L’iniziativa del Comitato Alta Val Secchia tenuta a Castelnovo ne’ Monti in questi giorni per la presentazione di un progetto di prolungamento della fondovalle Gatta-Pianello verso Giarola è evento che merita un’attenzione particolare, sia sul merito della proposta, sia sui percorsi di valutazione cui ora sono chiamate le pubbliche amministrazioni (partendo dall’impegno assunto dalla presidente della Comunità Montana), sia perché il convegno è stato occasione per sottolineare nuovamente alcuni aspetti che Confcooperative considera punti fermi dello sviluppo locale.
Problema strutturale. Il problema della montagna di crinale è ormai strutturale e non bastano interventi ordinari. Occorre investire risorse straordinarie per salvaguardare le possibilità di vita e lavoro in comuni altrimenti destinati all’abbandono. La politica di concentrazione dei servizi e delle opportunità sul polo di Castelnovo ne’ Monti deve oggi integrarsi di nuovi investimenti a monte del capoluogo montano per la tenuta e l’attrattività di queste comunità. Oggi i bilanci comunali devono addirittura pagare per la permanenza degli uffici postali. Ciò è intollerabile.
Sostegni alla permanenza. Occorre che la scelta individuale e familiare di vivere e lavorare in montagna, e in particolare nelle aree a maggior disagio, sia assunta a valore da tutta la collettività e dalla pubblica amministrazione locale, regionale e di Governo, e quindi sostenuta con agevolazioni fiscali e sostegni specifici. Occorre, in particolare, sostenere la permanenza delle famiglie e la natalità.
Un progetto non solo montano. La montagna non “sta sul mercato” da sola, senza un progetto politico ed economico che comprenda tutto il territorio e tutte le parti istituzionali, sociali e imprenditoriali. Se il distretto del comune capoluogo può essere promotore di nuovo sviluppo dobbiamo pianificare insieme come il suo dinamismo può arrivare, in modo compatibile, anche sui comuni montani. Dall’altra parte prendiamo atto invece della tendenza ad una visione della montagna molto legata al bello, al piccolo, al tradizionale ed alla tutela paesaggistica e ambientale. Meglio un caseificio in ogni comune che uno stabilimento unico a valle: chi mai discuterebbe questo principio? Anche noi siamo d’accordo, ma dobbiamo ricordare che questa politica non costa meno ai bilanci pubblici di quella di sviluppo industriale legata al cemento e ai viadotti. Costa di più, ed allora occorre andare al di là degli auspici, metter mano agli investimenti e creare, anche dal punto di vista infrastrutturale, condizioni tali che non escludano la montagna dalla competizione. Ma tutto questo, Parco compreso, ancora non si vede e cresce il pessimismo.
Una comune forza politica. Occorre recuperare una comune forza politica del territorio nella comunanza di intenti e nella fiducia fra cittadini e propri amministratori. E’ pericoloso e inutile che i Comitati esprimano derive qualunquiste e di mera rivendicazione (non è certo il caso del Comitato Alta Val Secchia, ma qualche tono sopra le righe lo abbiamo ascoltato). E’ pericoloso che la politica induca questo fenomeno più preoccupata del controllo che dell’ascolto, delle appartenenze politiche che di quelle territoriali. Il successo elettorale e il monocolore amministrativo su tutta la Regione (consentendomi una semplificazione scusata dalle minoranze rispetto al dato formale) non attenua la responsabilità per il pluralismo istituzionale, politico e sociale. La aumenta a dismisura e la montagna ha bisogno urgente di autonomia e rappresentanza dei propri interessi (senza dover ricorrere a leghismi di sorta) a Bologna e a Roma. Occorre superare velocemente questo empasse istituzionale in cui i presidenzialismi azzerano la politica e i territori diventano da autonomie locali a mere periferie di una Regione più forte. Lo si deve all’urgenza dei problemi delle aree montane, ai cittadini, alla passione di quegli amministratori locali che hanno il coraggio (altra buona notizia del convegno) di partecipare alle assemblee dei comitati e di assumere impegni per la propria terra.
(Giovanni Teneggi, Vicedirettore Confcooperative Reggio Emilia)
L’Udc della zona montana riconosce la necessità di trovare una politica di intenti per affrontare i problemi del nostro territorio, ma crede anche utile fare alcune considerazioni come premessa. L’anno prossimo si effettueranno in alcuni comuni le elezioni amministrative (Collagna e Villa Minozzo) e sarà necessario cambiare le attuali giunte in quanto alcuni partiti di quelle coalizioni sono i principali oppositori allo sviluppo viario della nostra montagna (vedi appunto il caso delle fondovalli).
Crediamo necessario impedire che la Comunità Montana venda fumo, come quell’intesa di programma che non crea nulla di concreto in quanto la regione non stanzia fondi, e che le amministrazioni smettano di sperperare denaro pubblico in depliant, convegni, studi sulla programmazione del territorio invece di investirlo in progetti seri per i giovani e per le nostre aziende.
Alle associazioni chiediamo di avviare un confronto politico serio anche con le forze di opposizione per proporre una politica diversa del territorio, invece di vederle sempre al fianco delle maggioranze per poi essere deluse il giorno dopo.
(Robertino Ugolotti, coordinatore zona montana Udc)