso di un seminario organizzato dalla Provincia nell'Aula Magna dell'università di Modena e Reggio, alla presenza di rappresentanti locali e regionali del mondo dell'istruzione e della formazione, amministratori, politici, ricercatori, e personalità del mondo economico-produttivo. Ad aprire i lavori sarà l'Assessore provinciale Gianluca Ferrari, mentre la ricerca verrà presentata da docente di Economia Gilberto Seravalli e da Andrea Cammelli, direttore del Consorzio AlmaLaurea, cui seguiranno gli interventi del Rettore dell'università Gian Carlo Pellacani, del dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale Vincenzo Aiello, di Giorgio Franchi, direttore della Fondazione Delfi e di Cristina Balboni, direttrice regionale del dipartimento Cultura, Formazione, Lavoro.
L'Assessore provinciale all'Istruzione Gianluca Chierici concluderà la giornata di studi.

"Il rapporto di ricerca - sottolinea l'assessore Ferrari - ci consegna un panorama in progressiva trasformazione non privo di elementi di opportunità, ma anche di preoccupazione, che convergono verso quella società dell'incertezza, teorizzata da autorevoli studiosi, rispetto alla quale è indispensabile cominciare ad interrogarsi per individuare risposte e modelli sociali alternativi".

Gli esiti della ricerca

L'indagine è stata effettuata su quasi 3.800 giovani reggiani che rappresentano l'intero universo dei qualificati, diplomati e laureati, a 4 anni dal termine delle attività formative concluse nel 2000. Molti gli spunti che segnalano importanti cambiamenti in atto sia rispetto alle problematiche del mercato del lavoro provinciale, sia rispetto ai molteplici aspetti intrinseci al passaggio degli individui dal terreno del non lavoro a quello lavorativo. Tra i principali elementi di novita:
sono in aumento i giovani diplomati e qualificati che non continuano gli studi. "Preoccupa - dice al proposito l'assessore Chierici - la svalutazione della formazione scolastica che emerge abbastanza univocamente dalle risposte dei giovani, a fronte di una positiva valutazione dell'apprendimento dall'esperienza. Occorre quindi, oggi, più che in passato, riproporre l'esigenza di un ulteriore salto innovativo sia del sistema scolastico che del sistema produttivo territoriale, affinché le competenze acquisite nell'istruzione siano solide e spendibili professionalmente in differenti settori del mondo del lavoro".

I laureati

Si conferma l'ottimo livello occupazionale dei laureati reggiani che però è leggermente in calo rispetto allo scorso anno e che si accompagna alla problematica della stabilità dell'occupazione e delle retribuzioni: inferiori rispetto alla media rilevata tra i laureati italiani.

La precarietà

In generale emerge con evidenza l'aumento rilevante di tipologie contrattuali a tempo determinato e l'allungamento dei tempi del passaggio alla stabilità lavorativa. I contratti atipici risultano la forma più diffusa e normale d'ingresso sul mercato del lavoro, mentre il graduale passaggio alla stabilità si verifica in tempi sempre più lunghi, anche se a Reggio Emilia ciò si verifica in misura minore rispetto al resto del paese.

Le donne

Permangono fra i generi non piccole differenze di opportunità ascrivibili ad una molteplicità di fattori. Ad esempio, il guadagno delle laureate è inferiore a quello dei laureati e tale divario risulta in aumento rispetto al 2003. Calano le diplomate che decidono di continuare gli studi per cercare d'inserirsi subito nel mondo del lavoro. Le donne complessivamente tendono, a parità d'istruzione, ad indirizzarsi verso posizioni a minore contenuto professionale, ad esprimere preferenze verso posizioni lavorative di minor prestigio e minor remunerazione.