Costituire una specie di accademia culturale della montagna. Dare motivi e stimoli ai cervelli d’alta quota per rimanere qui (o comunque interessarsi attivamente a quel che succede qui) non solo per “tornare d’estate a ritrovare le proprie radici” ma anche per contribuire, a partire proprio da quelle radici, a far germogliare qualcosa. Perché no?
Questo pensavamo leggendo, giorni fa, un’interessante pagina, pubblicata sul Giornale di Reggio, dedicata a Davide Dazzi, sindaco di Ramiseto. Letterato, insegnante e dirigente scolastico, tra le altre cose egli affermava: “La cultura è fondamentale per la qualità della vita e il tessuto sociale della montagna, che ha bisogno di opportunità intellettuali per elevare il livello e il benessere dei suoi cittadini (…) è indispensabile creare un centro studi di riferimento, animato da ricercatori e docenti, che avvii ricerche e indagini sullo sviluppo della montagna e ne approfondisca gli aspetti culturali”.
Se per cultura intendiamo uno spazio vitale dell’esistenza, attraverso cui l’uomo si eleva e nel tempo stesso crea le condizioni per un sua ulteriore crescita e apertura (vedere a tal proposito gli - spesso citati: e qualcosa vorrà dire - atti del Convegno ecclesiale della montagna, organizzato dalla Diocesi, e svoltosi tra l’aprile del 2002 e il giugno del 2003), allora non possiamo non ricavare che le pur importanti e necessarie realizzazioni materiali - infrastrutture, servizi - rimangono alla fine un po’ monche se non accompagnate, appunto, da una presa di coscienza più ampia.
In questo contesto crediamo ad esempio cha abbia significato molto la rinascita del teatro Bismantova, che, in un anno di attività, proponendo spettacoli di livello e artisti di nome, ha vivacizzato in modo evidente Castelnovo e dintorni; sostanzialmente rendendo un pochino più piacevole lo “stare” in montagna.
Non mancano poi, da noi, associazioni, presenti da anni, che mostrano valide strutture e competenza scientifica. Balza subito alla mente Archeomontagna. Tanto per fare un nome.
Qualche anno fa in un libro di storia locale – di cui al momento ci sfuggono gli estremi – si leggeva una sigla circa così: “Gruppo archeologico e storico dell’Appennino reggiano”. Un’intuizione, un’intenzione. Rimaste senza seguito.
Tornando un po’ più indietro (1962) vediamo che anche U. Monti e F. Milani, nel loro libro Castelnovomonti, avvertirono questa necessità, e lo dissero esplicitamente: “ … perché non si potrebbe adunare in Circolo di Cultura o Accademia di lettere, scienze ed arti, come già si nota in altri grossi centri?”.
Se non siamo più (speriamo!) la montagna desolata descritta da Silvio D’Arzo nel suo romanzo più noto, certo non manca comunque, per gli uomini di buona volontà, abbondante spazio per operare.
Infine. Nel caso che qualcuno pensasse a riesumare e prendere seriamente in considerazione l’idea, ci sentiremmo (scusate) di offrire un suggerimento preventivo: non prevedere, nello statuto dell’eventuale organismo, la figura di presidente. Così, tanto per accelerare i tempi …