Sono una quarantina i pellegrini che hanno preso parte all'ormai tradizionale pellegrinaggio a S. Pellegrino in Alpe (Lucca), tutto rigorosamente a piedi a partire da Castelnovo ne' Monti, attraversando le valli e valicando le cime più belle del nostro Appennino.
Da quando il prof. Giuseppe Regnani ha fatto risorgere una tradizione legata ad un antico voto la cui memoria si perde nei secoli, sono passati ben diciotto anni, in cui un gruppo sempre più numeroso di pellegrini si reca a fare omaggio al Santuario di San Bianco e San Pellegrino.
Un pellegrinaggio che mescola le note di espiazione del peccato, simboleggiato dal sasso che ognuno porta in spalla, a quelle della vivace compagnia che sa divertirsi, amante della montagna e del buon ridere... Compagnia che già da alcuni anni conta rappresentanti davvero di ogni età, da giovani e meno giovani, fino a bambini di pochi anni. Fra l'altro fa riflettere positivamente il bel contatto inter-generazionale che si instaura tra i partecipanti di diversa età ed estrazione, accomunati dal sostenersi reciprocamente in vista della meta. Anche la fatica, infatti, è una componente rilevante di tutta l'esperienza: quella fatica che fa gustare ancor più la bellezza dei luoghi raggiunti.
Ecco, quindi, con un buon allenamento (almeno consigliato) alle spalle e scarpe da trekking ai piedi, venerdì 29 luglio, di buon mattino, già alle 6,30 il folto gruppo parte dalla Pieve di Castelnovo, non prima di un momento di raccoglimento e preghiera, guidato dal parroco don Evangelista, anch'egli partecipante in prima persona come pellegrino.
Il gruppo si muove sotto un cielo fortunatamente sereno, ma foriero di un caldo che potrebbe diventare eccessivo, puntando verso il Secchia al Pianello. L'itinerario scelto quest'anno prevedeva la prima tappa a Cerré Sologno e la pausa per il pranzo a Casalino, quando ormai il caldo cominciava a farsi sentire pesantemente, rendendo molto più difficile la già impegnativa risalita pomeridiana fino ai Prati di Sara. Il gruppo che si allunga per chilometri lungo il sentiero, si ricompatta puntualmente ad ogni tappa, per aspettare solidalmente anche gli ultimi. E così è stato prima di affrontare il Cusna, la cui difficoltà ha imposto la scelta di due percorsi alternativi: chi raggiunge la vetta e chi la costeggia lungo il cosiddetto sentiero delle Veline, per ritrovarsi di nuovo tutti insieme al rifugio Battisti, raggiunto verso le 19,30. Qui finalmente la possibilità di nutrire sia lo spirito, con la recita del S. Rosario, che il corpo con la meritata cena. Infine, dopo una serata passata in allegria tra i canti attorno al vin brulé, arriva il momento dell'altrettanto meritato riposo, chi al Battisti, chi in tenda e chi al rifugio Segheria.
Sabato 30 la ri-partenza sempre di buon mattino, verso le 7, secondo tre itinerari di diverso grado di difficoltà: il sentiero nel bosco del rifugio Segheria, quello al limitare della vegetazione nella Valle dei Porci e quello di crinale salendo fin sulla vetta del Prado. Alle 10 i vari gruppi si erano già ricongiunti e ripartiti dal passo delle Forbici. Quindi, in sequenza, passo del Giovarello, Alpicella e passo delle Radici, a mezz'ora di distanza da San Pellegrino. L'arrivo, sempre sotto il sole, verso mezzogiorno: don Geli ha celebrato la S. Messa nel Santuario e subito dopo ecco il pranzo conclusivo.
Ma non è ancora finita: prima di ripartire sulla via del ritorno (questa volta su quattro ruote!), è d'obbligo un'ultima mezz'ora di cammino verso il Circolo del Diavolo per scagliare il sasso del peccato raccolto all'inizio del cammino, che va ad aggiungersi al cumulo di sassi lanciati negli anni da ogni pellegrino.
Un cammino a contatto con la natura, che unisce la dimensione dell'escursione con molti segni di spiritualità. Certamente merita di essere conosciuto e vissuto anche da molti altri potenziali pellegrini, in futuro, come pure Beppe, il prof. Regnani, si è meritato il grazie da parte di tutti i partecipanti come "padre" moderno dell'antico pellegrinaggio.