Sono questi gli ultimi giorni (fino al 24 luglio) in cui è possibile visitare, nei nuovi e moderni spazi espositivi di Palazzo Ducale (in via Roma, 12) la mostra personale dedicata al maestro Pietro Zanetti, uno degli artisti più significativi nel prolifico panorama pittorico della montagna reggiana. “O natura cortese” è il titolo dato a questa esposizione, che conta circa una trentina di dipinti. Zanetti è considerato a pieno titolo uno dei pittori “storici” di Castelnovo: questa personale raccoglie una produzione dilatata nell’arco temporale, con dipinti che vanno dagli anni ’70 al 2005. Il titolo “O natura cortese” è preso da un verso di Giacomo Leopardi, presente nella poesia “La quiete dopo la tempesta”. E nella pittura di Zanetti si ritrovano entrambi questi estremi, la quiete e la tempesta, sia dal punto di vista dei soggetti che da quello cromatico. I riferimenti dell’universo pittorico “zanettiano” sono ben riconoscibili: Corot, Cezanne, Morandi, De Pisis, Gandini, Bazzani. E’ un universo che invece per quanto riguarda la collocazione fisica resta circoscritto all’Appennino reggiano, che domina nelle vedute e negli scorci dell’artista, nato e vissuto nel capoluogo montano dove ha svolto la sua attività professionale di insegnante. Una montagna percepita con amore e quasi con nostalgia, quella riflessa sulle tele di Zanetti. Una montagna in cui l’uomo o le tracce della sua presenza si perdono negli scorci in cui domina i verdi della natura, che quasi sembrano “inglobare” le tracce degli edifici dei borghi. Oppure altre volte questa presenza è soltanto suggerita, come nel dipinto “Dopo l’esodo”, degli anni ’70, che mostra proprio un classico “angolo” di un paesino montano, su cui la luce e le ombre dalla tagliente obliquità gettano un velo di malinconia, che non lasciano trasparire se il pensiero di questa montagna “abbandonata” sia un timore o, piuttosto, un auspicio. Un riflesso, forse, della personalità riservata di Zanetti, che ama cogliere, oltre alle giornate soleggiate che rendono così dolce ed amabile l’Appennino anche i momenti in cui cieli pesanti e nubi grigie ne svelano anche il lato più diretto e ruvido, ma altrettanto, se non ancor più, affascinante. Un Appennino che alle volte è difficile contemplare, come ama fare Zanetti, il cui clima costringe a stare in casa.
Ma anche gli interni, gli oggetti che il pittore rappresenta nelle nature morte, che rappresentano l’”altra” parte della mostra, spesso hanno una riconoscibilità, una atmosfera creata con colori, luci ed ombre, che sembra richiamare comunque le case dell’Appennino, il tempo che qui sembra scorrere più lento: un mondo “chiuso” in cui comunque prosegue il dialogo con la natura che resta, qui, sempre, “cortese”.
Una occasione di grande interesse sia per chi questi scorci li guarda ogni giorno, per chi vive in montagna, per “vederli” attraverso uno sguardo artistico di grande impatto. Ma anche per chi in queste zone arriva fugacemente, “villeggiante” o “turista” che dir si voglia, che voglia affrontare una suggestiva “escursione” tra le tele, gli scorci e le emozioni che Zanetti sa trasmettere.